domenica 25 settembre 2011

mercoledì 14 settembre 2011

DEI TROLLEY A FORMA DI BIMBIMINKIA

Ebbene sì, questo blog è stato vittima nella giornata odierna di un'invasione di simpatici troll. O trolley, per chi mi seguisse dal lontano 2005. E i troll peggiori, si sa, sono i fan. E i fan peggiori, si sa, sono quelli dei cantanti più sfigati, quelli che non vendono ormai nulla e che non si rassegnano del fatto che il loro artista sia andato in rovina. Guardate i fan di Britney, come si concentrano sul massacro di Lady Gaga rispetto alla difesa di una ragazza che ormai ha perso lo smalto che l'aveva lanciata anni fa.

Questo blog, invece, ha subito l'attacco dei fan di Avril Lavigne. Parlavo di lei in modo piuttosto lusinghiero in questo post di un paio di giorni fa, sul suo concerto di domenica sera ad Assago. Un concerto disastroso, obiettivamente deludente a livello di affluenza di pubblico (gente che se ne andava a metà concerto, un via vai dai bagni che nemmeno al concerto di Vasco) e soprattutto vocalmente non all'altezza delle aspettative. E lo dico da uno che ha sempre apprezzato la Avril incisa, che ha divorato il suo ultimo cd e che ha sempre amato i suoi grandi classici. Lo dico pure nel post in questione, ma lo strabismo da fanatico deve averne impedito la lettura. Un'invasione, di un gruppetto di scalmanati (ma all'inizio era la stessa persona con nickname diversi), che si sono impegnati in produzione di vero e proprio materiale bimbominkioso. 

Un fiorire di K che non crederesti davvero possibile (se nenake la konosci.. A mio parere hai detto una marea di cavolate e non la conosci avril ! fai parlare quelli che la conoscono bene [...] koncerto [...] konsiglio), errori grammaticali da far ridere perfino Renzo Bossi (Ma poi anche se prima non eccedeva (vocalmente parlando) [...]  tu secondo me sei un esautito esaltato [...] io voglio solo controbbatere) e gli immancabili cavalli di battaglia (Ma che patetico! 6 un coglione! Sei solo un invidioso di merda!).

Ora, ho sempre pensato che la rovina di molti cantanti fossero i fan stessi, questa è l'ennesima conferma. Non c'è bisogno di aggiungere molto, i commenti (che ho chiuso, perché questo non è un luogo dove potete venire a sfogare la vostra rabbia irrisolta verso chi non idolatra il vostro feticcio) parlano da soli. Evidentemente il target medio di questa cantante è rappresentato da ragazzini che scrivono con la K, in un linguaggio ben lontano dall'italiano e che non sanno riconoscere una nota giusta da una nota sbagliata. Ma soprattutto una critica da un'occasione per sfoggiare gli insulti imparati da qualche anno al riparo dello schermo di un computer. Ci sono tanti blog che vi permettono di sfogarvi, ma soprattutto tante fan-base dove andare ad auto-convincervi di avere ragione, questo non è uno di essi.

Quando saprete discutere ammettendo gli evidenti limiti del vostro idolo (e non parlo solo di Avril - ahahahahah - Lavigne), arrivando a una discussione costruttiva, tornate pure. Nel frattempo andate avanti a studiare, perché più avanti vi servirà saper parlare italiano, non giocare a fare i ribelli come canta la darkettina coi capelli rosa. 

martedì 13 settembre 2011

QUANDO SEI UBRIACO

Questo bel video olandese illustra in modo semplice e divertente le principali differenze tra i comportamenti di una persona sobria e di una persona ubriaca. Mentre il video scorre normalmente, passandoci sopra il cursore del mouse vedrete la stessa scena, con gli stessi protagonisti, ma vissuti dal punto di vista di una persona decisamente su di giri. 
Si tratta di una campagna per scoraggiare la guida in stato di ubriachezza: l'agenzia di trasporti che l'ha commissionata, Movia, garantisce un servizio di bus notturni per concludere una serata movimentata. Il video lo potete vedere qui

lunedì 12 settembre 2011

AVRIL LAVIGNE IN CONCERTO @ MILANO, 11/9/2011

Non credete alle recensioni dei giornalisti sui concerti della sera prima: nella migliore delle ipotesi sono già stati scritti prima dell'evento, con uno spazio di 2-3 righe libero per eventuali contrattempi, cambi di programma e commenti dell'ultimo minuto. Non a caso è sempre tutto un fiorire di frasi fatte, tipo "cornice di pubblico", "platea eterogenea" - e capirete che al concerto di Avril di etero c'è davvero poco - "voce potente", "emozioni suggestionanti" o "suggestioni emozionanti" e così via. Così ha fatto anche la tizia,  seduta di fronte a me ieri sera, al concerto di Avril Lavigne al Mediolanum Forum di Assago, che aveva già il suo bell'articolo pronto sul Blackberry. 

Avril si fa attendere quasi venti minuti, prima di cominciare il concerto con What the Hell, il primo estratto dal suo ultimo cd. Curiosità del dietro le quinte: pare che Avril sia una stronza. Ma non una stronza qualsiasi, una gran stronza. Dopo aver diramato comunicati personalmente sulle cose da non introdurre nel palazzetto (tra cui figurava davvero qualsiasi cosa, dalle armi alle penne laser, passando per le "grosse catene", che sono fisse nell'armadio di ogni buon fan di Avril), Avril ha detto chiaramente di non voler essere: toccata, fotografata, disturbata, guardata, avvicinata, pensata. Che qualcuno le dica che i divismi, già fastidiosi di per sé, si chiamano tali perché tipici delle "dive". E no, Avril Lavigne non è una diva. 

Il problema del concerto di ieri è tutto qua: se quando dici "Avril Lavigne" tre quarti della popolazione mondiale si mette a ridere, un problema di fondo con la sua musica o, perlomeno, col suo personaggio è innegabilmente presente. Il suo pubblico target, la sua immagine sempre uguale da quando aveva 16 anni ad ora che ne ha quasi 27 (quando cominciamo a fare le adulte Avrì?), non la rende credibile e la rende più scontata e stereotipata di un qualsiasi Justin Bieber che, perlomeno, con l'ultimo look da lesbica ha cambiato un po' stile. Avril invece è sempre uguale a se stessa, ma senza essere gentile e umile. No, riesce pure ad essere piena di sé.

Avril ha nel suo repertorio tante belle canzoni, anche se pare strano a dirsi. L'ultimo cd l'ho ascoltato più volte e contiene delle tracce particolarmente belle. Pure i suoi successi più ballad, tipo I'm with you o When you're gone sono, secondo me, tra i migliori di quel particolare genere. C'è solo un piccolo particolare: è inutile scrivere canzoni bellebelle se poi non le si sa cantare. Già, ho forse dimenticato di menzionare questo piccolo particolare sul concerto di ieri: Avril Lavigne, dal vivo, è una cagna di proporzioni epiche. Svociata, spesso fuori tonalità, imbarazzante sugli alti, sguaiata e fuori tempo; vocalmente parlando quello di ieri è stato il peggior concerto mai visto da quando mi capitò un Tiziano Ferro in evidente stato di Laringite acuta fulminante. Il momento più difficile della serata arriva proprio nel punto lento della scaletta, quello con le canzoni sopracitate. Un disastro, con canzoni cambiate per evitare i punti più impegnativi e urla da mercato del pesce. 

Per concludere, la solita pantomima di cui non riuscirò mai a farmi una ragione: quella dell'artista - sì, sto sempre parlando del concerto di ieri, permettetemi l'iperbole - che finge di andarsene, il concerto sembra finito lì ma poi gli assillanti "fuori fuori" o il nome del cantante urlato a ripetizione dal pubblico lo costringono a uscire per un "bis", che poi consiste di altre canzoni, solitamente le più conosciute. Che senso ha? Solo a me sembra una cosa tipicamente italiana tipo l'applauso dopo l'atterraggio dell'aeroplano? Ma soprattutto che senso ha dal momento stesso in cui le canzoni sono già previste in scaletta? Canta e basta, no?

Nota piacevole dell'evento: il pubblico. Al di là dei tipici fan che ti possono venire in mente quando parli di Avril (sì, esistono davvero le ragazze coi capelli rosa, la gonnellina nera, il trucco un po' dark e un po' batton), tantissimi giovani, in gruppi di amici o accompagnati dai genitori. E vedere le bambine che correvano e saltellavano gioiose, senza manco capire che cos'era quel fuc*ing e quella sh*t di cui cantava Avril, era una nota di colore che probabilmente la Lavigne non si merita poi così tanto. 

venerdì 9 settembre 2011

IMPRESSIONI DI SETTEMBRE

In quest'estate strana di questo anno strano, c'è stato spazio per un breve "momento d'agosto", così come lo intendo io. L'unico mese dell'anno in cui posso dire di sentirmi davvero contento, del tempo, della luce, del sole. I ricordi più belli della mia infanzia, ce li ho in agosto. Al lago. Non ne ho mai fatto mistero con nessuno. E quest'anno, per un po', ho rivissuto certe cose che da tempo non rivivevo. Non c'è stata "la trasferta mensile" che vivevo da piccolo coi miei genitori, non c'è stato il coprifuoco, la festa di Ferragosto, la gente, il tempo, i compiti delle vacanze, no. C'è stata la sensazione, di poter passare qualche giorno - pochi, ovviamente - per intero nel posto in cui sono cresciuto. Sebbene ci stessi un mese all'anno, è il luogo dove mi sembra di essere cresciuto. 

La sveglia, la luce dalla finestra, la colazione sul balcone. La piscina, il pranzo in ritardo, l'abbiocco. La piscina, ancora, finché cala il sole. La doccia. E le docce d'agosto (ma anche di luglio, via) sono le più belle dell'anno, perché non hai freddo, uscendo. E ti asciughi velocemente, perché fa caldo e c'è ancora chiaro. E la cena sul balcone, e star fuori fino a tardi. Anche solo per un gelato, anche solo a parlare. Il resto son suggestioni che sono rimaste uguali: le stelle dal terrazzo, le scale, la strada per la piscina, la strada dietro casa di cui avevo paura tornandoci, da piccolo, di notte. Tante altre piccole cose. È durato poco, ma le ho risentite simili.

Anche settembre, il cui arrivo è sempre stato vissuto dal sottoscritto come un disastro di proporzioni cosmiche, l'ho sentito come capitava da piccolo. I primi segnali di fine agosto, le giornate che si accorciano, l'aria troppo fresca dopo una certa ora, l'acqua della piscina leggermente più impegnativa e soprattutto le ghiande sul vialetto di casa, li ho sempre vissuti con uno stress incredibile. Per reggere l'impatto della fine dell'estate ho imparato, negli anni, a cominciare a diluire la sofferenza per questo inevitabile passaggio negli ultimi giorni di agosto e soprattutto nei primi di settembre. 

Semplicemente è più forte di me, non ci riesco. Non riesco ad accettare la fine dell'estate, la ripresa del freddo, di tutto l'anno. Che per me è solo uno stringere i denti in attesa dell'arrivo dell'estate successiva. 

lunedì 5 settembre 2011

IL PERDONO /3 - LA RESPONSABILITÀ DI CHI SAPEVA

Chiudiamo questa trilogia non richiesta del mio vademecum per la chiusura dei rapporti umani con una parte più personale di ciò che ho detto finora. In tutto questo miscuglio di sgarbi, vendette e rivalse sulle persone che ci han mancato di rispetto e non se ne sono neanche troppo preoccupate, c'è una categoria di persone che, se possibile, merita la pena capitale per tutto ciò che riguarda il perdono. Parlo delle "persone che sapevano". Non vi è mai capitato di aprirvi abbastanza con una persona al punto di spiegarle cosa vi ha fatto soffrire in passato fino ad arrivare al punto di chiudere tout court con altre persone? Ecco. Immaginatevi che poi quella stessa persona che lì per lì vi capiva, vi difendeva e si indignava con voi si comportasse nella stessa maniera. Come fa a non essere più grave ancora del primo episodio?

Se ci si pensa è come il classico "no io non ti faró mai soffrire" che ci accompagna nei nuovi rapporti una volta che l'esperienza precedente diventa argomento di discussione. E non sarà vero, perché tutti fanno soffrire tutti, in un modo o nell'altro. Il punto è che non ci si può comportare con una persona (male) come già s'era comportata un'altra persona precedentemente. È una sorta di obbligo morale: se hai sostenuto quella persona in un episodio di cui è stata vittima, non puoi replicare l'accaduto diventando il nuovo carnefice. Perché significherebbe avallare in qualche modo il comportamento da cui prima si erano prese le distanze, significherebbe non giudicare davvero importante la sofferenza precedente dell'individuo, facendogliela patire di nuovo, significherebbe mettere l'acido nella carne viva della ferita ancora aperta.

Per quello, in tutto questo discorso sul perdono, questa è l'unica cosa che so per certo. Non perdonare mai, mai le persone che sapevano cosa ti aveva fatto soffrire e che si ricomportano nello stesso identico modo. Perché non hanno capito la tua sofferenza e non capiranno neanche il resto di te.

Tutto ciò per dire che se qualcuno mi fa un torto dovrà sorbirsi questa marea di cagate in loop nelle orecchie come le antiche torture cinesi, legato a una sedia mentre una tv trasmette, senza volume, le repliche del 2004 di Forum. E non quelle su Canale 5, quelle su Rete 4.

domenica 4 settembre 2011

IL PERDONO /2 - TERZE POSSIBILITÀ

(segue)

Il fatto che nessuno ci insegni a perdonare non ci autorizza a non farlo a prescindere o, peggio, a perdonare chiunque indistintamente. Diffido dai dogmi, "è pur sempre tuo parente", "pensa al fatto che siete amici da tanto tempo" e via dicendo. I legami di parentela o le amicizie cementate non autorizzano a una mancanza di rispetto continua, non autorizzano al perdono a prescindere. Anzi, per certi versi sono aggravanti: certe cose non te le aspetteresti da persone che ti conoscono da tempo o che sono consanguinei che ti hanno visto crescere. Anche Hitler, avrà avuto amici d'infanzia, anche l'attentatore di Oslo avrà avuto dei genitori. Non si può essere caritatevoli con le persone solo perché la storia ci ha legato a loro. Si può avere un occhio di riguardo, ma non ci si deve lasciare fregare.

Perché le persone, al netto dei legami affettivi passati, hanno una loro testa, una loro storia e delle responsabilità. E come non si può concedere tutto a un parente, non è giusto permettere ad amici di vecchia data di aggirare il senso comune del rispetto, lo stesso che ci aspetteremmo da un conoscente o dallo sconosciuto in coda dietro di noi in biglietteria.

Dare seconde possibilità, in tal senso, secondo me è una sorta di obbligo morale. Tutti sbagliamo, il fatto stesso che l'essere "umani" sia stato mutuato come aggettivo di fallibilità, spiega come ciò sia scritto nella nostra natura. Per quello è giusto parlare di terze possibilità. Normalmente una persona che ha sbagliato e che è stata perdonata ha capito il suo errore, ed è grata della seconda chance. Eppure capita - spesso - di sbagliare di nuovo. Ricadere nello stesso errore o in uno molto simile è un rischio più che reale. Dare o non dare una terza possibilità dipende dai due agenti in atto e dalla gravità del gesto.

Negli ultimi mesi ho perso - nel senso affettivo - parecchie persone. Capita, è la vita. Tra queste, peró, ce ne sono tre che mi avevano già dato segnali che avrebbero potuto farmi realizzare la loro inaffidabilità. Si tratta di due amici e un parente.

Nessuno aveva dato loro il diritto di calpestare la mia fiducia, la mia onestà o i miei tentativi di mantenere un rapporto, rispettivamente. Eppure ho concesso, molto, troppo. Attendendo, non solo che i loro errori venissero riconosciuti, ma che non fossero ripetuti. E se in un caso ho perdonato molto, ricevendo in cambio sempre e solo coltellate, se nell'altro ho creduto che i tentativi di costruire il rapporto d'amicizia fossero reciproci e se nell'ultimo mi sono illuso che il suo disinteresse per le persone fosse "caratteriale", alla fine mi sono ritrovato ad accettare il tutto. Nessuno di loro tre cambierà mai, perché il loro venire anni luce prima del rapporto con me impedisce e continuerà a impedire loro di riconoscere gli errori e chiedere davvero perdono.

E come a loro non interessava un reale perdono, un reale rapporto di fiducia e rispetto, questo m'ha insegnato ad andare oltre le scuse (qualora ci fossero, ovvio), ma a capire quanto quell'errore potesse essere sintomatico di un'incompatibilità personale. Perché un conto è perdonare, un conto è vedere vero pentimento e voglia di ricominciare a costruire nella stessa direzione.

mercoledì 31 agosto 2011

BLOG DAY 2011

Ogni anno credo che la cosa interessi sempre meno gente. Quest'anno è pure peggio: il sito ufficiale non è manco aggiornato. Solita manfrina: cos'è il Blog Day? Un giorno in cui si pubblicizzano (con relativi link) 5 blog in giro per la rete. Perché la si celebra il 31 agosto? Perché la data 3108, con tanta, tanta immaginazione, dovrebbe rappresentare la scritta BlOg, presumibilmente in azteco. E allora via, con i miei consigli su come ottimizzare la vostra perdita di tempo sul web.

1. Melamorsicata è, a mio avviso, il blog numero 1 per quanto riguarda gli aggiornamenti dal mondo Apple. Novità, anteprima, indiscrezioni su nuovi iPhone, Mac e sistemi operativi, arrivano su queste pagine prima che su altri siti. 

2. Sticky Notes, un Tumblr non pornografico (ed è già un'impresa) molto personale sempre in grado di rendere perfettamente l'idea di ciò che sta provando il suo proprietario. Di solito lo leggo dopo un po' di giorni, recuperando tutto assieme. 

3. Le Turbe nell'Urbe, di @andreaper, tra i follower più gradevoli della mia timeline di Twitter. Scritto benissimo, aggiornato di tanto in tanto (ma chi sono io per dire qualsiasi cosa sull'argomento?) e impreziosito da punti talmente introspettivi da risultare intimi, senza essere sbattuti in faccia.

4. Cucina con Ale. È il mio programma preferito sul mio canale preferito. Ed è progettato in Wordpress, quindi vale come blog. Le migliori ricette di Cucina con Ale; alcune sono pure fattibili.

5. Andy Violet, completa il quadro per il genere blog-nonblog, che è presente nei miei Blog Day dal 1921. Poesie, prose, acronimi, testi, appuntamenti letterari. Il ragazzo (è un professore ma dalle foto mi sembra un giovine, quindi mi si conceda il 'ragazzo') è un must-have anche su Twitter. Followatelo come se non ci fosse un domani. 

martedì 30 agosto 2011

IL PERDONO /1

Il perdono è un concetto molto cristiano-cattolico, nella nostra cultura. Ci viene insegnato fin da piccoli che per essere perdonati dobbiamo pentirci veramente di ciò che abbiamo fatto, confessare la cosa ottenendo automaticamente l'espiazione totale della colpa. Pensateci, nella confessione cristiana, quella con cui veniamo cresciuti, impariamo che ci si può liberare del peso di ciò che di sbagliato abbiamo fatto periodicamente, con un rituale sempre uguale a se stesso. Si va, ci si "pente davvero", tutto va a posto da solo. La prima confessione - intesa come il sacramento religioso - probabilmente funziona davvero su questo principio. Complice la tensione della prima volta, un bambino di pochi anni ci crede davvero, al reale pentimento. Poi, volta dopo volta, anno dopo anno, tutto perde di significato e credibilità. I peccati - veniali, perché stiam pur sempre parlando di roba cattolica - vengono elencati a mò di lista della spesa, del reale pentimento finisce per non esserci più traccia. Hodettoleparolacce hodisubbeditoaimieigenitori hofattoicapricci nonhostudiato e via dicendo. Infila due parole a casaccio tornando a posto (o non farlo, che cambia?), segui il solito rituale e sarà tutto come se niente fosse successo. Ci vediamo tra qualche mese, meglio se prima di qualche festa comandata. 

Questo è il concetto di perdono con il quale cresciamo. Di base, ci viene fatto credere che tutto può essere concesso e perdonato. La disuguaglianza di questa religione, in cui trovo davvero impossibile identificarmi anche sforzandomi, parte dal fatto stesso che la persona non è degna di essere sia perdonabile che perdonante. In quanto peccatori blablabla, solo una figura di riferimento, su cui tuttavia nessuno può questionare, giudice di default, può perdonarci.

Così si cresce senza imparare a perdonare. Ognuno impara quest'arte di straforo, incastonandola nel proprio sistema di valori e nelle proprie abitudini, soprattutto immaginando cosa farebbe in una determinata situazione. Si ascoltano storie altrui e ci si chiede come ci si comporterebbe in prima persona. Nessuno ci insegna cosa significa perdonare e come si può far capire ad una persona cosa significhi essere perdonati, cosa passa per la testa dei due agenti, quello che deve farsi perdonare e quello che deve perdonare.

Io sono sicuro di non essere capace a perdonare. Che è diverso da non perdonare. Non saprei cosa fare, che rassicurazioni chiedere, che promesse far fare. Per come sono fatto, cerco di attenermi ai miei valori andando dritto per la mia strada. 

Una persona deve dimostrarmi qualcosa, anche solo per discutere reciprocamente la situazione relativa alla questione perdono. 

[continua]

lunedì 22 agosto 2011

BACK FOR GOOD

Tornato dalla breve vacanzina calabrese. Appunti sparsi:

- attraversare l'Italia di notte, in macchina, è un'esperienza di vita. In quanto tale, tenderei a non ripeterla, stamattina ho preferito fermarmi all'autogrill quando m'è sembrato di sorpassare il camion di X Factor guidato da Arisa versione "Sincerità". 
- se avete una bambina che, a 7 anni, non sa ripetere altro che "non voglio, non voglioooo, aaaaaaaah" sopprimetela subito. 
- il fatto che il nord Italia ci abbia abituato a prezzi assurdi sul cibo non significa che siano cose accettabili: là con 10 euro a testa mangi fino a scoppiare, qui fai due viaggi in metro.
- ho disimparato a guidare col buio (altro modo per dire che i compagni di viaggio non hanno gradito il tornante preso a Rally WRC). 
- non esserti scottato dopo 3 giorni non ti esenta dal poterti scottare il quarto, keep calm e mettiti la crema.
- non ho più l'età per tirare le quattro di mattina. Ma manco le due. E già verso mezzanotte comincio a mugugnare un po'.
- l'ostacolo principale alle belle mete turistiche di questo Paese sono quelli che ci abitano tutto l'anno, convinti di avere una sorta di diritto di prelazione che, invece che avvicinare i turisti, li allontana. 
- ho tanto da scrivere
- potrei camminare su sassi e arrampicarmi su scogli per il resto della mia vita

sabato 20 agosto 2011

lunedì 15 agosto 2011

GARDALAND O MIRABILANDIA?

Dato che il post su McDonald's versus Burger King ha attirato sterminate folle di amanti del testa a testa, continuiamo su questo filone affrontando le più stimolanti rivalità di sempre: Coppi o Bartali? Costantino o Daniele? Ketchup o Maionese? Heather Parisi o Lorella Cuccarini? Per il testa a testa di oggi, signore e signori: Gardaland e Mirabilandia

Ho avuto la fortuna, nei giorni scorsi, di provare, dopo anni di predominio made in Garda (anche per la maggiore vicinanza alla città che mi ha dato i Natali), la romagnola Mirabilandia. Diamo un rapido sguardo a chi ha la meglio, tra le due, sotto tutti gli aspetti che mi possono venire in mente. 

Adrenalina. Perché parliamoci chiaro, se hai un'età compresa tra i 12 e i 40 anni, in quei posti ci vai per fare le giostre più adrenaliniche. Gardaland offre Magic Mountain, Blu Tornado, Space Vertigo e in un certo senso anche Top Spin, Mirabilandia risponde con iSpeed, Katun e le ex Torri Gemelle, ora ribattezzate non-so-come in nome del politically correct. E qui non ce n'è per nessuno: l'accelerazione iniziale dell'iSpeed (da 0 a 100 in 2.2 secondi), le altezze e la velocità del Katun e pure i saliscendi delle torri (che offrono due esperienze diverse, al contrario dello Space Vertigo) fanno di Mirabilandia la vincitrice indiscussa. Se non avete mai fatto giochi del genere è meglio partire soft, ma per sentire davvero qualcosa, Mirabilandia. 

Novità 2011. Raptor contro Master Thai. Pur non raggiungendo velocità pazzesche, Raptor è una delle novità recenti più gradevoli di Gardaland, soprattutto in confronto al ridicolo double rollercoaster di Mirabilandia. Appoggiato su legno (pare provvisorio), spesso fermo nella giornata in cui sono stato là, non dà niente. Pura perdita di tempo. La prima discesa di Raptor, invece, è unica nel suo genere. Gardaland ha guadagnato qualcosa con la sua novità 2011. 

Giochi d'acqua. Per bagnarti, a Gardaland, devi sederti in determinati posti su Fuga da Atlandide e Jungle Rapids. I tronchi del Colorado Boat sono ridicoli, se non hai meno di 10 anni. Per bagnarti, a Mirabilandia, devi esistere. A parte l'Acquasplash (per bambini) e Rio Bravo (dove comunque ti bagni maggiormente rispetto all'equivalente di Gardaland) Niagara e Raratonga sono sostanzialmente docce. Nel primo ci si lava ovunque, sia sul gommone sia nei paraggi, vista l'onda-tsunami scatenata dalla discesa. Nel secondo si parla di una lotta tra persone dotate di cannoni ad acqua. Per uscirne asciutto, non devi praticamente avere nessuno nelle due barche vicine. Vince, a mani basse, Mirabilandia

Gente. Spiace generalizzare, ma ci sono dei punti in cui Mirabilandia sembra, nella migliore delle ipotesi, un acquapark dell'hinterland napoletano. La possibilità (abusata) di stare e girare a torso nudo, le urla della gente, la mentalità tutta italiana alla "chissenefrega se mio figlio ha meno di 12 anni, noi diciamo che ce li ha e gli facciamo fare la giostra", o alla "se mi stufo salto la fila, che mi frega" e, in generale, sguardi loschi da persone che, magari è solo la faccia, ma il portafoglio io me lo terrei stretto, le ho viste solo a Mirabilandia. Gardaland è più "europea", gli stranieri sono più tedeschi che russi/albanesi, il clima è più quieto, le cose sembrano più ordinate. Per me vince Gardaland

Prezzi. Partendo dal presupposto che si parla comunque di due associazioni a delinquere, visto che non si può evitare di lasciar giù l'anima, è una lose-lose situation. I prezzi dei biglietti si equivalgono sommariamente, tra offerte (il serale di Gardaland è conveniente, ma a Mirabilandia il giorno dopo entri gratis, ecc.) e sconti. All'interno dei parchi spendi inevitabilmente, anche solo per rinfrescarti. Diciamo che ci sono rimasto parecchio male dell'1,50 € romagnolo per mezzo litro d'acqua naturale (ovunque, ovviamente) e dei 5 € obbligatori per un sorso di granita. D'istinto direi Gardaland, ma preparatevi a spendere come se non ci fosse un domani. Se siete i tipi, i panini da casa, per un giorno, non sono una cattiva idea.

I salta file. Gardaland ha un biglietto che permette di fare una decina d'attrazioni saltando la coda. Mirabilandia, più o meno allo stesso prezzo, ha un ovetto elettronico che ti "prenota", mettendoti virtualmente in coda a un'attrazione. Quando questa è pronta, si va e la si fa, saltando la coda. Nel frattempo, si può riposare all'ombra o fare un'altra attrazione. Ovviamente non c'è paragone, Mirabilandia è andata oltre il 1990. 

Ambiente. Tanto verde a Mirabilandia, più grande e un filino più dispersiva, ma in piano e senza le salite e le discese spacca-gambe di Gardaland. Gardaland vince per tematizzazioni: le varie aree a tema sono ben caratterizzate e hanno una certa credibilità. Ok, uno non cerca gli abbellimenti in plastica quando fa un gioco, ma di sicuro aiutano a rendere più credibile il tutto. Chi vince da una parte, chi dall'altra, pari

Chi vince? Mirabilandia, di almeno un punto. Potendo andare, l'anno prossimo, solo in uno dei due, andrei lì. Ma vivendo nella nebbia padana, me ne tornerò zitto zitto in GardaLandia. 

giovedì 11 agosto 2011

PER LORO UN CLICK, PER ME UN FUCK

Come ho accennato qualche post or sono, il mio vecchio blog (quello su msn, poi diventato Live Spaces, poi diventato DioSaCosa.com) è andato perso, del tutto, per sempre, irrimediabilmente, senza possibilità di tornare indietro (ok, lo sto facendo di nuovo...). 

Live Spaces è diventato Wordpress, e ha dato ai suoi utenti una finestra temporale di un mesetto circa, lo scorso marzo, per "battere un colpo", confermare di essere ancora vivi e trasmigrare tutti allegramente su Wordpress. Non una mail, non un avviso che andasse oltre il loro sito ufficiale, che, come potete immaginare, non è esattamente la mia homepage. Persa quella finestra, perso tutto. Io, che, beata innocenza, non mi sono accorto della cosa fino a qualche settimana fa, non posso fare più nulla. Il mio primo blog, quello dove ho parlato di me dal 2005 al 2009 (quando mi son spostato qui su Blogspot, per intenderci), non c'è più. I link che trovate qui a destra - ma che tra poco toglierò, vista l'inutilità - non portano più da nessuna parte. Nemmeno quelli della sezione "Io rileggerei" - che andrà cambiata mettendo i menopeggio di questo-blog-qui, suppongo. Quasi quattro anni di diario virtuale di vita, persi.

E c'era tutto, in quel blog lì. C'ero io, alla fine del mio quarto anno di liceo, tutto colorato e bimbominkioso, mezzo etero mezzo bisex mezzo represso mezzo confuso (quindi un 25% più che mezzo), alle prese con le begucce coi compagni di classe. C'era la mia prima cotta, la gita di quinta, la notte prima degli esami, il mio test d'ingresso in università, le mie prime ossessioni per dei ragazzi, i viaggi più significativi della mia vita, le riflessioni di un adolescente in crescita e in accettazione, il mio primo appuntamento, il mio primo bacio. Tutto. C'era tutto, lì. 

C'erano i racconti più belli, i post scritti meglio, quelli che mi han davvero cavato lacrime dagli occhi mentre li scrivevo. C'erano i primi passi nel mondo della scrittura, c'era un'evoluzione di un bambino che diventava ragazzo che diventava quello-che-sono-adesso imparando a scrivere a raccontarsi. 

Ora, c'è un errore 404. 

lunedì 8 agosto 2011

VARIE ED EVENTUALI

Francamente, mi sono rotto i coglioni. Dopo un Giugno della madonna, tutto ciò che ci resta per la stagione più bella dell'anno è stato un luglio orribile e un agosto, alle porte, che si prospetta, se possibile, pure peggio. Hai 9 mesi di tempo per piovere, nevicare, fare freddo e deprimere il mondo, dacci tregua almeno ora.

Ho scelto il Verdana perché a) ci sono quattro font in croce tra cui scegliere b) mi ricorda il mio vecchio blog c) allarga e i post sembrano più lunghi anche se scrivo cazzate, un po' come facevo nei temi del liceo quando mi trovavo a scrivere parole come "evidentemente", "ineccepibile" o "legittimamente" solo per andare oltre le due pagine e mezza. 


Diamond, il coach di Mila e Shiro, era semplicemente un ubriacone abusivo e probabilmente pedofilo. Perché nessuna diceva niente? Perché nessuno si lamentava? Tutti sapevano e nessuno parlava, né Mila, che faceva la suffragetta dei miei coglioni ma poi stava zitta e buona e prendeva sprangate nelle gambe da Diamond, né Nami, che probabilmente sotto sotto ha subito anche forme d'abuso più pesanti, né Shiro, notoriamente destinato al genere femminile come il prossimo cd di Lady Gaga. 


Cosa fa Federica Pellegrini quando non nuota? Ruba i fidanzati delle altre, si lamenta di avere tutta la federazione contro e licenzia un allenatore. Per carità, brava quanto volete, ma quand'è che si sveglia con una forma grave e non curabile di idrofobia? Odiosa e supponente. Magnini, salvati almeno tu. Marin, che dire, mi casa es tu casa. 


Citare le frasi di Fabio Volo su Facebook sulla profondità dell'amore, sull'impenetrabilità dell'anima e sul dualismo mente-cuore non fa di te una persona profonda. Ma poi dico: cita Coelho, cita Brecht, cita Tarzan (arh arh arh), ma che credibilità ha uno che passa tre quarti della sua vita con la testa più in basso delle spalle? 


E no, non sono capace di andare a capo. 

mercoledì 3 agosto 2011

TU

Tu, ti rendi conto di essere una favola in cui credi solo tu e chi ti sta attorno? Sai cosa so adesso di te e sai che sono contento di non avere più a che fare con te?
Tu, invece, mi hai semplicemente confermato quello che ho sempre pensato riguardo al poco interesse nei miei confronti, e anche coi tuoi ultimi comportamenti ti sei dimostrato piccolo così.
Tu sei speciale e sto sempre bene con te, ma a volte mi fai paura. E questo non va bene, ma non credo che le cose cambieranno. Vorrei dedicarti più tempo.
Tu devi rialzarti e dimostrare quanto vali. E ti capiterà di farlo in modi sbagliati, ma dovrai capirlo e correggerti in corsa.
Tu non ti rendi conto di chi hai di fianco, vorrei poterti aprire gli occhi se solo la cosa non ti uccidesse di netto.
Tu sei la curiosità che non ho mai soddisfatto, ma i tempi sono sempre stati troppo sbagliati.
Tu non sei nessuno per trattarmi così.
Tu sei un enigma, non so quanto sei vero, quanto sei semplicemente insicuro, ma non mi fido di te.
Tu invece racconti balle e non so perché lo fai. Probabilmente soffri, ma la cosa non mi riguarda.
Tu sei fondamentalmente un insicuro che ne ha passate parecchie. Ma sei abbastanza cattivo, quindi continua a starmi lontano.
Tu sei un egocentrico pieno di te che non sa cosa significhi pensare agli altri. Prevedo una vita di solitudine, affettiva e non, per te.
Tu mi ami, ma devi metterti più in discussione per avere un rapporto di testa con me.
Tu sei un miracolo, non perderti per strada e trova in te la forza innata che hai sempre avuto.
Tu sei fondamentale per me e stai passando un momento delicato. Spero di poter sempre contare su di te e di non sentirmi troppo spesso "messo da parte".
Tu sei solo una grossa delusione. Sei la dimostrazione che prima di dare una seconda possibilità bisogna pensarci mesi. Figurarsi una terza e una quarta.
Tu sei schivo. Hai la tua vita, ma vorrei farne parte maggiormente, perché tu mi hai sempre capito al volo.
Tu, non confondere le novità sentimentali con l'andare a letto con un ragazzo diverso ogni giorno.
E tu non credere di essere confusa e sfortunata in amore, sei solo un po' mignotta.
Tu lo sai che la tua ragazza ti fa le corna?
Tu devi morire. E anche tu, e tu. E tanta altra gente con voi.
Tu dove sei? Perché non posso chiarirmi semplicemente le idee come facevo di solito con te?
Tu sei degno della mia stima, vorrei fossi più concentrato su ciò che ti dico.
Tu sei un'amica ritrovata, continua a esserci, siamo sempre stati bene insieme.
E tu, non so come vada la tua vita, spero solo vada meglio della mia.

lunedì 1 agosto 2011

I'M BACK, BITCHES

Il problema è che dall'estate del 2005 ad oggi, ho sempre avuto un blog. E poco importa se Live Spaces ha deciso dall'oggi al domani e senza avvisare di chiudere tutti i blog e trasmigrarli su Wordpress, cancellando inesorabilmente tre anni e mezzo testuali della mia vita. Il punto è che io ho sempre avuto un blog, prima là e poi qua.
Poi c'ho provato con Tumblr, ma non ha funzionato. Come quei ragazzi fighi che vedi da fuori e dici "chissà com'è starci assieme" e poi vedi che pensano solo a una cosa. E non dico per dire, questa è la mia bacheca di Tumblr in questo momento. Non fraintendetemi, Tumblr è carino e tutto. Ma basta seguire, anche per errore, uno qualsiasi dei blog specializzati in nudi artistici, e la bacheca è intasata per sempre. Capite bene che uno non può fare il serio in quel contesto. Certo, la comodità di Tumblr sta nel fatto che niente è censurabile, che foto e video vanno in scena senza filtri di sorta. Ma diciamo che non è il luogo ideale per bloggare. Quando vorrò darmi al porno amatoriale come un Chris Crocker qualsiasi, pondererò di tornarci fisso. Per il momento userò Tumblr come merita: per ribloggare gif animate e postare le fotografie di Instagram più riuscite grazie ai miracolosi filtri rosso/bianconeri.

E niente, ci risiamo. Che la notizia si diffonda in lungo e in largo, il livello di questo postaccio torna ad alzarsi, finalmente.