domenica 25 luglio 2010

TOY STORY 3

"Ma tu li hai visti gli altri due?". E' una domanda tutto sommato lecita, che ti può essere posta al momento in cui decidi di andare a vedere un terzo capitolo di qualche trilogia. Tipo il Signore degli Anelli, Star Wars, Tuailait (mi rifiuto che qualcuno arrivi sul mio blog cercando quella cagata) o qualsiasi sequel di qualsiasi prequel. Alchè solitamente si fa mente locale e si dice "sì/no". Quando la stessa domanda mi è stata posta per Toy Story mi sono trovato più in difficoltà. Ma li ho visti? Oddio sì, mi pare di sì... cos'era, sei mesi fa? Un anno fa? Due anni fa? No, avevo rispettivamente 9 e 12 anni quando uscirono i primi due capitoli di questa saga meravigliosa. Li avevo amati e altrettanto velocemente li avevo dimenticati, un po' come si è fatto con i Crystal Ball o i conduttori di Solletico.
L'impatto del terzo capitolo, a seguito di questa breve premessa, assume tutt'altro significato. Toy Story 3 non è stato l'ennesimo (bel) cartone in 3D (tra l'altro è stata tipo la terza volta che questa tecnologia mi ha soddisfatto), è stato il completamento di qualcosa cominciato tanti anni fa. La scelta di non proseguire da dove si era interrotto, ma di focalizzare nella trama il salto temporale che ha cambiato tante cose anche negli spettatori di fine anni '90, ha pagato e decisamente fatto breccia in uno spettatore-tipo come me. La riconquista dei piccoli fan di Buzz e Woody avviene gradualmente, per combattere quello scetticismo iniziale dovuto alla crescita e alla mancanza di ricordi recenti, avviene da fuori e finisce dentro, al cuore. Lo so, sembra un'esagerazione, ma è solo sul finire del film che ci si rende conto di essere stati trascinati dentro, come era successo un decennio (!) fa, riaffezionandosi a quei pupazzetti e al loro rapporto con il protagonista, in cui è difficile non identificarsi. Si cresce, e Toy Story ce lo ricorda congedandosi nel modo migliore possibile, ricordandoci quanto era divertente essere bambini e soprattutto facendoci realizzare che è solo abbandonando quella fase e vedendola da fuori, che ci si può considerare davvero parte di un ciclo che non comincia con noi e nè con noi finirà.
Ed è dura accettare tutte queste cose tutte assieme. E Toy Story lo sa, e decide di condirtelo con qualche sana risata e, non indifferentemente, preparandoti con un cortometraggio Pixar iniziale ai limiti della poesia, mentre pian piano la poltroncina si fa più grande e i piedi faticano a toccare terra.

Voto: 8,5

lunedì 12 luglio 2010

MILLE GIORNI DI TE E DI ME

Lo so, lo so. E' il titolo più scontato che potessi scegliere per l'occasione. D'altronde, "Voffàl'americano Truzzo Remix" non mi sembrava adatto per descrivere la giornata di oggi. La millesima con Seba. Non lo dico tanto per dire, io e lui ci siamo baciati per la prima volta, ufficializzando il nostro rapporto, mille giorni fa. Ventiquattromila ore. Un milione e quattrocentoquarantamila minuti. Ottantasei milioni e quattrocentomila secondi.

No, non avrei mai pensato di arrivare a tanto. O meglio, l'Ale di ora sì, il ragazzino che ero tre anni fa no, non avrebbe mai pensato di poter trovare la persona dei suoi sogni, o quantomeno quella con cui rimanere per ben mille giorni. Sono stati giorni di tutto: di insicurezze, di paure, di bei momenti, di cuoricini che battevano forti, di scazzi, di sorprese, con un'unica certezza. Noi, sempre e comunque. Non c'è mai stato un solo momento, nemmeno il peggiore dei peggiori, io credo, in cui si abbia mai pensato di potersi lasciare. Questo perchè ognuno, nella vita dell'altro, non è un di più, non è una compagnia, non è un generico "tutto". E' qualcosa di più, che va oltre. Siamo dentro l'altro nella stessa misura in cui ognuno di noi lo è per se stesso. Quando sto con lui sono talmente a mio agio che sento spesso di avere di fronte un altro me (meno rompicoglioni e scazzoso, magari), qualcuno che è sempre stato con me (per quanto non vero) e che sempre lo sarà (per quanto sia una speranza, più che una certezza).

Ho divagato, al solito. Buon "millesimo", amore. Come si suol dire "mille di questi giorni". Di nuovo, da capo.