mercoledì 23 luglio 2014

PARTO

C'è che ci siamo. Il 6 Agosto volo in un'altra città di un altro Paese. Lo so da marzo, quindi sarebbe passato relativamente poco tempo, se non fosse che gli ultimi tre mesi sono durati - per ragioni lavorative - almeno nove.

Ieri per la prima volta ho sentito davvero tutta l'ansia del mondo crollarmi addosso. Vuoi perché i giorni son sempre meno, vuoi perché quello che ora sta riempiendo in un modo totalizzante e alienante le mie giornate smetterà di esserci all'improvviso, tra una settimana, lasciando volente o nolente un vuoto dentro cui sarà difficile riabituarmi. Vuoi perché ho ancora una casa da svuotare e pochi giorni per farlo. Vuoi perché nell'enormità di cose da fare dovrò incastrare tutti gli addii del mondo. Vuoi perché è un passo enorme.

Me la posso raccontare come voglio, posso minimizzarlo come ho sempre fatto per le cose più grandi di me, ma il passo è enorme e il mio inconscio lo sa.

giovedì 22 maggio 2014

CHOICES ARE OVERRATED

Le scelte sono sopravvalutate. È un retaggio da film, da telefilm. L'immaginario romantico dell'eroe al bivio che con coraggio fa la scelta giusta e visse felice e contento. La verità è che la vita ti mette sì davanti a tante scelte, ma non è la decisione presa in quel momento che definisce ciò che saremo. Basti pensare a quante strade ha preso la vita di ognuno di noi senza bisogno di fare delle scelte, o quante volte abbiamo vissuto dei crocevia fondamentali con la naturalezza di un'azione quotidiana. Le scelte non sono sempre tra due porte una vicina all'altra, tra due contratti uno vicino all'altro, tra due persone o tra due situazioni. A volte abbiamo già scelto prima ancora che si ponga l'effettivo momento di prendere una decisione, a volte scegliere in pompa magna non cambierà nulla.

Ho passato quasi un anno a sciogliermi di sensi di colpa per non aver fatto una scelta e aver lasciato ad altri definire cosa sarebbe stato di me negli anni a venire. Ed è stato un momento che mi ha regalato quello che, ad oggi, sono contento ci sia. Eppure non mi posso vantare di averlo scelto, è arrivato e basta. La vita che avrei fatto dall'altra parte non sarebbe stata meno bella, più disonorevole, meno soddisfacente: non lo posso dire perché non lo posso sapere. Sarebbe stata diversa.

E questo vale per ogni scelta della vita: non ci sono scelte giuste o sbagliate, non ci sono decisioni fondamentali che rovineranno o sanciranno tutto. Che tu scelga o no, la vita va avanti comunque.

mercoledì 14 maggio 2014

DUE ANNI IN DIECI RIGHE

E su "ci riproverò" si è aperto un mondo. Due anni di pausa dal blog neanche quando facevo le strategie di non scrivere per farmi notare dalla blogosfera che conta(va), quando fingevo di avere una vita, quando mi dimenticavo la password. E una delle tre occorrenze non è mai avvenuta.

Però alla fine avere un blog è come andare in bicicletta: non ti dimentichi mai come si fa e dopo tre pedalate sei già stanco.

Non dico di aver voglia di tornare a scrivere con costanza, perché a 9 anni dal primo post ho capito che non si può assicurare e costanza e qualità in un contesto come questo. È una cosa da fare a tempo perso e sull'onda del momento.

In questo momento ho abbastanza tempo e abbastanza voglia. Rispetto all'ultima volta che ho scritto son cambiate 2-3 cosine. L'appartamento s'è chiuso e un altro si è aperto. Quasi due anni di convivenza per una storia che dopo 3 anni e mezzo ho la presunzione di dire sia quasi più forte di prima.

Ed è un bene che sia così, visto che tutto sta cambiando di nuovo e tra meno di due mesi saranno di nuovo scatoloni, di nuovo valigie. Stavolta per più lontano.

mercoledì 8 agosto 2012

LE MIE OLIMPIADI

La prima cosa che mi esalta è il fatto che siano ogni quattro anni. La ripetitività c'è, ma è resa evento. Ogni Olimpiade accade in una vita diversa. Atlanta praticamente non la ricordo, a Sydney avevo 13 anni, giocavo coi Pokemon e andavo a scuola in tuta perché ai miei tempi non c'era Facebook e l'obbligo di essere già sessualmente appetibili. Ad Atene ne avevo 17 ed ero appena entrato nella mia adolescenza, ma andavo ancora in vacanza con i miei e non avrei cominciato realmente a vivere prima che il computer in camera mi aiutasse a farmi capire dal mondo che non potevo incontrare nella vita di tutti i giorni. A Pechino ne avevo 21, ero nel pieno della laurea triennale e della mia prima (su due) storia d'amore importante. Da lì a qualche mese mi sarei trasferito a Milano per essere più vicino all'università e, involontariamente, al mio io dell'olimpiade successiva. Oggi, a quattro anni esatti di distanza, quella casa si sta per chiudere alle mie spalle e tante cose nuove mi attendono al termine dell'estate, al termine di queste nuove Olimpiadi.

Se per centinaia di migliaia di atleti e volenterosi sparsi per tutto il Pianeta le Olimpiadi significano un obiettivo di vita, un momento di gloria da inseguire, raggiungere e agguantare nel momento qui ed ora più intenso che ci sia, per noi comuni spettatori significa anche questo: assistere, guardarsi indietro e, se possibile, guardarsi avanti, per chiedersi dove si sarà.

Se andrà tutto normalmente, a Rio 2016 avrò 29 anni e l'università sarà ormai un lontano ricordo. A un passo dai temibili trenta la mia vita avrà preso una direzione importante e definitivamente adulta, con sicuramente tante strade nuove da percorrere ma pochissimi collegamenti a ciò che è stato, se non per quanto riguarda i ricordi.

PS: il post originariamente voleva essere tutt'altro, ma mi sono perso via a parlare di me. Ci riproverò.

venerdì 27 luglio 2012

LA SETE


Vi ho mai parlato del mio rapporto conflittuale con lo stimolo della sete? Forse no perché la cosa è effettivamente peggiorata nel tempo arrivando all'attuale livello di insostenibilità, fissazione e patologia.

Di base ho sete. Sempre e comunque. Se non fossero brutti andrei volentieri in giro con quei cappelli à la Homer Simpson, solo non con la birra ma con qualsiasi altra bevanda. Analcolica, non è un inno all'ubriacatura adolescenziale questo post.

La passione per la Fanta magari meriterebbe un post a parte, la gola per qualsiasi altra porcheria - comprese la cedrata e il succo di pompelmo rosa frizzante - pure, quindi cerchiamo di rimanere in tema. L'acqua. Berrei sempre. E fatico a sentirmi appagato nella sensazione di sete. Certo, se ho una bottiglia piena bevo e la sete mi passa. Ma mi sembra di metterci più di una persona normale e di aver bisogno di bere molto di più. E più frequentemente, perché mi sento appagato per poco e dopo poco ho di nuovo bisogno di bere.

Al contrario dello stimolo della fame, che non conosco e mi permette di stare anche 12/18 ore senza mangiare senza che succeda niente (non ho disturbi alimentari, semplicemente se non mangio non ho fame, mi viene solo se guardo o sento profumo di cibo), la sete è qualcosa di mortale.

Non cambia (particolarmente) in base alle stagioni, alle ore della giornata (forse di sera di più) o al fatto che stia facendo o meno attività fisica. È una sete generica.

Soprattutto - e qui si entra nello psicotico - aumenta terribilmente quando so di non poter bere. Sono fuori casa, non ho la possibilità di comprare acqua, sono in viaggio, non ho soldi? Sete, terribilmente sete. Ho sete e il pensiero di aver sete mi fa avere una fottuta sete. La gola si secca, la bocca si stringe. Bere bere bere. E non posso. E la sete mortale.

Ho ovviamente googlato i sintomi e ne è uscito che potrebbe essere diabete o tumore al cervello. Le ultime analisi del sangue escludono il primo, penso avrei anche altri sintomi del secondo e poi è una cosa che ho più o meno sempre avuto.

Quindi cos'ho, dottore?

martedì 24 luglio 2012

LE ULTIME PAGINE

Ultimo affitto pagato.

La prima novità di cui accennavo nel post di qualche giorno fa si riferisce a questo: dopo quattro anni nella stessa casa, il contratto si chiude e un capitolo importante della mia vita si avvia a conclusione. Una convivenza tra studenti, io e "le mie coinquiline", quattro persone poco più che ventenni che non avrebbero mai creduto possibile di poter durare tanto in quella casa.

Settembre sarà l'ultimo mese in quelle mura che tanto mi han regalato e che mi han visto cambiare più velocemente di un esperimento Seven Up.

Non è ancora tempo di post strappalacrime, che penso occuperanno uno spazio variabile tra gli zero e i quattro post, a seconda della voglia. Perché ci sarebbe tanto da dire e sarebbe riduttivo farlo in coda alla notizia. Quello che è certo è che non sarà facile dare l'ultimo giro di chiave - rigorosamente al contrario.

giovedì 12 luglio 2012

IL PRECARIATO INIZIA IN UNI

Dopo quella che spero sono fermamente convinto essere stata l'ultima sessione estiva della mia vita, sono a meno due.

Due esami mi separano dalla laurea specialistica e dall'allontanamento semi-definitivo dalla realtà accademica. È l'aspetto più importante in realtà, perché questi ultimi mesi, per occorrenze di tirocinio e tesi mi hanno visto parecchio inserito nel sottobosco dei piani alti. Tra fotocopiatrici e uffici studenti e professori si fronteggiano in un gioco delle parti infinito e stupido, alimentato solo dalla pigrizia degli uni, la frustrazione degli altri e dall'infinita burocrazia universitaria.

Dico così perché se normalmente se ne vedono di tutti i colori, stando a contatto con quegli ambienti se ne vedono anche altrettante. Professori che si negano all'ultimo istante, di fronte a studenti arrivati da un'altra regione e in attesa da ore di un inutile "ok" che potrebbe benissimo arrivare via email, se lor signori non si fossero fermati al 1937.

Non solo episodi, anche conferme. Da persone che i professori li vedono tutti i giorni (tirocinanti post lauream) e che confermano tutte le più sadiche dicerie. I professori universitari non sembrano stronzi, sono stronzi. Non tutti, ovvio. Quasi. In quell'ambito cercano conferme che mancano altrove. Compensano. E la vita degli altri - semplici studenti - non è importante come la loro.

Per non parlare dell'infinito discorso sulla meritocrazia dei voti, numeri casuali che però marchiano a fuoco prestazione e rendimento finale, tramite medie che oscillano in base al colpo di culo, all'umore del professore e a ho già detto colpi di culo?

Insomma tanta voglia di finire e di dire addio a un sistema che così non ha ragione di esistere e di conseguenza non prepara al "dopo", quale che sarà. Anzi, ne illustra i meccanismi più malati, anticipandoli e non mediandoli con una paga più o meno consolatoria.