lunedì 27 settembre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 4^ PUNTATA

Il compleanno della Fra cadeva, come ogni anno, il 21 di Aprile. A dispetto degli altri anni, però, il suo desiderio era quello di passare il giorno più importante dell'anno in compagnia di tutte quelle persone che arricchivano le sue giornate su msn. Parallelamente a me, anche lei aveva infatti cominciato ad abbandonare la sua vita, le sue abitudini e la sua realtà per dedicarsi completamente a degli sconosciuti con cui poteva avere a che fare solo battendo i tasti di un computer. Capitava così che Fra arrivasse a casa del suo ragazzo e, ancora prima di salutarlo, chiedesse la possibilità di usare il computer, rimanendoci attaccata per metà serata. Capitava, e capitava anche a me, di tornare a casa e, ancora col cappotto addosso, accendere il pc, inserire la password, aprire messenger. Non c'era Facebook, all'epoca. Ci fosse stato anche quello, con tutto il suo complicato sistema di regole non scritte fatte di "mipiace" e commenti, ne saremmo probabilmente usciti ancor più con le ossa rotte. Però c'era msn, con le sue faccine in sostituzione di quelle che nella realtà non si poteva rendere, c'erano i messaggi personali, i nickname colorati e il mio sito, nella cui chat ci si poteva riversare fino a notte fonda. L'abitudine di rimanere sveglio fino a tardi cominciò in quel periodo, insieme alla costante compagnia del telefonino prima di addormentarsi e come prima cosa da guardare appena sveglio. Dopotutto, i 100 sms al giorno con N. da qualche parte dovevano pur cominciare, così il suo ultimo messaggio della notte (andava a dormire ben dopo di me, quando era quasi mattina) era la prima cosa che leggevo, il mio primo della mattina era il suo primo e così via, fino alla notte successiva, interrompendoci solo quando potevamo parlare direttamente su msn.

Nè io nè Fra ci rendevamo davvero conto di quello cui stavamo andando incontro. Lei, reduce da una storia di parecchi anni col suo ragazzo, cominciava a vacillare e distrarsi, convinta che quel mondo virtuale fosse una sorta di eden miracoloso che finalmente l'aveva nuovamente infusa di vita, mentre la normale routine 'reale' col suo solito fidanzato poteva e doveva venire dopo. Il suo compleanno fu l'occasione per riunire la truppa e, per me e N., di vederci.

Mi ricordo che ci fu una lunga telefonata, durante un mio ritorno in treno da Milano, in cui finalmente potemmo sentirci con calma e senza affidarci ad un font scritto in un modo e letto in un altro. Quella è, a tutti gli effetti, una delle poche telefonate, insieme alla prima, che ricordo con chiarezza. Fu nel corso di quella telefonata che, parlando del compleanno di Fra in programma di lì a poco a Roma, proposi di passare qualche giorno assieme oltre alla notte già decisa. Fui sorpreso di sapere che anche lui aveva avuto lo stesso pensiero. Prima? Dopo? Quando e in che modo potevamo vederci? La difficoltà, stavolta, non era rappresentata solo dai miei genitori, a cui non avrei davvero più potuto mentire come feci a febbraio, ma anche dal fatto che nel maxi-raduno per il compleanno avrebbe fatto la sua comparsa anche D., ossia il fantomatico pseudo flirt - pretendente di N. Il raduno sarebbe stato il loro primo incontro, ma la priorità di N. era di passare qualche giorno in più con me. Decidemmo di cominciare il nostro weekend di giovedì, passare due giorni interi assieme fino a quando, sabato, saremmo stati raggiunti dagli altri per festeggiare il compleanno di Fra. D., quindi, avrebbe visto N. dopo i nostri due giorni assieme.

Convinti i miei genitori, era venuto il momento di partire. Dopo la consueta doccia calda delle cinque e mezza, presi puntuale lo stesso treno che due mesi prima mi aveva portato a Roma la prima volta, durante quella due giorni abbastanza fredda e alla volta della fretta e del poco parlare. Il treno arrivò puntuale in stazione e, ancora una volta, prima del suo. Lo attesi al suo binario - avevo acquisito una certa dimestichezza - e lo vidi spuntare, alto come l'avevo lasciato, con quello sguardo un po' imbarazzato e fuggevole quando si trovava in mezzo a grandi folle. "Ciao", sorridemmo insieme. Poi, come una furia, Fra mi piombò addosso, da dietro, abbracciandomi e baciandomi. Quella era la prima vera volta in cui la incontravo, visto che a Febbraio lei era stata solo la 'scusa' per andare a Roma. Emozionatissima, mi strinse in un abbraccio lungo secoli, salvo poi staccarsi e abbracciare anche N. Seppi solo in seguito che Fra era arrivata in stazione prima di N., che mi aveva già visto da lontano, ma che aveva deciso di aspettare a venire lì perchè "era giusto che prima ti vedessi con lui". Mangiammo al McDonald della stazione Termini, tutti e tre assieme. Ero arrivato.

Ci accompagnò al camping dove avremmo soggiornato nei successivi quattro giorni. Ci lasciò lì e tornò a lavoro, mentre noi sbrigammo la burocrazia alla reception e prendemmo possesso del bungalow. Piccolo, con due letti singoli abbastanza bassi e delle coperte all'insegna del minimalismo più assoluto (per non dire squallore). Eppure, mi pareva un sogno. Al B&B di Febbraio vivevo tutto con ansia e fretta, come se fosse tutto di passaggio e destinato a durare il tempo di una puntata di Amici. Qui si poteva fare con calma, ci attendevano 4 giorni e i primi due sarebbero stati tutti per noi. Da soli.

Dopo l'incontro di Febbraio, io e N. parlammo molto del fatto che l'unico contatto fisico fosse stata una stretta di mano poco prima della ripartenza. Intendiamoci, nessun doppio senso, in fondo eravamo solo "migliori amici". Semplicemente entrambi sentivamo la necessità di un abbraccio che sancisse il grado di intimità crescente, la voglia di scoprirsi anche fisicamente e far sentire all'altro un calore che non poteva più di tanto trasparire dalle conversazioni su msn. Poco dopo essere arrivati al bungalow, D. lo chiamò. Proprio nel corso di quella telefonata gli feci cenno di unire i due lettini, per farne uno solo matrimoniale. Lui eseguì annuendo. Ne avevamo parlato, anche di questo, di quanto sarebbe stato bello dormire vicini e di come sarebbe stato l'ideale un letto matrimoniale. Proprio noi, che non avevamo mai baciato un ragazzo. Proprio lui, che da lì a due giorni avrebbe rivisto D.

E dove sarebbe rimasto D., l'avete già capito? Beh, ovviamente il posto di D. per il sabato notte sarebbe stato lo stesso mio del giovedì e del venerdì. Sostanzialmente avrei dovuto lasciare il mio posto a D. cambiando bungalow solo per una notte, andando a dormire con altri protagonisti del raduno-compleanno di quei giorni. Era una sensazione che mi dilaniava dentro: avevo voglia di star con lui e avevo tempo per farlo, ma il fantasma di D. si faceva forte nella mia testa, ricordandomi che io ero solo l'antipasto, che il piatto forte sarebbe arrivato sabato, che non dovevo farmi strane idee. Che N., in fondo, aspettava solo di poter stare con lui.

Poche ore prima della partenza, infatti, N. mi dedicò due canzoni. Tangled, dei Maroon 5, e Love me like there's no tomorrow dei Queen.

You had to go and ruin all our plans
Packed your bags and you're leaving home
Got a one-way ticket and you're all set to go
But we have one more day together, so
Love me like there's no tomorrow
Hold me in your arms, tell me you mean it
This is our last goodbye and very soon it will be over
But today just love me like there's no tomorrow

[Love me like there's no tomorrow - Queen]

Il giovedì pomeriggio scivolò lento, tra una telefonata e un po' di racconti di viaggio, senza trascurare un po' di pettegolezzi sulle persone che da lì a poco sarebbero arrivate per festeggiare Fra. Poi si fece sera. E capimmo che era il caso di cenare, dopotutto. Ma come, dove e in che modo? Il camping si trova infatti in una zona di Roma abbastanza remota, praticamente sull'Aurelia e molto lontana da ristoranti, bar o locali similari. L'unica cosa vagamente somigliante ad un punto ristoro era il supermercato dall'altra parte della strada.

Della spesa al supermercato ricordo praticamente tutto. Comprammo molto junk food: merendine a casaccio, un 'tartufo nero' che sarebbe dovuto essere il dolce, patatine e un po' di bibite. Pure dell'alcool, ma ne bevemmo mezzo bicchiere a testa. Ricordo il settore vestiti, ricordo quanto mi faceva strano essere così lontano da casa con lui, in un supermercato. Prendemmo quello che c'era e tornammo nel bungalow, che si erano fatte ormai le 21. Sgranocchiammo qualcosa, bevemmo ancora meno e ci rimettemmo sui letti, sdraiati. Io guardavo il soffitto, lui pure. Sbuffavamo. Sbuffavo, lui pure. Mancava solo il fatidico abbraccio, ma nè io nè lui volevamo fare il primo passo. E mentre i minuti passavano, nessuno dei due faceva mezza mossa. Cominciammo ad ascoltare un po' di musica, finchè partì 'la nostra canzone'.

Basta coi tuoi sogni
Libera il tuo cuore
Da quelle paure
Che non ti fanno vivere.

Serve più calore
Basta col dolore
Che ti toglie il sonno e l'anima

Per poter provare
Tutta l'emozione
Per donare amore e riceverlo
Guarda che ci sono
Sono qui vicino a te.

RIT: E anche se non puoi
E anche se non mi vuoi
Io non forzero'
Quello che sei non si può scrivere
E' troppo forte, più grande di me
Ma nella mia mente
Per le mie mani
Resti comunque la cosa più bella che c'è

Quando senti il cuore
Che fa quel che vuole
Quando un giorno muore e non sei qui

Ho bisogno ancora
Delle tue parole
Della sensazione più semplice

Ora che sto bene
Che dormiamo insieme
E la notte vola vicino a te
Non so respirare
Se tu non respiri su di me.

[Per le mie mani - Luca Dirisio]

Non so respirare / se tu non respiri / su di me. I miei occhi guardavano i suoi, i nostri respiri erano davvero vicini. Poi alzai lievemente la testa, lui spostò lo sguardo per adeguarlo al mio. E di colpo, come se non avessimo mai fatto altro in tutta la nostra vita...

(continua)

lunedì 20 settembre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 3^ PUNTATA

Verso fine dicembre, io e N. seguivamo con buona assiduità un gioco su un forum che si richiamava alle regole de La Talpa e vedeva parecchi "nickname" sfidarsi a colpi di post e prove per individuare chi era, tra loro, il traditore. Abbellito da una grafica accattivante a fare da contorno, nella homepage spiccava, su tutte, la foto di un concorrente. D., con quel nome 'mozzato' che fa un po' Voglio dare a mio figlio un nome inglese ma non saprei scrivere correttamente Michael, era oggettivamente un bel ragazzo. Dopo esserci scambiati qualche idea sulla di lui beltà, riuscimmo entrambi ad entrare in possesso del suo contatto personale. Io, in particolar modo, provai a premere un pochettino sull'acceleratore, provandoci, si fa per dire, buttandogli lì qualche mezza frase volta a capire la sua sessualità. Risposte vaghe, poco interesse da parte sua e così come mi era saltata fuori mi sparì. Con N. andò diversamente: i due cominciarono a poco a poco a parlarsi sempre di più, in breve tempo si scambiarono i numeri di cellulare e scoprii, dai racconti di N., che anche i discorsi cominciavano a diventare più intimi. Ma a me doveva fregare poco: io e N. eravamo amici (anzi, migliori amici, avevamo cominciato a definirci) e gli amici si raccontano tutto, anche delle proprie cotte.

Qualche mese dopo, come detto, io e N. cominciammo ad organizzarci per incontrarci a Roma ed andare a vedere una puntata di Amici insieme. Gli ultimi giorni di gennaio passavano veloci mentre io tentavo di inventarmi qualche scusa per convincere i miei genitori a lasciarmi partire e, soprattutto, darmi i soldi per poterlo fare. A venire in mio soccorso arrivò Fra, una ragazza di Roma che avevo conosciuto nello stesso sito dove conobbi N., con la quale passavo molto tempo a parlare, complice la stessa scelta universitaria e diverse passioni comuni. Lei, una delle mie valvole di sfogo per il rapporto con N., ebbe l'idea, al momento di organizzare il tutto, di cercare di convincere i miei genitori. Come? Ovviamente fingendo di essere lei la persona da cui stavo andando. Perchè con due genitori che stanno vivendo male l'idea che il figlio possa essere gay/bisex/quello che gli avevo detto per tenerli buoni, non è il caso di azzardare un "vado a Roma a conoscere uno che ho beccato su internet". Così Fra finse di essere la persona che dovevo incontrare e chiamò i miei genitori per tranquillizzarli. Loro, sinceramente rinfrancati dal fatto che andassi a Roma per andare a vedere una puntata di Amici con una ragazza sei anni più grande, mi diedero i soldi e la loro parziale benedizione sul viaggio. Il resto fu facile: prenotai il bed and breakfast e comprai i biglietti del treno: da lì a poche ore avrei visto N. di persona, per la prima volta.

La sveglia suonò alle 6.01 di domenica 4 febbraio 2007. Per nulla stanco, rimasi due minuti buoni sotto le coperte a tremare, un po' per il freddo, un po' per l'agitazione. Una doccia bollente mi svegliò del tutto, mentre mio padre, con poca voglia, si tirava su per accompagnarmi in stazione. Il vento freddo, il buio, l'adrenalina nelle vene. Ricordo questo e l'ansia di sbagliare o di perdere il treno. Di fronte al binario 1, in attesa dell'intercity delle 6.55, fissavo la gente e cercavo di indovinare le loro storie, concludendo che nessuna sarebbe stata simile alla mia. Le cinque ore di viaggio trascorsero abbastanza velocemente, ascoltando musica, dormendo e soprattutto messaggiando con N., alle prese con un viaggio ancora più lungo del mio. Quello che mi spaventava era l'ignoto: conoscevo davvero N.? O conoscevo la sua entità virtuale, avendo sentito la sua voce una volta soltanto? E se davvero non avessimo avuto niente in comune, se fosse andata male, come sarebbero passate quelle 24 ore scarse insieme?

Il treno arrivò puntuale a Roma Termini alle 12. Presi le mie robe e scesi dal treno. Dio, ero a Roma. Da solo, dopo aver raccontato palle ai miei e da lì a poco avrei conosciuto un ragazzo con cui avevo avuto a che fare solo in chat. Poi ci si chiede come succedono le disgrazie, ci sarebbe da pensare. Eppure, da lì a qualche mese avrei davvero pensato che sarebbe stato meglio incontrare un pluriomicida psicopatico, rispetto al ragazzo che avrei avuto di fronte di lì a poco...

Il treno di N., in ritardo di un quarto d'ora, arrivò poco dopo le 12.30, mentre io avevo cominciato a lasciare andare la tensione per via dell'attesa. Inutile dire che tornò tutta in un attimo, con gli interessi. Vedevo le persone scendere dal suo treno, cercavo di scorgerlo, ma niente. Niente nemmeno negli scompartimenti a metà treno, niente in fondo. Erano praticamente scesi tutti quando cominciavo a chiedermi se fossi capitato sul binario giusto; poi, di colpo, lo vidi. E fu stranissimo fin dal primo momento: dietro a due signore lo vedevo spuntare, alto e grosso più di quanto mi potevo immaginare, che veniva verso di me, dopo avermi visto. Trovarmelo di fronte fu spaventoso. Io sono praticamente un metro e ottanta, lui quasi dieci centimetri in più. Però mi pareva di avere davanti un gigante, o di essere io un bambino di un metro e venti. Ci salutammo, l'imbarazzo era tangibilissimo. Ruppi il ghiaccio: "andiamo al B&B?". Da parte sua solo mugugni scomposti e risposte monosillabiche alle mie domande. E sinceramente, dopo avergli chiesto 30 volte come era andato il viaggio mi trovavo un po' in difficoltà.

Arrivammo al B&B, lasciammo i nostri dati e andammo in camera. Dopo essermi rotto di vederlo così taciturno mi lasciai andare e glielo dissi: "Wè N., svegliati eh, che io son sempre Ale e tu sei sempre tu, siamo noi". Non ricordo molto altro, a parte che prese una craniata contro una mensola e che uscimmo a fare un giro nel primo pomeriggio, dopo aver sgranocchiato qualcosa ad un Mc. Senza prendere la metro, girammo un po' la zona Cinecittà alla ricerca di un internet point. Ebbene sì, ci vedevamo per la prima volta e il nostro (suo?) bisogno era quello di un computer con internet, di collegarci al sito, di sentire 'gli altri'. Dopo innumerevoli giri a vuoto ne trovammo uno ed entrammo: la cosa più inquietante di tutte fu probabilmente il fatto che entrammo su msn e mi contattò, dalla postazione accanto, dicendomi che gli faceva piacere essere lì e che si scusava per essere un po' silenzioso. E questo non mi bastò per scappare a gambe levate, per dire quando uno se le cerca.

La sera partimmo dal B&B per le otto per andare di fronte ai cancelli di Cinecittà ed entrare a vedere la puntata. Ora, non so se eravamo scemi o se in cuor mio sapevo che non era importante andare a vedere la puntata in studio, ma non so con quale folle pretesa accampavo il diritto di andare là e sedermi come se fosse il Bar Cuore sotto casa. Ovviamente non ci fecero entrare da nessuna parte, visto che il pubblico entrava qualcosa come tre ore prima della puntata, mentre io e il signorino giocavamo a prato fiorito su msn a meno di un metro di distanza. Rimanemmo in albergo e guardammo la puntata in tv. Fu divertente, e quasi intimo, visto che stavamo sullo stesso letto (nonostante lui tenesse la gamba destra costantemente per terra). La puntata lo aiutò a superare quel momento eterno di blocco in cui la sua mente gli impediva di comportarsi serenamente con me...

Quella notte fu eterna. Cominciammo a parlare intorno all'una e non finimmo fino alle quattro. Si parlò di tutto (rigorosamente a distanza, in due letti diversi e col buio che lo faceva sentire al sicuro). Mi trovai di fronte di nuovo il N. di internet, quello insicuro, che quando si apre rivela il suo mondo, che ha tante cose da raccontare. Parlammo delle prime esperienze di sesso, di omosessualità, di ragazzi. Mi raccontò anche di D.: il rapporto con lui effettivamente avanzava, e N. gli aveva buttato lì l'idea di passare a trovarlo a Macerata di ritorno da Roma. D., però, si era letteralmente cagato sotto e aveva mandato tutto a ranare con scuse banali ("i miei genitori non vogliono" "già hanno un tale pessimo gusto per i nomi, non rischiamo" e cose del genere). Sentirmi soddisfatto a quel pezzo di racconto cominciò a farmi porre delle domande, ma questa è sicuramente un'altra storia.

La mattina dopo ci salutammo velocemente, con una stretta di mano in stazione, mentre il treno mi riportava verso Brescia, confuso. Gli mandai una foto di me triste sul sedile del treno, ci scrivemmo per tutto il viaggio. Era stato bene, ero stato bene, o quasi. Da lunedì sera si ricominciò già tutto come prima, ore a parlare su msn e 100 sms al giorno, per raccontarsi vita morte e miracoli della giornata.

L'occasione per rivedersi arrivò più di due mesi dopo: il compleanno di Fra e l'invito al suo compleanno a Roma, per fine aprile. Partì tutto troppo bene, successe tutto in modo troppo inaspettato. Fu il 19 aprile 2007 che tutto cambiò, definitivamente.

lunedì 13 settembre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 2^ PUNTATA

Ero diviso a metà. Da un lato tentato dalla Psicologia tradizionale, la cosiddetta "scienze e tecniche psicologiche", dall'altra spinto dalla corrente "scienze della comunicazione, a te che piace la tv, il mondo dello spettacolo e dei media", con in sottofondo il ritornello che, siccome mio fratello è giornalista, avrei potuto/dovuto fare qualcosa di molto simile. E quel qualcosa di molto simile lo trovai a Verona, sotto "Scienze della comunicazione" con indirizzo in giornalismo. Molto, molto invitante, presi tutti i contatti per andare a fare il test di ingresso e approfittai di un pomeriggio senza scuola per andare addirittura a vederla, questa facoltà, accompagnato nientemeno che dal fantomatico ciellino M., con cui eravamo nel periodo di pseudo amicizia. Bella, pulita, coinvolgente, mi rapì e mi proiettò il mio futuro da studente universitario veronese, a 45 minuti di treno da casa.

Invece scelsi Milano, e il motivo fu semplice. A Milano c'era l'unico indirizzo che coniugava in un'inter-facoltà i corsi di Scienze e Psicologia, dando la possibilità di scegliere il percorso al terzo anno in base alla divisione del piano di studi. Per quello e perchè arrivai secondo al test di ingresso. Mi accompagnò mia mamma, prendemmo una camera di hotel per la notte prima del test. Lo feci (erano domande di logica, cultura generale e conoscenze varie ed eventuali) e mi ritenni abbastanza soddisfatto, senza esultare particolarmente. Quando uscì la graduatoria, trovai quel "2" che indicava il mio secondo posto. Che poi sarebbe stato un primo, senza la media con il voto di maturità, che mi fece scivolare dietro ad una uscita con 100. Scrissi sul blog del secondo posto, e tra i commenti trovai anche quello di N., conosciuto solo due mesi prima, che si complimentava. Quel risultato, forse più dell'indirizzo di laurea, mi fece scegliere Milano-Bicocca e mi fece diventare, a tutti gli effetti, un milanese immigrato.

I primi due anni di università, come si sa, li ho fatti da pendolare. Questo significa(va), tutte le mattine, svegliarsi due ore prima della prima lezione e, tutte le sere, tornare a casa due ore dopo la fine dell'ultima lezione. Snervante, e soprattutto dava tanto, troppo tempo per riflettere. E' stato guardando fuori dai finestrini del treno che ho capito cosa provavo per M., prima, e per N., poi.

A tutto novembre 2006, il rapporto con N. proseguiva a gonfie vele: le chiacchierate su msn si facevano sempre più cospicue e riflessive, la mole di kilobyte nell'archivio conversazioni si faceva più imponente, il nostro grado di intimità cresceva giorno dopo giorno... A fine novembre litigammo. Non so perchè, ricordo solo che il litigio avvenne di domenica, di pomeriggio. Poi uscii a bere l'aperitivo con due mie amiche e andai avanti a stuzzicarlo via sms, le frasi penso riguardassero il suo modo di intendere il rapporto, così diverso dal mio, così teso a non farlo diventare qualcosa di serio. Quando, verso sera, dopo l'aperitivo, gli chiesi se c'era la possibilità di chiarire, mi rispose: "Ale, se non ho mai chiuso la finestra di Vodafone.it (da dove mi mandava gli sms quando finiva il credito) evidentemente non aspettavo altro" e concluse spiegandomi quanto era stato male tutta la sera e implorandomi che queste cose non succedessero più. Beata ingenuità. Fatto sta che le cose stavano andando ben oltre il semplice rapporto virtuale, il rapporto stava assumendo contorni che interessavano la vita di tutti i giorni.

A Capodanno, mentre io ballavo i trenini in una discoteca orribile in provincia di Brescia, gli scrissi felice ed ebbro (di alcool), mentre lui si accingeva a vomitare l'anima dall'altra parte dell'Italia. Lui disse che aveva dimenticato il suo primo amore etero, io che non avevo risposto al messaggio di M. e che oramai poteva andarsene a cagare e che ero felice così. E non sapevo ancora cosa mi avesse fatto dimenticare di M...

Io gli raccontavo di quello che mi accadeva durante il giorno, lui mi teneva compagnia nei suoi viaggi in treno... lui mi raccontava di quando accompagnava la sorella in paese, io gli tenevo compagnia mentre si occupava della nipotina... Poi ci scambiammo foto, cominciammo anche a mandarci alcuni mms per condividere non solo quello che provavamo, ma anche quello che vedevamo... io gli mandavo le foto di mia nipote, lui quelle della sua, io gli facevo vedere la mia università, lui il mare...

Arrivò come una normale continuazione di questo rapporto in divenire il desiderio di vedersi. L'idea mi balenò in testa un pomeriggio qualsiasi e gliela proposi: perchè non ci andiamo a vedere una puntata di Amici nello studio a Roma? Roma a metà strada, Roma città eterna, quale luogo migliore per vedersi la prima volta? Non mi ero mai incontrato con nessuno conosciuto su internet, ma con lui, dopo quasi sei mesi di chiacchiere online, mi sentivo a mio agio come con nessun altro prima... sapeva probabilmente più cose lui di me che molti dei miei amici più stretti nella vita reale. L'idea, difficilmente realizzabile, cominciò a prendere forma. "E se andassimo a quella del 21 gennaio?", "no, io non riesco, quella dopo?", "no non riesco io". Quella dopo ancora, ai primi di febbraio, lui doveva andare a Parma, a trovare dei suoi ex compagni di liceo, ora universitari fuori sede. E incredibilmente, decidemmo di attaccare a quella uscita la nostra data romana. Stabilimmo che il nostro incontro sarebbe avvenuto il 4 febbraio, a Roma, in occasione della terza puntata di Amici 6.

Per quanto la data cominciasse ad assumere una parvenza di realtà, non ci credetti più di tanto. Il progetto restava campato in aria, i miei genitori sarebbero stati impossibili da convincere, difficilmente avrei trovato da solo i soldi e non si sarebbe fatto nulla. Tuttavia, questa fu l'occasione per la prima telefonata con N. Ebbene sì, nonostante i tanti sms (ormai si viaggiava nell'orbita dei 100 sms al giorno, complice la Infinity della Vodafone, e spesso ci si avvicinava al tetto dei 100 mms, pure), non ci eravamo mai sentiti a voce. Dato che ci dovevamo vedere, sentirci telefonicamente era un passo che andava fatto. E infatti accadde. Una sera, io ero a casa a Brescia da solo, lui a Parma dai suoi ex compagni di liceo, ci sentimmo.

Fu una sensazione stranissima. Passi sei mesi a idealizzare una persona basandoti sul suo colore di scrittura su msn, sul suo stile negli sms e sulle due-tre foto che di lui hai visto tra il web e gli mms, poi bam, come una sprangata nei denti ti coglie la realtà. La sua voce era quanto di più lontano possibile da ciò che mi ero immaginato. E sì che potevo arrivarci: un metro e novanta per quasi ottanta chili, non potevo aspettarmi la voce dell'Ape Magà. Eppure la sua voce bassa, timbrata e sussurrata mi spiazzò. Fu come se qualcuno avesse disturbato un mio sogno, svegliandomi. Ma la cosa non mi infastidiva, semplicemente mi proiettava ad un altro livello...

Nel corso di quasi un'ora di telefonata parlammo di tutto, dai dettagli organizzativi del nostro eventuale incontro ai reality, la tv, i suoi amici, la mia università, i messaggi che ci scambiavamo, senza farci mancare qualche sempreverde sfottò sull'accento dell'altro. Lasciai giù il telefono e la sua voce già mi mancava. Era un altro passo verso il passaggio dal virtuale al reale, dall'immaginato al vero. Fu anche quella telefonata a farmi decidere per stringere i tempi, farmi coraggio e, contro tutti i pronostici, cercare di realizzare davvero quel fantomatico incontro al 4 di febbraio.

E ci riuscii. Verso mezzogiorno e un quarto del 4 febbraio 2007 io e N. ci trovammo l'uno di fronte all'altro per la prima volta. E fu una sensazione, se possibile, ancora più strana. Fu la prima volta che ricevetti da parte sua quel trattamento che, volente o nolente, mi sarebbe diventato familiare nei mesi a venire. Il silenzio.

(continua)

lunedì 6 settembre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 1^ PUNTATA

Premessa. Quello che racconterò nelle prossime tredici settimane non è facile da raccontare, né tantomeno da scrivere. È un viaggio nella mia testa alla riscoperta di eventi che ho parzialmente rimosso, che mi hanno fatto soffrire e mi hanno, di fatto, cambiato. Come persona e come carattere. Non rinnego (quasi) nulla di quello che leggerete: se c’è stato è semplicemente perché il destino ha deciso che quello doveva essere il corso delle cose per farmi arrivare dove sono ora. Durante tutto il 2007 ho fatto cose di cui non vado fiero, che col carattere attuale sicuramente non farei, ma che mi hanno comunque insegnato qualcosa. Vi chiedo di leggere e giudicare ciò che vedrete sulla base di queste premesse, perché avrete di fronte l’anno di un ragazzo di diciannove anni ancora non del tutto formato, alle prese con le prime scelte importanti della sua esistenza.

Introduzione. Se volete leggere i primi traballanti approcci di un ragazzino accecato dagli ormoni o le notti di passione tra Ciclope degli X Men e Spiderman, se volete ridere con me di persone strambe e dei miei goffi colpi di fulmine o se semplicemente vi interessa dare un’occhiata ad una normale routine di un ragazzo universitario, questo non è il racconto adatto. O meglio, non lo è più. Per quello c’è la prima stagione di Bita, che trovate qui e che magari, leggendo tra le righe, vi potrà abituare a quello che scriverò da ora in avanti. Perché in fondo noi siamo il risultato di quello che ci è capitato e di come l’abbiamo affrontato. Nel bene e nel male.

Il mio 2007 comincia nel primo pomeriggio del 10 Luglio 2006. Nemmeno 24 ore prima insultavo un francese pelato ed esultavo per le vie di Brescia festeggiando la prima coppa del mondo italiana vista con i miei occhi, ora stavo serenamente seduto di fronte al computer conversando di questo e di altre inutilità nella chat del mio sito. Piuttosto “amato” dagli utenti, in quanto admin, trovavo spesso richieste nella messaggeria privata per poter parlare su msn messenger con me, per avere la possibilità di sapere che tipo era, quell’Alex87 che scriveva articoli e cazziava la gente sul forum. La richiesta del
suo contatto messenger, però, partì da me. Dietro a quel nickname che richiamava una celebre canzone dei Queen si nascondeva un ragazzo molto intelligente, i cui post sul blog non mancavano mai di stendere per la loro chiarezza espressiva e sintattica, senza mancare mai di quella buona dose di ironia che piaceva così tanto a me. Gli mandai un mp e gli chiesi il contatto. Quando lessi la sua risposta lo aggiunsi con lo stesso meccanismo automatico che tutti noi abbiamo messo in pratica decine e decine di volte, senza sapere cosa avrebbe comportato.

Nel primo pomeriggio del 10 Luglio 2006, mentre il mio nome su msn ancora ricordava la vittoria della sera prima urlando “campioni del mondo”,
N. mi scrisse per la prima volta.
“Ciao!”
- Ciao!
Non ricordo altro, ma sono sicuro di quei due punti esclamativi. Gli risposi nello stesso modo in cui mi aveva scritto. Ciao! Quel 10 luglio 2006 la mia vita cambiava per sempre, innescando di fatto una sequenza di eventi che mi porta ad essere qui a raccontarvela.

Mentre le mie giornate erano disturbate dall’infatuazione per M., quel compagno di classe così clericale con cui si era avuto un approccio ravvicinato del terzo tipo durante la gita di quinta, le serate si concludevano con la possibilità di vederlo, in compagnia, e uscirci sognando che un giorno le cose sarebbero cambiate per sempre. Alla fine di una di queste serate, tornato a casa sconsolato per chissà quale segnale male interpretato o con chissà quale speranza infranta, contattai N. Ce l’avevo in lista ormai da qualche settimana, ma non ci avevo mai parlato seriamente, se non per chiacchierare di qualche utente, qualche programma televisivo o qualche preferenza musicale. Ero giù, ne approfittai per sfogarmi. Gli raccontai tutto di M. senza farmi problemi del fatto che stessi parlando di un’infatuazione verso un ragazzo, convinto che comunque mi avrebbe potuto capire. Mi raccontò di una sua situazione simile, per una persona alla quale non aveva avuto il coraggio di dichiararsi, che gli aveva lanciato segnali ambigui facendogli vivere, di fatto, una situazione molto simile alla mia. Mi ricordo la frase “se non abitassimo così lontani sarebbe la classica sera per andare fuori a bere qualcosa e raccontarcele di persona, queste cose”. Lui era pugliese, del gargano. Lui lo sperone dello stivale, io, probabilmente, più in alto dell’attaccatura delle stringhe. Rimanemmo a parlare fino alle due. La sua vaghezza in determinate risposte mi fece cominciare a dubitare di un’eterosessualità che avevo dato assolutamente per scontato. Qualche giorno dopo, con estrema fatica, gli tirai fuori la confessione che ormai immaginavo. Anche lui gay, anche lui ossessionato da un ragazzo etero che non lo ricambiava e non poteva farlo.

Le conversazioni aumentarono di volume: cominciammo a sentirci più spesso; io lo tenevo aggiornato sulla situazione con M., lui mi parlava del suo lavoro, della sua famiglia. Cominciammo anche ad affiancare a queste discussioni riflessioni più intime, sull’omosessualità, su come ci percepivamo e, perché no, anche qualche sana discussione sui ragazzi e sui calciatori. Gli piacevano i calciatori, come dargli torto. Lo scambio dei numeri di telefono arrivò con estrema naturalezza. Intendiamoci, non era da me conoscere gente su internet e scambiarmici il numero, né tantomeno farci notte quasi tutte le sere per parlare praticamente di tutto. Con N. questa cosa arrivò naturale e spontanea. Ora le conversazioni su msn vennero affiancate da qualche messaggio, con cui ci si teneva compagnia quando non avevamo la possibilità di parlarci tramite computer.

Quello che, secondo me, ha cominciato a cambiare tutto è stato un litigio, arrivato intorno a novembre, in cui il rapporto cominciò a virare in una direzione assolutamente imprevedibile. Oltre a quello, presi la scelta definitiva per quanto riguardava l’università, puntando tutto su un’altra città. Il test ai primi giorni di settembre, che tentai con lo spirito del “come va va” fu invece il punto fermo per i miei successivi quattro anni di studi. Non potevo sapere che anche quella scelta si sarebbe un giorno incrociata con quelle di N., non potevo sapere cosa sarebbe diventato, da lì a pochi mesi, quel semplice contatto virtuale dall’altra parte dell’Italia.

(
continua)