lunedì 2 novembre 2009

BITA - ALE DAGLI ANNI '90 AD OGGI - 8^ PUNTATA

4 Giugno 2007.
"Non ci posso credere, sono nella Scuola". Percorsi il corridoio che avevo visto tantissime volte in televisione, entrai insieme agli altri ragazzi in quella universalmente conosciuta come "sala relax". Una ventina di ragazzi, alcuni seduti ad un tavolo, altri in giro per la stanza, parlavano ad alta voce, altri provavano, altri facevano stretching. Io mi guardavo attorno, incredulo. Sul muro campeggiavano i nomi dei ragazzi dell'anno prima, divisi in due squadre: delta e gamma. Fissai i muri, andai in bagno e cominciai a sentire tutta la tensione del luogo dove mi trovavo. Eppure, il mio pensiero volò a lui. Gli telefonai. "Non ci crederai, sono nella scuola". "Grande!" rispose lui, facendomi capire di non essere particolarmente libero di parlare. "Ma ti disturbo?", poi decisi di cambiare domanda, passando all'unico motivo per cui l'avevo chiamato, all'unico pensiero che avevo in quei momenti: "vi siete baciati?". "No - rispose lui - Non ancora". Dopo poco lo salutai sollevato, baciai il suo braccialetto e con poca convinzione tornai al presente. "Sei nella scuola di Amici, Ale, rimani concentrato su questo".

La primavera del 2005 mi aveva regalato gioie e dolori. Il lento ritorno al tepore climatico che preferivo si accompagnava con l'addio ai sogni di gloria con P. Dopo averlo sostanzialmente preso in giro (ed essermi preso in giro da solo), lo lasciai andare, conscio che la cotta mi sarebbe passata, sebbene a fatica, col passare del tempo. Continuai a guardarlo durante le ricreazioni, a salutarlo in situazioni più o meno casuali, sebbene consapevole che la mia "copertura" ormai saltata non avrebbe concesso nulla di più.
Nel frattempo, S., il ragazzino a cui, senza volerlo, avevo sconvolto la vita costringendolo al coming out coi suoi, cominciò a farsi più insistente, sia su msn che tramite cellulare. Era strano, mi faceva piacere sentirlo, mi mettevano di buonumore i suoi messaggi del buongiorno, quelli teneri. Stessa cosa, tuttavia, non potevo dirla delle sue (legittime) insistenze riguardo al primo incontro. Finchè il rapporto rimaneva lì, all'ombra di un secondo numero di cellulare e al riparo di uno schermo si poteva fantasticare, se si parlava di un incontro in carne ed ossa andavo totalmente nel panico. Seppure stessi snocciolando il mio lato gay, ero ben lontano dall'accettarlo: la convinzione era che l'unica àncora di salvezza sarebbe stata una fidanzata e, in futuro, una moglie. L'idea di uscire per la prima volta con un ragazzo, quindi, non veniva neanche presa in considerazione. Un giorno, però, S. insistette e, di testa sua, prese la situazione in mano, fissando un appuntamento per il pomeriggio seguente. La paura s'impadronì di me. "Guarda che non è detto che venga" l'assicurai, serio. "Anzi, è praticamente sicuro che non verrò, ho anche un altro impegno".
Niente da fare, il pomeriggio dopo, all'ora concordata, lui cominciò a chiamarmi. E io, manco a dirlo, ero a casa. Ignorai le telefonate, salvo mandargli un sms qualcosa come centomila ore dopo con un innocente "Ehi, mi hai cercato?". Mi chiamò e, a ragione, mi sbranò vivo, nonostante io, cominciando probabilmente a covare quel simpatico carattere del cazzo che tutt'ora mi trovo addosso, gli risposi a tono, dandogli la colpa di non avere voluto capire che non sarei andato e augurandogli una morte atroce e dolorosa. Lo stronzo che aveva preso possesso del mio corpo, naturalmente, se ne sbattè le palle del fatto che S. ci potesse essere rimasto male, considerando di vitale importanza sbarazzarsi di lui.
Ho risentito S. solo due anni dopo, in occasione di un aperitivo a quattro un po' improbabile. Mi odiava come se il fattaccio fosse accaduto poche ore prima. Sono passati quasi cinque anni e S. mi malsopporta tutt'ora, tant'è che i nostri rapporti sono limitati a un "ehi come va come non va?" una volta all'anno. Come biasimarlo?

Conobbi Ivana, nonostante fossimo in classe assieme, solo l'ultimo giorno della seconda liceo. Non nel senso che mi presentai, chiaramente; nel senso che non avevamo mai avuto l'occasione di rivelarci l'un l'altra una nostra grande, enorme, comune passione. Non lo ricordo l'approccio esatto, so solo che fu durante quella festa lunga 5 ore che segna l'ultimo giorno di fatica prima di un'estate di 3 mesi. "Anche tu canti?" "Sì, anche tu?" "Sì". Sembra niente, fu l'inizio di un tutto. Quella mattina cantammo per la prima volta pezzi di "Vivo per lei", il duetto che avremmo provato centinaia di volte, senza mai imparare a farlo davvero bene, negli anni a venire. Fu un rapporto che mi arricchì, umanamente e, se si può dire, artisticamente. Trovare un'altra persona che ama il canto e lo trova un hobby più profondo del mero vincolo del "sotto la doccia", trovare un'altra persona che mi capiva nel dire che non riuscivo (come non riesco) ad ascoltare una canzone senza cantarla, mi fece sentire meno solo, in quella sfaccettatura importante di me. Fu un'amicizia che crebbe mese dopo mese, anno dopo anno. Lei veniva a casa mia, cantavamo, imparavamo pezzi, ci davamo consigli e voti, imitando le sfide che vedevamo in tv, sognando di andare ad Amici, di poter usare quelle voci per diventare qualcuno.
La prima occasione importante fu un concorso provinciale, di cui lei lesse la pubblicità, che ci vide iscritti in coppia. Scegliemmo "Vorrei incontrarti tra cent'anni", di Ron e Tosca, unico duetto che si adattava sia alla mia sia alla sua voce. La sera del concorso provai l'emozione più controversa di sempre. Prima di salire sul palco attendevo con l'ansia di chi sa che sta per essere interrogato ed è impreparato. Al momento di esibirmi provai quella cosa che avrei cominciato a domare e ad amare negli anni seguenti. Quell'adrenalina sciolta, che si impadroniva di braccia e gambe, che dava calore, e faceva tremare. Come sulle montagne russe, ma diluita nell'arco di cinque minuti. In mezzo a quella sensazione, bisogna esibirsi.
Andò abbastanza da schifo, manco a dirlo. Nella nostra semifinale passavano i primi tre, e arrivammo tipo sesti, su una dozzina di cantanti, più o meno bravi. Non avremmo più fatto concorsi in coppia, ma non ci saremmo mai più separati. Da soli, insieme (entrambi in gara per i fatti nostri), durante saggi, prove, provini, gare. L'altro c'era sempre, e c'è sempre. Io sono orgoglioso di ciò che lei è diventata, sia a livello artistico che come persona. Lei è sempre stata contenta quando superavo un provino, anche quando lei rimaneva fuori. C'è e ci sarà un grande rapporto, fatto di rispetto, orgoglio e maturità. E soprattutto reciproco sostegno, anche quando l'altro è a pezzi e ha bisogno di sentirsi dire certe parole.

Quell'estate il colpo di fulmine si fece sentire in un modo assurdo, sfacciato e un po' tiraculo. Fu l'estate di un coming out. L'unico che, paradossalmente, fu preso male, senza che io me l'aspettassi.

(continua)

7 commenti:

  1. ma dai hai fatto le selezioni per amici?
    non lo sapevo! bravo!

    cmq devi aumentare la frequenza di pubblicazione di BITA! >.>'

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  2. Ale ma nn si scopa mai in sta serie Tv ? :D :D :D
    scherzo, mi diverte troppo, aspetto il lunedi per leggere Bita come un alcolizzato aspetta un'altra bottiglia di liquore :P

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  3. @Alessio
    bhe qualche puntata fa ha fatto suonare il flauto, direi che qualche contentino lo ha dato :P

    anche se effetivamente qualcos'altro ci starebbe ahahaha

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  4. Ragazzi, parliamo di un ragazzino di SECONDA superiore.. E ho detto tutto.

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  5. oddio un anonimo! Ma non ho capito il suo commento :(

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  6. Uddio come sono curiosi i romani??
    Rimango basito della tua memoria: io del periodo liceale non ricordo quasi più nulla ma sono scusabile:sono passati ormai 14 anni XD

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  7. Ehii,, ma io nn sapevo.. Tu non mi dici mai niente tanto! : P

    ps: I primi anonimi sono sempre i migliori!

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