giovedì 23 dicembre 2010

martedì 16 novembre 2010

PAUSA

Per chi si aspettava Bita: mi dispiace, per un po' dovrà continuare ad aspettare. Quanto sarà questo po' non ci è dato saperlo. Nè a me, nè a voi.

Capita che la Vita, quella vera con la v, si faccia sentire di botto, ti dia una spallata talmente forte e frastornante che tutto viene rimesso in discussione, con la fatica che non pensavi si potesse realmente provare. E per la Bita non c'è più spazio, almeno per il momento. Non ho la testa per capire cosa mi sta succedendo ora, non avrei il cuore per ricordare quello che mi è successo tre anni e mezzo fa, davvero no.

E funziona così anche il blog, immagino capirete.

Tornerò quando potrò e vorrò. Intanto grazie per l'attesa che mi avete dedicato e i messaggi qua e là, sono graditi.

mercoledì 3 novembre 2010

LIFECHANGING MOMENTS

Tutti parlano dei momenti in cui la loro vita è cambiata, ricordando l'infinito insieme di coincidenze che ha permesso che succedesse ciò che è successo... "se non fosse andata così", "se quel giorno non avessi preso l'autobus"...

E sono scelte inconsapevoli, che ci troviamo a realizzare solo col famoso senno di poi di cui se son piene le fosse proprio un caso non sarà.

Pensate se quelle scelte di colpo diventassero consapevoli, se ci si trovasse davvero davanti a un bivio, con la consapevolezza di fare una scelta che potrebbe cambiarti la vita. Andare a sinistra, andare a destra. Salire o scendere da un treno. Pensate se foste di fronte a una scelta così e aveste solo poco tempo per decidere e troppe considerazioni da fare.

Vi mancherebbero ancora quei momenti in cui la vita potrebbe cambiare di colpo, qualora ve li trovaste di fronte e vi accorgeste che quella scelta è semplicemente più grande di voi?

Sì, scusate per Bita, qualora non si fosse capito non ho la testa per scriverla... appena posso faccio...

domenica 24 ottobre 2010

AVVISO

L'ottava puntata di Bita (e tutte quelle dopo) andranno in "linea" da lunedì prossimo. Per 'sto giro ci si prende una settimana di pausa.

Se avete commenti (e insulti) sulla prima parte di stagione potete lasciare dei commenti a questo post :)

lunedì 18 ottobre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 7^ PUNTATA

Mentre il mio nome mi riecheggiava nelle orecchie e smettevo di colpo di capire cosa mi stesse succedendo attorno, cercavo di seguire scompostamente l'autrice che mi aveva appena chiesto di rimanerle dietro. Dopo una cinquantina di passi mi trovai di fronte una porta bianca semiaperta. Dietro a quella porta, il corridoio più famoso della televisione, quello con tutte le porte numerate e le vetrate che danno sulle stanzine. Il corridoio della Scuola di Amici. Mi guardavo attorno allibito, incredulo e stordito. Quel corridoio visto mille volte in televisione, in streaming sul computer, e io lì. Mi accompagnò e lasciò nella cosiddetta sala relax, dove altre persone, per terra e attorno a un tavolo, compilavano diversi fogli. Mi fu dato il mio, mi fu fatta una foto da allegare. Il primo bisogno fu quello della pipì. Sì, ho fatto pipì nel bagno della sala relax della scuola di Amici. Il secondo fu quello di chiamare N., che nel frattempo aveva raggiunto D. al suo paese.
"Ehi, indovina un po' dove sono?"
"Eh boh, dove" - rispose distrattamente
"Sono nella scuola, ho passato il primo provino"
"Ah... grande!"
"Sei con D.?"
"Eh sì"
"Vi siete baciati?"
La domanda mi uscì spontanea, senza possibilità di tenerla dentro. Vuoi l'adrenalina, vuoi la paura della risposta, glielo chiesi così, direttamente. Tergiversò, mi fece capire che c'erano andati vicini. E la mia mente uscì da quella scuola per volare parecchi chilometri a nord-ovest, con l'ansia e la solita gelosia che mi dilaniava da dentro, unita al senso di impotenza di non poter fare niente per impedire che succedesse qualcosa.

Il secondo provino arrivò intorno alle nove di sera. Mangiai qualcosa in sala relax, scarti di pizza portataci per l'occasione. Chiamarono il mio nome e seguii l'autore in questione. Il provino si tenne nello studio del sabato pomeriggio, quello che qualche ora prima mi aveva visto superare il primo in mezzo a tantissime persone. Ora no, più nessuno sugli spalti, solo io in mezzo allo studio e una scrivania di fronte a me, con delle persone sedute dietro ad essa. Tanti personaggi variegati. Ne conoscevo buona parte: Raffaella e Lalla Sempio del GF2, autrici storiche di Maria De Filippi, Fabrizio Palma per il canto, Franceschina per la danza, Patrick Rossi Castaldi per la recitazione.
"Ciao Alessandro". No ora, dico. Vi rendete conto i professori di Amici che vi chiamano per nome e vi fanno un provino da soli? Ecco. Cominciamo dal canto. Ma che, davvero davvero state parlando con me? Cantai "Ti scatterò una foto" di Tiziano Ferro. Bene, Palma mi disse che era rimasto impressionato dall'intonazione, che avrei solo dovuto metterci più trasporto. Sì, scusami se sono tipo allibito dal posto in cui sono. Sorvolerei sulla parte di danza, l'imbarazzo mi impedirebbe di chiudere questa stagione di Bita. Recitai un pezzo di recitazione letto su un foglio datomi da Castaldi e ricevetti in quell'occasione il complimento più rumoroso. Ero "portato per la recitazione". Fu tutto così lento e veloce insieme. Lalla mi rimproverò il mio non vedermi convinto.
"Sì, sarà che è un po' un'assurdità vedervi tutti in televisione per sei anni e poi trovarmi di fronte a voi e dovervi perfino rispondere rendendomi conto che state parlando con me".
"Vabbè Alessandro, ci vediamo allo stage, ok?"

Passato. Passato anche il secondo provino. Follia pura. Lasciai la scuola e corsi fuori da Cinecittà senza sapere dove stavo andando. La mia amica e un altro ragazzo che avevo conosciuto il pomeriggio mi videro da lontano e cominciarono a urlare. Mi gettai tra le braccia della mia amica, un'emozione indescrivibile. Per tutto il viaggio di ritorno fino al camping non pensavo ad altro: raccontavo tutto, anche i dettagli più insignificanti, non avevo mai provato niente del genere.

Certo, c'era N., nella sua prima serata e nottata nella città di D., con la possibilità di stare tutta la sera con lui. La mattina dopo mi confermò quello di cui avevo avuto il terrore per tutto il tempo. Si erano baciati, ed era stato bellissimo. Una botta incredibile, a fare da contraltare alla bella giornata precedente. Fu anche il giorno del ritorno a Brescia, con tante cose da raccontare a casa.

Fui richiamato per il terzo provino una settimana e mezza più tardi. La mia amica non poteva accompagnarmi, così venne mia madre. Davvero, ero una di quelle diciassettenni che vogliono fare le veline e si fanno accompagnare ai provini dalle mamme. Con la differenza che mia mamma non era vestita in modo più giovane di me, tutt'altro. La presi soprattutto come un'occasione per passare del tempo con lei, visto che non avevo alcuna aspettativa guardando verso il provino in questione.

Fu di mattina, fui puntuale e mi trovai fuori con gli altri ragazzi cantanti arrivati a quel punto. Dentro la scuola ci divisero in gruppi. Il nostro rimase un po' fermo a parlare nell'aula di danza classica per un'oretta circa, finchè ci chiamarono. Nessun provino individuale, era tutto il nostro gruppo ad essere stato convocato nel solito studio del sabato. Nel gruppo c'erano due ragazzi che sarebbero diventati Antonio Marino e, soprattutto, Tony Maiello della prima edizione di X Factor. Di quest'ultimo, poi anche vincitore di Sanremo Giovani 2010, ricordo la tendenza al silenzio e il cappellino, con l'autore che lo spronava a parlare, a litigare, e lui che non andò oltre delle ottime esibizioni. Evidentemente Amici non faceva per lui.

Nè per me, visto che buttai sostanzialmente via una grossa opportunità che la vita mi pose davanti. Pessima scelta di canzoni e soprattutto pessima attitude in un provino in cui, nemmeno troppo velatamente, veniva semplicemente chiesto di litigare e mostrare carattere. Io, che ero andato lì con lo spirito di chi si sente un miracolato, rimasi sull'educato-andante, rispondendo a domande quali "secondo te come ha cantato lui?" o "come ti posizioneresti in un'ipotetica classifica" con risposte tipo "benissimo, ha una voce eccezionale" o "no, io penultimo o ultimo, loro sono molto più bravi". Inutile dire che la sincerità non pagò, e non fui richiamato. Peccato, ma fu una bella esperienza. E dato che era l'edizione che avrebbe incoronato Marco Carta pensate un po', avrei potuto, da lì a nove mesi, essere io a gridare come un matto "mammaaahovvintuuuu".

Roma era comunque nel mio cuore. Nel giro di un anno, tra gite scolastiche, visite coi miei genitori, provini e fuitine per vedere N., già sei volte ero andato nella città eterna. Una città che mi ha sempre dato tanto, in termini di emozioni e di persone.

C'era N., però, al centro di tutto. E dopo Giugno furono lunghi i mesi a venire. La gelosia aumentava, le occasioni di vederlo diminuivano in modo inversamente proporzionale ai litigi e alle discussioni. Se da un lato non avevo più occasioni per rivederlo, dall'altro avevo la forza di un'infatuazione che era diventata ossessione e malattia. E fu quella forza assurda e inarrestabile che mi spinse, nei primissimi giorni di Agosto, a fare la pazzia più grande di sempre.

(continua)

sabato 16 ottobre 2010

QUELLA STRONZA DELLA BALLERINA

Lo prometto, utenti-non fan di Bita, presto il blog tornerà ad essere aggiornato anche in giorni diversi dal lunedì mattina.
Ad esempio. Solo io odio questa stronza che compare in ogni sito web e che gira in senso... ecco, il punto è quello, in che direzione la vedete girare voi?

Il problema di sta stronza è che è un'illusione ottica. La ballerina gira effettivamente in entrambe le direzioni, a seconda di come la si guarda. E' la cosiddetta figura ambigua, come quella della vecchia e della giovane che si nascondono dietro a questa immagine.

Il problema è che fino a qualche giorno fa io la vedevo girare sempre in senso orario (il che non vuol dire niente, non credete alla teoria dell'emisfero del cervello dominante). Il trucco, in effetti, è coprire la parte superiore della stronza con la mano e fissare solo le gambe... guardando la gamba che gira (quella sollevata in aria, per intenderci) e immaginando che passi dietro quando eravamo abituati a vederla passare davanti e viceversa, il giro cambierà posizione e togliendo la mano anche la ballerina si sarà adeguata all'altro giro.

E con un po' di allenamento riuscirete a farla girare in entrambi i sensi quando vorrete. E con ulteriore allenamento potrete anche farla cadere a testa, sanguinante. Giuro.

lunedì 11 ottobre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 6^ PUNTATA

Il mese che venne dopo la tempesta di fine Aprile lo ricordo abbastanza distintamente. Ricordo frequenti litigi tra me e N., ricordo la mia totale alienazione dai normali rapporti umani con amici e conoscenti. Chiuso in casa in ogni momento in cui potevo, cercavo anche di evitare i viaggi a Milano, per quanto possibile, visto che ero impossibilitato a rimanere al pc e, quindi, a parlare con lui. La situazione si estese di fatto anche al rendimento universitario: cominciai a rimandare esami, a rinunciare ad appelli che probabilmente mi avrebbero risparmiato l'anno fuori corso che è poi arrivato puntuale prima della laurea. Tutto per lui, per N., per potergli parlare, su messenger o via sms. Raramente per telefono. In quel periodo cercammo di rielaborare tutto ciò che era successo in quel letto, a fine Aprile. Parlammo del lato sessuale, cercammo di dare spiegazioni e darci nuove accezioni di amicizia che non esistevano in natura, ovviamente. Eravamo "migliori amici con attrazione", ma null'altro, visto che il suo rapporto con D. andava a gonfie vele e visto che tra di noi "non ci potrebbe mai essere nulla di più". E gli davo ragione, per paura di perderlo. Mi ero davvero auto-convinto di non volere niente di più da lui, che volevo solo essere suo amico, e che ciò che era successo poteva capitare, c'era attrazione, ma nulla di più. Poi, però, quando venivo a conoscenza del fatto che lui e D. si erano sentiti per telefono, o quando leggevo qualche messaggio personale dedicato al suo pseudo-ragazzo, stavo male per ore intere.

L'occasione per rivedersi fu Giugno. Io sarei sceso a Roma, udite udite, per fare un tentativo coi provini di Amici, che iniziava in quei giorni i preparativi per la sua settima edizione. Provai pure l'anno prima, ma tutto si infranse dopo dieci secondi in cui reggevo quel microfono più grande di me. E comunque no, bastava vedere come andai conciato, per farmi capire che avrei dovuto desistere subito, in quel 2006. Ma il 2007, come detto, poteva e doveva essere una nuova occasione. Convinsi la mia "amica di canto" di sempre, e fissammo la data del provino. Ovviamente, fu il pretesto per attaccarci qualche giorno con N. Lei ci avrebbe raggiunto solo dopo un paio di giorni dopo, in occasione del provino.

La solita doccia delle 6, il solito treno con le solite fermate e il solito trolley pieno di vestiti e speranze che quella volta fosse diverso. I soliti messaggi sul cellulare a raccontarci l'emozione della notte prima, delle ore prima. Quella volta, però, qualcosa fu diverso. Mentre il mio iPod mi teneva compagnia in quel viaggio in solitaria verso Roma, guardando il cellulare in attesa di suoi messaggi che non stavano più arrivando da un po' di tempo, vidi una telefonata di Fra di Roma. Anche quella volta, lei ci aspettava a braccia aperte, per passare un po' di tempo con noi, essendo bene a conoscenza di quanto il mio sentimento per N. stesse crescendo giorno dopo giorno. Risposi.
"Ohi Ale, tutto bene il viaggio?"
- Sì sì, tra un paio d'ore ci sono
"Caspita però, che sfortuna che ha avuto N..."
Mi si gelò il sangue, non sapendo di cosa stava parlando. Fu quindi lei, stupita, ad avvisarmi che N. non era sul treno che lo avrebbe dovuto portare a Roma, ma in stazione a Foggia, ad aspettare di informarsi per sapere se ci fosse qualche altro treno che gli potesse permettere di arrivare nella capitale prima di sera. Semplicemente, arrivato a Foggia dopo un'oretta di pullman, N. aveva clamorosamente sbagliato treno, accorgendosene dopo un paio di fermate e scendendo alla prima fermata disponibile per cercare poi di tornare a Foggia.

Crollai. Stavo andando da solo a Roma, ri-litigando con i miei genitori che non concepivano questo atteggiamento morboso a quello che doveva essere solo un amico (eravamo in pieno coming out, loro speravano ancora in un mio cambiamento), affrontando per conto mio tutte le difficoltà e tutte le responsabilità del caso e lui che faceva? Sbagliava treno, si dimostrava ancora una volta inadeguato, incapace di vivere e di cavarsela da solo, lasciandomi completamente per conto mio, nella città più grande d'Italia. E in più, senza nemmeno dirmelo. Messo giù il telefono, lo chiamai e lo insultai in ogni lingua. Sei un idiota, non sai stare al mondo e non hai nemmeno avuto le palle di dirmelo. Quei giorni cominciavano nel modo peggiore possibile.

Non ci sentimmo più, arrivai a Roma e Fra venne a prendermi in stazione. Rimanemmo un po' lì a parlare, io non calmavo la mia delusione, ma ebbi la possibilità di sfogarmi. Restammo così un po' di ore, finchè lei dovette tornare a lavoro e io cominciai a dirigermi, da solo, verso il solito camping, gli stessi bungalow dove meno di due mesi prima era successo tutto. Metro, autobus, andai un po' ad occhio, un po' chiesi a Fra. Ci arrivai, carico di valigie e solo, a fare check-in anche per lui, spiegando che era una camera per due ma che lui sarebbe arrivato 'dopo'. Per dei 'problemi'. Entrai da solo nel bungalow. Tutti quei momenti che mi ero immaginato vivere con lui, un film che non si sarebbe mai svolto. Misi a posto le mie robe e rimasi da solo, con la valigia semi-aperta e un silenzio che mi faceva malissimo.

Mi chiamò un'utente del mio sito, che spesso mi aiutava a gestire i forum e molte volte mi era stata vicina nei problemi coi miei e in quelli annosi con N. Ascoltò il mio sfogo, finchè dandomi i suoi soliti consigli mi fece scoppiare a piangere in modo disperato. Non era quello che mi aspettavo di vivere, non era giusto che fosse così. Mi lasciò sfogare, mi consolò, ma io non mi placavo nemmeno un po'. Piansi ancora più disperato, mentre lei, inerme, mi disse "ti prego, Ale, calmati, non sai quanto mi fa star male sentirti così". Ma l'unica persona che poteva calmarmi era chissà dov'è, chissà se in viaggio, chissà se in procinto di raggiungermi. Non si era più fatto sentire. Mi tenne compagnia un'ora, quella voce amica, che non ebbi mai modo di vedere nemmeno in fotografia. Lei ora non c'è più, un tumore se l'è portata via nei primi giorni di Marzo di quest'anno, poco dopo la fine del 'suo' Grande Fratello. Non avevamo più buoni rapporti, ma quella telefonata con lei (insieme ad altre) mi è rimasta nel cuore, e mi sarebbe piaciuto che lo sapesse.

Ricevetti un messaggio di N. nel tardo pomeriggio. Diceva che aveva trovato un treno, chiedeva se lo potessi andare a prendere in stazione. Manco a dirlo non ci pensai nemmeno, non gli risposi. Arrivò per l'ora di cena, poco prima che Fra ci venisse a prendere per andare a mangiare. Non lo degnai di uno sguardo, lui non mi parlò, entrando nel bungalow. La situazione era surreale. Si preparò velocemente, io andai direttamente alla macchina di Fra prima di lui. Non parlammo per tutta la cena, Fra cercò di smorzare la tensione, ma fu una cena quantomeno imbarazzante. Ci riaccompagnò al bungalow e fermò la macchina davanti al camping, chiedendo di parlarci, ricordandoci che avevamo poco tempo e che era stupido sprecarlo così. Ringraziandola, uscimmo dalla macchina e andammo al bungalow.

Silenzio, ancora e sempre più forte. Non mi parlò, non gli parlai. Io andai nel mio letto e lui nel suo, in silenzio. Manco a dirlo, fui io a romperlo. Lui rispondeva a monosillabi, mi accusava di non averlo capito, che si sentiva sperduto in mezzo al nulla e non sapeva cosa fare, che io avevo solo saputo incazzarmi e riempirlo di parolacce. Non seppi rispondergli, riuscì perfino a farmi sentire in colpa. Fu in quell'occasione che mi informò che dopo quei tre giorni assieme sarebbe sceso da D., nelle marche, per passare almeno 24 ore da solo con lui. Mi incazzai a morte, gli dissi che ero stufo di essere l'antipasto al piatto principale, ma poi cedetti. Avevo bisogno fisicamente di un suo abbraccio, era l'unica cosa che mi avrebbe potuto far stare meglio. E anche lui lo voleva, ma non avrebbe mai osato chiedermelo.

Avvicinai il mio letto singolo al suo, lui mi fece posto e ci abbracciammo, come un mese e mezzo prima, come se il tempo non fosse passato. Tra coccole e abbracci ci addormentammo, salvo svegliarci qualche ora dopo e lasciarci andare al solito ormone, che io ero bravo a scatenare e lui era meno bravo a celare. Ancora una volta si ripetè quello che già era successo ad Aprile, ma stavolta lui non presentò nessun senso di colpa alla fine. Ci rivestimmo e basta, come se niente fosse.

La mattina dopo arrivò la mia amica. Andammo a prenderla in stazione, mangiammo qualcosina assieme al McDonald's di Termini e tornammo al bungalow. La sera rimanemmo tutti assieme, con Fra, per una cena serena, che mi ricordò quella del venerdì di aprile. Tornammo tutti e tre nello stesso bungalow: la mia amica dormiva sopra N., io e lui sotto, ma in letti separati. Tuttavia, dopo qualche ora, non resistetti e andai nel letto di N., per qualche abbraccio dell'ultimo minuto. Ci scrivemmo sul cellulare, non potendoci parlare, tante cose dolci che mi rasserenarono nonostante il giorno dopo, ne ero cosciente, lui avrebbe rivisto D. Da soli. A casa sua.

La mattina del provino fu più fredda del solito. La sveglia anticipata, la tensione, la non-voglia di salutare N. Lo dovetti fare in metro, mentre lui scendeva a Termini e noi proseguivamo fino a Cinecittà. Cercai di trattenere le lacrime, mentre le porte si chiudevano e io rimanevo da solo, con la mia amica, a cercare di concentrarmi per il provino. Arrivammo puntuali fuori dai cancelli di Cinecittà, in attesa di poter entrare. Mi arrivò un messaggio di N., che mi citava una canzone, ancora una volta.

"io vorrei darmi da fare
forse essere migliore

farti scudo col mio cuore
da catastrofi e paure"
[Bruci la città - Irene Grandi]

Sorrisi al messaggio. Mi concentrai sul provino, cercando di non pensare al fatto che lui, da lì a poco, avrebbe visto D. Entrammo e ci preparammo per il provino. Tra le canzoni tra cui scegliere, optai per Moondance di Bublè. La cantai, mi venne anche relativamente bene. Il mio gruppo uscì dallo studio, in attesa del verdetto. Uscì l'assistente di studio, io ero tranquillo, avevo già vissuto quella fase ed ero pronto ad un normalissimo "grazie di averci provato". Invece lei chiamò il mio nome: "Tommaso e Alessandro vengono con me, gli altri grazie". Rimasi allibito, non reagii neanche. La mia amica uscì in quel momento, mi venne incontro e si rese conto della situazione, urlandomi: "Aleeeee sei passatoooo! Grandeeee". Ancora stordito, seguii l'assistente di studio e mi trovai di fronte la scuola. Lì, subito dietro allo studio, c'era la scuola di Amici. E io ne stavo per varcare la soglia. Stavo entrando nella Scuola di Amici.

(continua)

lunedì 4 ottobre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 5^ PUNTATA

Io sbuffavo, lui sbuffava. I suoi occhi si erano fatti lucidi, mentre mi guardava in attesa della prima mossa. E io attendevo la sua, perchè non era giusto fossi io a farla. Illuso. Lo guardavo mentre le nostre canzoni scorrevano in riproduzione semi-casuale, ripetendosi di quattro in quattro.

Sei come vorrei che fossi io,
amore mio, senza paure,
fai sempre di me quello che vuoi
a modo mio senza rancore
se cado giù sei mia
risalgo e tu sei mia
lascia che sia come vorrei
ogni mio istante
[Ogni mio istante - Negramaro]

Poi fui io. Alzai la testa e il bacino, mi chinai verso di lui. Mi guardava con un'atarassia quasi irritante; ci avrei messo un po' ad identificarla come paura. Come suo modo di incanalare la paura. Lo guardai e lo abbracciai. Lo abbracciai forte, mettendogli il mento sulla spalla. Poi, come se le due cose fossero naturalmente collegate, cominciai a piangere a dirotto. Le lacrime scesero spontanee e assolutamente dirompenti. N. cercava di calmarmi, mentre io piangevo sempre più disperato, sciogliendo a quel modo la tensione di quell'ora senza abbraccio. Si commosse anche lui, mentre io piangevo e, pian piano, mi calmavo. Andammo avanti così, in quell'abbraccio umido di lacrime, mentre le nostre quattro canzoni ripartivano una dietro l'altra, per un tempo non troppo precisato. Quando subentrò il dormiveglia, rimanemmo abbracciati, vicini e stremati. Ci svegliammo qualche ora dopo, decidendo di metterci a letto seriamente, ma rompendo in modo fastidioso quella cosa perfetta che si era creata. Ci mettemmo il pigiama e ci preparammo per andare a dormire.

Quella notte è rimbalzata nella mia testa per mesi, se non anni. Le coccole proseguirono e si fecero fisiche. Lui rispose positivamente alle mie carezze, io pure. Raggiungere il passo successivo fu un attimo, e l'affettività diventò attrazione. Sfogato il momento, ci sedemmo sul letto, in silenzio. Lui era sconvolto, ammise di sentirsi una merda, perchè da lì a poche ore avrebbe visto D., il ragazzo con cui flirtava da mesi e con cui si diceva pronto a cominciare una storia, e intanto era successo quello che era successo con me. Pianse, si alzò incazzato nero, sfogando la sua rabbia con varie sigarette fuori dal bungalow. Io rimanevo dentro, incredulo e confuso.

La mattina dopo risuccesse, praticamente uguale, ma con meno drammi. Mi tenne il broncio, quello sì, e la situazione rimase uguale anche per tutta la giornata. Verso sera andammo in centro per prendere il regalo per Fra, che da lì a poche ore avrebbe compiuto gli anni. Lo facemmo senza parlare, in metro senza parlare, in centro senza parlare, nel negozio di profumi senza parlare. Il broncio rimase circa fino a sera, quando Fra e una sua amica ci vennero a prendere, per una seratina tranquilla in zona Pincio. La serata si svolse in modo perfetto, fu divertente, rilassante, l'aria primaverile dava quasi uno scorcio di caldo. Fu perfetto, tutto. Poi ci riaccompagnarono al bungalow. Tempo di prepararci, abbracciarci, e la storia si ripetè uguale. Meno scene questa volta da parte sua, nonostante l'arrivo di D. fosse a quel punto previsto poche ore dopo.

Quel sabato che non avrei mai voluto arrivasse arrivò puntuale, e con esso tutti i presenti al raduno-compleanno di Fra. 4-5 persone (tra cui D.) arrivarono una dopo l'altra in stazione. Quando fu il turno di D., lo odiai da subito. Odiai il suo non trovarci al binario, il suo andare verso il fondo del treno invece che verso l'inizio del binario, odiai tutto di lui. Capii solo dopo che si trattava della prima vera forma di gelosia. Due chiacchiere con tutti e ripartimmo verso il camping, dove cominciò il peggio di quella quattro giorni. Come previsto, dovetti lasciare il bungalow dove ero rimasto due giorni, visto che D. avrebbe preso il mio posto, il mio letto dove avevo passato le ore più belle di sempre. Entrai nel bungalow da solo, prima che arrivassero gli altri. Presi le mie robe e notai le carte di Uno, con le quali avevamo giocato fino a poco tempo prima. Con le carte composi un "56" sul suo letto. D. non avrebbe potuto capire, N. sì, visto che quando mi scrisse "7V8" al posto di "TVB" in un messaggio, gli chiesi se intendeva dire "sette volte otto". Da lì, quel 56 che per noi assunse un significato unico.

Lasciai, a malincuore, il bungalow, andando dagli altri. Dopo la festa di Fra, tornati al bungalow per la notte, passai alcune delle ore più brutte della mia vita. Faticai a prendere sonno, sapendo che quei due ora erano nella stessa posizione in cui io ero fino a poche ore prima, pensando le stesse cose e soprattutto provando le stesse cose. Mi odiai per aver concesso quel cambiamento di letti, per aver abbandonato N. proprio quando cominciavo a capire di provare per lui più di una semplice amicizia. La mattina giunse rapida. Mentre il cellulare segnava le 7 e gli altri nel bungalow dormivano, io ero sveglio, attanagliato dal freddo. Non il freddo di una normale domenica mattina di fine aprile, ma il freddo terrore che ti coglie quando la persona che ami è lontana da te. Con qualcun altro. A pochi passi da te. Senza possibilità di far niente.

Dopo mezz'ora a rigirarmi nel letto, mi misi le scarpe e uscii dal bungalow. Così, come ero, in pigiama e con le scarpe. Feci la strada fino al bungalow di N. e D. mentre una vecchietta mi fissava incuriosita da un bungalow vicino. Mi avvicinai alla porta. Provai a vedere qualcosa dalla finestra, ma le tende erano tirate. Allora andai sul retro. Sgusciai tra il loro bungalow e quello vicino. Arrivai sul retro, ma l'unica zona in cui la tenda della finestra non era tirata era appannata. Sgusciai sotto, e li sentii parlare. Mi sporcai il pigiama di terra, ma mi interessava solo sentirli, in che posizione potessero essere. Ed erano vicini, ma non capivo cosa dicessero. Sentivo sussurrare, morivo dentro.

Capii che non potevo rimanere lì e me ne tornai silenzioso nel mio bungalow. A pranzo io e N. litigammo, mentre il resto delle persone ci attendeva per pranzo. Litigammo nel bagno di Fra, che ci ospitava a mangiare, mentre io lo accusavo di avermi ignorato da quando D. era comparso nel gruppo, di avermi tenuto come antipastino in attesa della portata principale. Ero deluso, confuso e affranto. I quattro giorni che attendevo da tempo mi lasciavano turbato e con un sapore d'amaro in bocca, per la conclusione. Da Fra lo minacciai: "se accompagni D. in stazione, poi non accompagni me". Lo accompagnò in stazione, giustamente, per salutarlo. Io rimasi a casa di Fra, il mio treno partiva più tardi. Quando fu il momento di andare per me, venne anche lui, nonostante le stupide premesse e minacce.

Salutai Fra, abbracciandola forte. Poi salutai lui, che si commosse. Saltai sul treno delle 15.45 per Bergamo (che fermava a Brescia, of course), presi posto e... cominciai a piangere. Ancora più disperato di tre sere prima, sfogando il convulso nervosismo delle ultime ore. Di fronte a me una suora aspettò quindici minuti (in cui non mi calmai di una virgola) prima di azzardarsi a chiedermi perchè piangevo. Quando le dissi che era per un ragazzo anzichè per una ragazza, partì una discussione infinita che perlomeno mi tolse dalla tristezza del momento. Col ritorno a casa delle 21.30 si chiudevano ufficialmente quei quattro giorni folli a Roma.

Più confuso che mai, più geloso che mai, attesi Maggio con la consapevolezza che qualcosa stava cambiando, che il mio rapporto con N. stava cambiando in una direzione che poteva solo peggiorare tutto. Mentre i litigi aumentavano, aumentava anche la voglia di stare con lui. L'occasione avvenne a Giugno, mentre a San Siro l'unica cantante per cui ucciderei faceva il concerto della vita sotto la pioggia, io mi accingevo a rivederlo e a vivere un'altra emozione senza precedenti, quella di varcare la soglia di un edificio visto prima di allora solo in televisione...

(continua)

domenica 3 ottobre 2010

LIBRERIA - THE END

Mi avevate letto a metà giugno, distrutto dopo le prime ore di lavoro e deciso a mollare baracca e burattini senza nemmeno mangiare il gavettone (l'equivalente ferragostiano del panettone, of course). Poi mi avete visto stringere i denti e resistere, che in fondo è solo fino a fine settembre, e si mette via qualche soldino. Poi, semplicemente, non mi avete visto più.

Settimana scorsa, dopo due mesi e mezzo che mi hanno praticamente assorbito tutto il giorno tutti i giorni (con la pausa in un Agosto di cui tutt'ora metto in dubbio l'effettiva esistenza), è finito il mio impegno in libreria.

Le due settimane di 'scolastica', come si chiama quel periodo che parte il primo giorno di apertura delle scuole e si esaurisce dopo 14 giorni, sono state due delle settimane più dure della mia vita. E' stata un'esperienza formativa, per quanto non possa esattamente risaltare in un'eventuale messa a curriculum, praticamente il primo vero faccia-a-faccia con il mondo del lavoro. Ma vediamo tratti sparsi di queste due settimane semplicemente folli.

Il team
Non sembrava, ma eravamo un team affiatato e, soprattutto, numeroso. Oltre alle creature mistiche già presentate, hanno fatto la loro comparsa le cassiere. Che, voglio dire, un eterosessuale avrebbe apprezzato di brutto. Invece loro hanno apprezzato me; gli son stato simpatico sostanzialmente subito, e non è stata una brutta mossa da parte mia. Farti amiche le cassiere (e intendo tutte e tre) significa anche un poderoso aumento di profitti, significa che le simpatiche ragazze segnino a te guadagni portati a casa da altri (si lavorava a provvigione), significa aiuti di ogni sorta ma soprattutto un notevole riscontro economico. D'altro canto, sono andato d'accordo sostanzialmente con tutti, non ho avuto un singolo litigio o una singola incomprensione con nessuno per tutto il mese, e ciò ha giovato, oltre nel non avermi appesantito la situazione, anche per quanto riguarda l'autostima.

Gli orari
Folli. Ma dico folli davvero. Si cominciava alle otto, si serviva il primo cliente, facendo il giro della libreria nei vari settori didattici per completare il più possibile la sua lista-libri, andando in prima sala, dietro al bancone, appesi a quattro metri d'altezza, in seconda sala, in cantina, nell'anti-cantina, sulle scale, in terza sala e poi, con la pila di libri, dalla cassiera per il conteggio totale. E via con il cliente successivo, in una corsa senza sosta per poter guadagnare il più possibile. E soprattutto così via fino all'una e mezza, per una sacrosanta ora di pausa che, sostanzialmente, durava meno di quaranta minuti. E poi ancora via così, dalle 14.30 ad un più che folle otto di sera, fino alle otto e mezza per sistemare i libri in giro e calcolare il guadagno della giornata. Tornare a casa a un quarto alle nove, dopo quasi dodici ore di lavoro senza fermarsi un attimo, è un'esperienza da non augurare. In quelle due settimane io sono davvero stato più di là che di qua.

Il sabato alcolico
Il primo sabato, quello al termine della prima settimana di scolastica, per intenderci, una non meglio precisata tradizione ha stabilito che nell'anticamera della cantina, tra greco e spagnolo, avrebbero dovuto esserci bottiglie di limoncello e sambuca, per rendere meno noioso il giorno prima della meritata pausa domenicale. Risultato: ad ogni discesa in cantina (in media due volte ogni dieci minuti) si beveva qualche bicchierino, finchè le bottiglie non sono finite e io, già brillo, sono stato mandato a prenderne altre. Praticamente ubriaco, ho cominciato a vedere doppio, a salire sulle scale e a vedere buffi elefantini rosa al posto dei Moduli di Lineamenti di Matematica della Dodero, a ridere in faccia ai clienti e, soprattutto, a vendere meno delle cassiere. Che è dura, visto che non vendono nulla e son lì solo per fare i conti con le calcolatrici. Un guadagno misero, ma un pomeriggio divertentissimo a urlarci contro da una stanza con l'altra, facendo casini e facendo sempre il solito lavoro, ma capendo la metà.

La rivoluzione
L'ultimo venerdì, a due giorni dalla fine di tutto, c'è stata da parte nostra una sorta di ribellione. Vedendo che i guadagni calavano (e con essi il senso di lavorare a provvigione, cioè farsi un culo quadro per rischiare di prendere di meno di quanto avremmo preso all'ora), e vedendo che spesso venivamo relegati a lavori di sistemazione, che quindi svolgevamo gratis, visto che in quel periodo di tempo non si vendeva niente, abbiamo cominciato a lamentarci e a chiedere di essere pagati all'ora da lì in avanti. Incrociando le braccia, abbiamo trovato da parte di Old Turtle un simpatico muro contro muro che sembrava avrebbe potuto chiudere la settimana lavorativa in anticipo. Poi tutto si è sistemato e si sono fatte anche le restanti quindici ore (fino alla sera dopo, in cui effettivamente è finito tutto), ma è stato simpatico anche questo piccolo excursus sindacale. Specialmente quando sei pagato in nero senza la minima forma contrattuale.

La sensazione di guardare la libreria da lontano il primo giorno dopo la fine del lavoro
Impagabile.

E' stata una delle esperienze più dure e logoranti della mia vita, ma posso dire che ne è valsa la pena, e che sono quasi orgoglioso di me. E non è cosa da tutti i giorni, ve lo assicuro.

lunedì 27 settembre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 4^ PUNTATA

Il compleanno della Fra cadeva, come ogni anno, il 21 di Aprile. A dispetto degli altri anni, però, il suo desiderio era quello di passare il giorno più importante dell'anno in compagnia di tutte quelle persone che arricchivano le sue giornate su msn. Parallelamente a me, anche lei aveva infatti cominciato ad abbandonare la sua vita, le sue abitudini e la sua realtà per dedicarsi completamente a degli sconosciuti con cui poteva avere a che fare solo battendo i tasti di un computer. Capitava così che Fra arrivasse a casa del suo ragazzo e, ancora prima di salutarlo, chiedesse la possibilità di usare il computer, rimanendoci attaccata per metà serata. Capitava, e capitava anche a me, di tornare a casa e, ancora col cappotto addosso, accendere il pc, inserire la password, aprire messenger. Non c'era Facebook, all'epoca. Ci fosse stato anche quello, con tutto il suo complicato sistema di regole non scritte fatte di "mipiace" e commenti, ne saremmo probabilmente usciti ancor più con le ossa rotte. Però c'era msn, con le sue faccine in sostituzione di quelle che nella realtà non si poteva rendere, c'erano i messaggi personali, i nickname colorati e il mio sito, nella cui chat ci si poteva riversare fino a notte fonda. L'abitudine di rimanere sveglio fino a tardi cominciò in quel periodo, insieme alla costante compagnia del telefonino prima di addormentarsi e come prima cosa da guardare appena sveglio. Dopotutto, i 100 sms al giorno con N. da qualche parte dovevano pur cominciare, così il suo ultimo messaggio della notte (andava a dormire ben dopo di me, quando era quasi mattina) era la prima cosa che leggevo, il mio primo della mattina era il suo primo e così via, fino alla notte successiva, interrompendoci solo quando potevamo parlare direttamente su msn.

Nè io nè Fra ci rendevamo davvero conto di quello cui stavamo andando incontro. Lei, reduce da una storia di parecchi anni col suo ragazzo, cominciava a vacillare e distrarsi, convinta che quel mondo virtuale fosse una sorta di eden miracoloso che finalmente l'aveva nuovamente infusa di vita, mentre la normale routine 'reale' col suo solito fidanzato poteva e doveva venire dopo. Il suo compleanno fu l'occasione per riunire la truppa e, per me e N., di vederci.

Mi ricordo che ci fu una lunga telefonata, durante un mio ritorno in treno da Milano, in cui finalmente potemmo sentirci con calma e senza affidarci ad un font scritto in un modo e letto in un altro. Quella è, a tutti gli effetti, una delle poche telefonate, insieme alla prima, che ricordo con chiarezza. Fu nel corso di quella telefonata che, parlando del compleanno di Fra in programma di lì a poco a Roma, proposi di passare qualche giorno assieme oltre alla notte già decisa. Fui sorpreso di sapere che anche lui aveva avuto lo stesso pensiero. Prima? Dopo? Quando e in che modo potevamo vederci? La difficoltà, stavolta, non era rappresentata solo dai miei genitori, a cui non avrei davvero più potuto mentire come feci a febbraio, ma anche dal fatto che nel maxi-raduno per il compleanno avrebbe fatto la sua comparsa anche D., ossia il fantomatico pseudo flirt - pretendente di N. Il raduno sarebbe stato il loro primo incontro, ma la priorità di N. era di passare qualche giorno in più con me. Decidemmo di cominciare il nostro weekend di giovedì, passare due giorni interi assieme fino a quando, sabato, saremmo stati raggiunti dagli altri per festeggiare il compleanno di Fra. D., quindi, avrebbe visto N. dopo i nostri due giorni assieme.

Convinti i miei genitori, era venuto il momento di partire. Dopo la consueta doccia calda delle cinque e mezza, presi puntuale lo stesso treno che due mesi prima mi aveva portato a Roma la prima volta, durante quella due giorni abbastanza fredda e alla volta della fretta e del poco parlare. Il treno arrivò puntuale in stazione e, ancora una volta, prima del suo. Lo attesi al suo binario - avevo acquisito una certa dimestichezza - e lo vidi spuntare, alto come l'avevo lasciato, con quello sguardo un po' imbarazzato e fuggevole quando si trovava in mezzo a grandi folle. "Ciao", sorridemmo insieme. Poi, come una furia, Fra mi piombò addosso, da dietro, abbracciandomi e baciandomi. Quella era la prima vera volta in cui la incontravo, visto che a Febbraio lei era stata solo la 'scusa' per andare a Roma. Emozionatissima, mi strinse in un abbraccio lungo secoli, salvo poi staccarsi e abbracciare anche N. Seppi solo in seguito che Fra era arrivata in stazione prima di N., che mi aveva già visto da lontano, ma che aveva deciso di aspettare a venire lì perchè "era giusto che prima ti vedessi con lui". Mangiammo al McDonald della stazione Termini, tutti e tre assieme. Ero arrivato.

Ci accompagnò al camping dove avremmo soggiornato nei successivi quattro giorni. Ci lasciò lì e tornò a lavoro, mentre noi sbrigammo la burocrazia alla reception e prendemmo possesso del bungalow. Piccolo, con due letti singoli abbastanza bassi e delle coperte all'insegna del minimalismo più assoluto (per non dire squallore). Eppure, mi pareva un sogno. Al B&B di Febbraio vivevo tutto con ansia e fretta, come se fosse tutto di passaggio e destinato a durare il tempo di una puntata di Amici. Qui si poteva fare con calma, ci attendevano 4 giorni e i primi due sarebbero stati tutti per noi. Da soli.

Dopo l'incontro di Febbraio, io e N. parlammo molto del fatto che l'unico contatto fisico fosse stata una stretta di mano poco prima della ripartenza. Intendiamoci, nessun doppio senso, in fondo eravamo solo "migliori amici". Semplicemente entrambi sentivamo la necessità di un abbraccio che sancisse il grado di intimità crescente, la voglia di scoprirsi anche fisicamente e far sentire all'altro un calore che non poteva più di tanto trasparire dalle conversazioni su msn. Poco dopo essere arrivati al bungalow, D. lo chiamò. Proprio nel corso di quella telefonata gli feci cenno di unire i due lettini, per farne uno solo matrimoniale. Lui eseguì annuendo. Ne avevamo parlato, anche di questo, di quanto sarebbe stato bello dormire vicini e di come sarebbe stato l'ideale un letto matrimoniale. Proprio noi, che non avevamo mai baciato un ragazzo. Proprio lui, che da lì a due giorni avrebbe rivisto D.

E dove sarebbe rimasto D., l'avete già capito? Beh, ovviamente il posto di D. per il sabato notte sarebbe stato lo stesso mio del giovedì e del venerdì. Sostanzialmente avrei dovuto lasciare il mio posto a D. cambiando bungalow solo per una notte, andando a dormire con altri protagonisti del raduno-compleanno di quei giorni. Era una sensazione che mi dilaniava dentro: avevo voglia di star con lui e avevo tempo per farlo, ma il fantasma di D. si faceva forte nella mia testa, ricordandomi che io ero solo l'antipasto, che il piatto forte sarebbe arrivato sabato, che non dovevo farmi strane idee. Che N., in fondo, aspettava solo di poter stare con lui.

Poche ore prima della partenza, infatti, N. mi dedicò due canzoni. Tangled, dei Maroon 5, e Love me like there's no tomorrow dei Queen.

You had to go and ruin all our plans
Packed your bags and you're leaving home
Got a one-way ticket and you're all set to go
But we have one more day together, so
Love me like there's no tomorrow
Hold me in your arms, tell me you mean it
This is our last goodbye and very soon it will be over
But today just love me like there's no tomorrow

[Love me like there's no tomorrow - Queen]

Il giovedì pomeriggio scivolò lento, tra una telefonata e un po' di racconti di viaggio, senza trascurare un po' di pettegolezzi sulle persone che da lì a poco sarebbero arrivate per festeggiare Fra. Poi si fece sera. E capimmo che era il caso di cenare, dopotutto. Ma come, dove e in che modo? Il camping si trova infatti in una zona di Roma abbastanza remota, praticamente sull'Aurelia e molto lontana da ristoranti, bar o locali similari. L'unica cosa vagamente somigliante ad un punto ristoro era il supermercato dall'altra parte della strada.

Della spesa al supermercato ricordo praticamente tutto. Comprammo molto junk food: merendine a casaccio, un 'tartufo nero' che sarebbe dovuto essere il dolce, patatine e un po' di bibite. Pure dell'alcool, ma ne bevemmo mezzo bicchiere a testa. Ricordo il settore vestiti, ricordo quanto mi faceva strano essere così lontano da casa con lui, in un supermercato. Prendemmo quello che c'era e tornammo nel bungalow, che si erano fatte ormai le 21. Sgranocchiammo qualcosa, bevemmo ancora meno e ci rimettemmo sui letti, sdraiati. Io guardavo il soffitto, lui pure. Sbuffavamo. Sbuffavo, lui pure. Mancava solo il fatidico abbraccio, ma nè io nè lui volevamo fare il primo passo. E mentre i minuti passavano, nessuno dei due faceva mezza mossa. Cominciammo ad ascoltare un po' di musica, finchè partì 'la nostra canzone'.

Basta coi tuoi sogni
Libera il tuo cuore
Da quelle paure
Che non ti fanno vivere.

Serve più calore
Basta col dolore
Che ti toglie il sonno e l'anima

Per poter provare
Tutta l'emozione
Per donare amore e riceverlo
Guarda che ci sono
Sono qui vicino a te.

RIT: E anche se non puoi
E anche se non mi vuoi
Io non forzero'
Quello che sei non si può scrivere
E' troppo forte, più grande di me
Ma nella mia mente
Per le mie mani
Resti comunque la cosa più bella che c'è

Quando senti il cuore
Che fa quel che vuole
Quando un giorno muore e non sei qui

Ho bisogno ancora
Delle tue parole
Della sensazione più semplice

Ora che sto bene
Che dormiamo insieme
E la notte vola vicino a te
Non so respirare
Se tu non respiri su di me.

[Per le mie mani - Luca Dirisio]

Non so respirare / se tu non respiri / su di me. I miei occhi guardavano i suoi, i nostri respiri erano davvero vicini. Poi alzai lievemente la testa, lui spostò lo sguardo per adeguarlo al mio. E di colpo, come se non avessimo mai fatto altro in tutta la nostra vita...

(continua)

lunedì 20 settembre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 3^ PUNTATA

Verso fine dicembre, io e N. seguivamo con buona assiduità un gioco su un forum che si richiamava alle regole de La Talpa e vedeva parecchi "nickname" sfidarsi a colpi di post e prove per individuare chi era, tra loro, il traditore. Abbellito da una grafica accattivante a fare da contorno, nella homepage spiccava, su tutte, la foto di un concorrente. D., con quel nome 'mozzato' che fa un po' Voglio dare a mio figlio un nome inglese ma non saprei scrivere correttamente Michael, era oggettivamente un bel ragazzo. Dopo esserci scambiati qualche idea sulla di lui beltà, riuscimmo entrambi ad entrare in possesso del suo contatto personale. Io, in particolar modo, provai a premere un pochettino sull'acceleratore, provandoci, si fa per dire, buttandogli lì qualche mezza frase volta a capire la sua sessualità. Risposte vaghe, poco interesse da parte sua e così come mi era saltata fuori mi sparì. Con N. andò diversamente: i due cominciarono a poco a poco a parlarsi sempre di più, in breve tempo si scambiarono i numeri di cellulare e scoprii, dai racconti di N., che anche i discorsi cominciavano a diventare più intimi. Ma a me doveva fregare poco: io e N. eravamo amici (anzi, migliori amici, avevamo cominciato a definirci) e gli amici si raccontano tutto, anche delle proprie cotte.

Qualche mese dopo, come detto, io e N. cominciammo ad organizzarci per incontrarci a Roma ed andare a vedere una puntata di Amici insieme. Gli ultimi giorni di gennaio passavano veloci mentre io tentavo di inventarmi qualche scusa per convincere i miei genitori a lasciarmi partire e, soprattutto, darmi i soldi per poterlo fare. A venire in mio soccorso arrivò Fra, una ragazza di Roma che avevo conosciuto nello stesso sito dove conobbi N., con la quale passavo molto tempo a parlare, complice la stessa scelta universitaria e diverse passioni comuni. Lei, una delle mie valvole di sfogo per il rapporto con N., ebbe l'idea, al momento di organizzare il tutto, di cercare di convincere i miei genitori. Come? Ovviamente fingendo di essere lei la persona da cui stavo andando. Perchè con due genitori che stanno vivendo male l'idea che il figlio possa essere gay/bisex/quello che gli avevo detto per tenerli buoni, non è il caso di azzardare un "vado a Roma a conoscere uno che ho beccato su internet". Così Fra finse di essere la persona che dovevo incontrare e chiamò i miei genitori per tranquillizzarli. Loro, sinceramente rinfrancati dal fatto che andassi a Roma per andare a vedere una puntata di Amici con una ragazza sei anni più grande, mi diedero i soldi e la loro parziale benedizione sul viaggio. Il resto fu facile: prenotai il bed and breakfast e comprai i biglietti del treno: da lì a poche ore avrei visto N. di persona, per la prima volta.

La sveglia suonò alle 6.01 di domenica 4 febbraio 2007. Per nulla stanco, rimasi due minuti buoni sotto le coperte a tremare, un po' per il freddo, un po' per l'agitazione. Una doccia bollente mi svegliò del tutto, mentre mio padre, con poca voglia, si tirava su per accompagnarmi in stazione. Il vento freddo, il buio, l'adrenalina nelle vene. Ricordo questo e l'ansia di sbagliare o di perdere il treno. Di fronte al binario 1, in attesa dell'intercity delle 6.55, fissavo la gente e cercavo di indovinare le loro storie, concludendo che nessuna sarebbe stata simile alla mia. Le cinque ore di viaggio trascorsero abbastanza velocemente, ascoltando musica, dormendo e soprattutto messaggiando con N., alle prese con un viaggio ancora più lungo del mio. Quello che mi spaventava era l'ignoto: conoscevo davvero N.? O conoscevo la sua entità virtuale, avendo sentito la sua voce una volta soltanto? E se davvero non avessimo avuto niente in comune, se fosse andata male, come sarebbero passate quelle 24 ore scarse insieme?

Il treno arrivò puntuale a Roma Termini alle 12. Presi le mie robe e scesi dal treno. Dio, ero a Roma. Da solo, dopo aver raccontato palle ai miei e da lì a poco avrei conosciuto un ragazzo con cui avevo avuto a che fare solo in chat. Poi ci si chiede come succedono le disgrazie, ci sarebbe da pensare. Eppure, da lì a qualche mese avrei davvero pensato che sarebbe stato meglio incontrare un pluriomicida psicopatico, rispetto al ragazzo che avrei avuto di fronte di lì a poco...

Il treno di N., in ritardo di un quarto d'ora, arrivò poco dopo le 12.30, mentre io avevo cominciato a lasciare andare la tensione per via dell'attesa. Inutile dire che tornò tutta in un attimo, con gli interessi. Vedevo le persone scendere dal suo treno, cercavo di scorgerlo, ma niente. Niente nemmeno negli scompartimenti a metà treno, niente in fondo. Erano praticamente scesi tutti quando cominciavo a chiedermi se fossi capitato sul binario giusto; poi, di colpo, lo vidi. E fu stranissimo fin dal primo momento: dietro a due signore lo vedevo spuntare, alto e grosso più di quanto mi potevo immaginare, che veniva verso di me, dopo avermi visto. Trovarmelo di fronte fu spaventoso. Io sono praticamente un metro e ottanta, lui quasi dieci centimetri in più. Però mi pareva di avere davanti un gigante, o di essere io un bambino di un metro e venti. Ci salutammo, l'imbarazzo era tangibilissimo. Ruppi il ghiaccio: "andiamo al B&B?". Da parte sua solo mugugni scomposti e risposte monosillabiche alle mie domande. E sinceramente, dopo avergli chiesto 30 volte come era andato il viaggio mi trovavo un po' in difficoltà.

Arrivammo al B&B, lasciammo i nostri dati e andammo in camera. Dopo essermi rotto di vederlo così taciturno mi lasciai andare e glielo dissi: "Wè N., svegliati eh, che io son sempre Ale e tu sei sempre tu, siamo noi". Non ricordo molto altro, a parte che prese una craniata contro una mensola e che uscimmo a fare un giro nel primo pomeriggio, dopo aver sgranocchiato qualcosa ad un Mc. Senza prendere la metro, girammo un po' la zona Cinecittà alla ricerca di un internet point. Ebbene sì, ci vedevamo per la prima volta e il nostro (suo?) bisogno era quello di un computer con internet, di collegarci al sito, di sentire 'gli altri'. Dopo innumerevoli giri a vuoto ne trovammo uno ed entrammo: la cosa più inquietante di tutte fu probabilmente il fatto che entrammo su msn e mi contattò, dalla postazione accanto, dicendomi che gli faceva piacere essere lì e che si scusava per essere un po' silenzioso. E questo non mi bastò per scappare a gambe levate, per dire quando uno se le cerca.

La sera partimmo dal B&B per le otto per andare di fronte ai cancelli di Cinecittà ed entrare a vedere la puntata. Ora, non so se eravamo scemi o se in cuor mio sapevo che non era importante andare a vedere la puntata in studio, ma non so con quale folle pretesa accampavo il diritto di andare là e sedermi come se fosse il Bar Cuore sotto casa. Ovviamente non ci fecero entrare da nessuna parte, visto che il pubblico entrava qualcosa come tre ore prima della puntata, mentre io e il signorino giocavamo a prato fiorito su msn a meno di un metro di distanza. Rimanemmo in albergo e guardammo la puntata in tv. Fu divertente, e quasi intimo, visto che stavamo sullo stesso letto (nonostante lui tenesse la gamba destra costantemente per terra). La puntata lo aiutò a superare quel momento eterno di blocco in cui la sua mente gli impediva di comportarsi serenamente con me...

Quella notte fu eterna. Cominciammo a parlare intorno all'una e non finimmo fino alle quattro. Si parlò di tutto (rigorosamente a distanza, in due letti diversi e col buio che lo faceva sentire al sicuro). Mi trovai di fronte di nuovo il N. di internet, quello insicuro, che quando si apre rivela il suo mondo, che ha tante cose da raccontare. Parlammo delle prime esperienze di sesso, di omosessualità, di ragazzi. Mi raccontò anche di D.: il rapporto con lui effettivamente avanzava, e N. gli aveva buttato lì l'idea di passare a trovarlo a Macerata di ritorno da Roma. D., però, si era letteralmente cagato sotto e aveva mandato tutto a ranare con scuse banali ("i miei genitori non vogliono" "già hanno un tale pessimo gusto per i nomi, non rischiamo" e cose del genere). Sentirmi soddisfatto a quel pezzo di racconto cominciò a farmi porre delle domande, ma questa è sicuramente un'altra storia.

La mattina dopo ci salutammo velocemente, con una stretta di mano in stazione, mentre il treno mi riportava verso Brescia, confuso. Gli mandai una foto di me triste sul sedile del treno, ci scrivemmo per tutto il viaggio. Era stato bene, ero stato bene, o quasi. Da lunedì sera si ricominciò già tutto come prima, ore a parlare su msn e 100 sms al giorno, per raccontarsi vita morte e miracoli della giornata.

L'occasione per rivedersi arrivò più di due mesi dopo: il compleanno di Fra e l'invito al suo compleanno a Roma, per fine aprile. Partì tutto troppo bene, successe tutto in modo troppo inaspettato. Fu il 19 aprile 2007 che tutto cambiò, definitivamente.

lunedì 13 settembre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 2^ PUNTATA

Ero diviso a metà. Da un lato tentato dalla Psicologia tradizionale, la cosiddetta "scienze e tecniche psicologiche", dall'altra spinto dalla corrente "scienze della comunicazione, a te che piace la tv, il mondo dello spettacolo e dei media", con in sottofondo il ritornello che, siccome mio fratello è giornalista, avrei potuto/dovuto fare qualcosa di molto simile. E quel qualcosa di molto simile lo trovai a Verona, sotto "Scienze della comunicazione" con indirizzo in giornalismo. Molto, molto invitante, presi tutti i contatti per andare a fare il test di ingresso e approfittai di un pomeriggio senza scuola per andare addirittura a vederla, questa facoltà, accompagnato nientemeno che dal fantomatico ciellino M., con cui eravamo nel periodo di pseudo amicizia. Bella, pulita, coinvolgente, mi rapì e mi proiettò il mio futuro da studente universitario veronese, a 45 minuti di treno da casa.

Invece scelsi Milano, e il motivo fu semplice. A Milano c'era l'unico indirizzo che coniugava in un'inter-facoltà i corsi di Scienze e Psicologia, dando la possibilità di scegliere il percorso al terzo anno in base alla divisione del piano di studi. Per quello e perchè arrivai secondo al test di ingresso. Mi accompagnò mia mamma, prendemmo una camera di hotel per la notte prima del test. Lo feci (erano domande di logica, cultura generale e conoscenze varie ed eventuali) e mi ritenni abbastanza soddisfatto, senza esultare particolarmente. Quando uscì la graduatoria, trovai quel "2" che indicava il mio secondo posto. Che poi sarebbe stato un primo, senza la media con il voto di maturità, che mi fece scivolare dietro ad una uscita con 100. Scrissi sul blog del secondo posto, e tra i commenti trovai anche quello di N., conosciuto solo due mesi prima, che si complimentava. Quel risultato, forse più dell'indirizzo di laurea, mi fece scegliere Milano-Bicocca e mi fece diventare, a tutti gli effetti, un milanese immigrato.

I primi due anni di università, come si sa, li ho fatti da pendolare. Questo significa(va), tutte le mattine, svegliarsi due ore prima della prima lezione e, tutte le sere, tornare a casa due ore dopo la fine dell'ultima lezione. Snervante, e soprattutto dava tanto, troppo tempo per riflettere. E' stato guardando fuori dai finestrini del treno che ho capito cosa provavo per M., prima, e per N., poi.

A tutto novembre 2006, il rapporto con N. proseguiva a gonfie vele: le chiacchierate su msn si facevano sempre più cospicue e riflessive, la mole di kilobyte nell'archivio conversazioni si faceva più imponente, il nostro grado di intimità cresceva giorno dopo giorno... A fine novembre litigammo. Non so perchè, ricordo solo che il litigio avvenne di domenica, di pomeriggio. Poi uscii a bere l'aperitivo con due mie amiche e andai avanti a stuzzicarlo via sms, le frasi penso riguardassero il suo modo di intendere il rapporto, così diverso dal mio, così teso a non farlo diventare qualcosa di serio. Quando, verso sera, dopo l'aperitivo, gli chiesi se c'era la possibilità di chiarire, mi rispose: "Ale, se non ho mai chiuso la finestra di Vodafone.it (da dove mi mandava gli sms quando finiva il credito) evidentemente non aspettavo altro" e concluse spiegandomi quanto era stato male tutta la sera e implorandomi che queste cose non succedessero più. Beata ingenuità. Fatto sta che le cose stavano andando ben oltre il semplice rapporto virtuale, il rapporto stava assumendo contorni che interessavano la vita di tutti i giorni.

A Capodanno, mentre io ballavo i trenini in una discoteca orribile in provincia di Brescia, gli scrissi felice ed ebbro (di alcool), mentre lui si accingeva a vomitare l'anima dall'altra parte dell'Italia. Lui disse che aveva dimenticato il suo primo amore etero, io che non avevo risposto al messaggio di M. e che oramai poteva andarsene a cagare e che ero felice così. E non sapevo ancora cosa mi avesse fatto dimenticare di M...

Io gli raccontavo di quello che mi accadeva durante il giorno, lui mi teneva compagnia nei suoi viaggi in treno... lui mi raccontava di quando accompagnava la sorella in paese, io gli tenevo compagnia mentre si occupava della nipotina... Poi ci scambiammo foto, cominciammo anche a mandarci alcuni mms per condividere non solo quello che provavamo, ma anche quello che vedevamo... io gli mandavo le foto di mia nipote, lui quelle della sua, io gli facevo vedere la mia università, lui il mare...

Arrivò come una normale continuazione di questo rapporto in divenire il desiderio di vedersi. L'idea mi balenò in testa un pomeriggio qualsiasi e gliela proposi: perchè non ci andiamo a vedere una puntata di Amici nello studio a Roma? Roma a metà strada, Roma città eterna, quale luogo migliore per vedersi la prima volta? Non mi ero mai incontrato con nessuno conosciuto su internet, ma con lui, dopo quasi sei mesi di chiacchiere online, mi sentivo a mio agio come con nessun altro prima... sapeva probabilmente più cose lui di me che molti dei miei amici più stretti nella vita reale. L'idea, difficilmente realizzabile, cominciò a prendere forma. "E se andassimo a quella del 21 gennaio?", "no, io non riesco, quella dopo?", "no non riesco io". Quella dopo ancora, ai primi di febbraio, lui doveva andare a Parma, a trovare dei suoi ex compagni di liceo, ora universitari fuori sede. E incredibilmente, decidemmo di attaccare a quella uscita la nostra data romana. Stabilimmo che il nostro incontro sarebbe avvenuto il 4 febbraio, a Roma, in occasione della terza puntata di Amici 6.

Per quanto la data cominciasse ad assumere una parvenza di realtà, non ci credetti più di tanto. Il progetto restava campato in aria, i miei genitori sarebbero stati impossibili da convincere, difficilmente avrei trovato da solo i soldi e non si sarebbe fatto nulla. Tuttavia, questa fu l'occasione per la prima telefonata con N. Ebbene sì, nonostante i tanti sms (ormai si viaggiava nell'orbita dei 100 sms al giorno, complice la Infinity della Vodafone, e spesso ci si avvicinava al tetto dei 100 mms, pure), non ci eravamo mai sentiti a voce. Dato che ci dovevamo vedere, sentirci telefonicamente era un passo che andava fatto. E infatti accadde. Una sera, io ero a casa a Brescia da solo, lui a Parma dai suoi ex compagni di liceo, ci sentimmo.

Fu una sensazione stranissima. Passi sei mesi a idealizzare una persona basandoti sul suo colore di scrittura su msn, sul suo stile negli sms e sulle due-tre foto che di lui hai visto tra il web e gli mms, poi bam, come una sprangata nei denti ti coglie la realtà. La sua voce era quanto di più lontano possibile da ciò che mi ero immaginato. E sì che potevo arrivarci: un metro e novanta per quasi ottanta chili, non potevo aspettarmi la voce dell'Ape Magà. Eppure la sua voce bassa, timbrata e sussurrata mi spiazzò. Fu come se qualcuno avesse disturbato un mio sogno, svegliandomi. Ma la cosa non mi infastidiva, semplicemente mi proiettava ad un altro livello...

Nel corso di quasi un'ora di telefonata parlammo di tutto, dai dettagli organizzativi del nostro eventuale incontro ai reality, la tv, i suoi amici, la mia università, i messaggi che ci scambiavamo, senza farci mancare qualche sempreverde sfottò sull'accento dell'altro. Lasciai giù il telefono e la sua voce già mi mancava. Era un altro passo verso il passaggio dal virtuale al reale, dall'immaginato al vero. Fu anche quella telefonata a farmi decidere per stringere i tempi, farmi coraggio e, contro tutti i pronostici, cercare di realizzare davvero quel fantomatico incontro al 4 di febbraio.

E ci riuscii. Verso mezzogiorno e un quarto del 4 febbraio 2007 io e N. ci trovammo l'uno di fronte all'altro per la prima volta. E fu una sensazione, se possibile, ancora più strana. Fu la prima volta che ricevetti da parte sua quel trattamento che, volente o nolente, mi sarebbe diventato familiare nei mesi a venire. Il silenzio.

(continua)

lunedì 6 settembre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 1^ PUNTATA

Premessa. Quello che racconterò nelle prossime tredici settimane non è facile da raccontare, né tantomeno da scrivere. È un viaggio nella mia testa alla riscoperta di eventi che ho parzialmente rimosso, che mi hanno fatto soffrire e mi hanno, di fatto, cambiato. Come persona e come carattere. Non rinnego (quasi) nulla di quello che leggerete: se c’è stato è semplicemente perché il destino ha deciso che quello doveva essere il corso delle cose per farmi arrivare dove sono ora. Durante tutto il 2007 ho fatto cose di cui non vado fiero, che col carattere attuale sicuramente non farei, ma che mi hanno comunque insegnato qualcosa. Vi chiedo di leggere e giudicare ciò che vedrete sulla base di queste premesse, perché avrete di fronte l’anno di un ragazzo di diciannove anni ancora non del tutto formato, alle prese con le prime scelte importanti della sua esistenza.

Introduzione. Se volete leggere i primi traballanti approcci di un ragazzino accecato dagli ormoni o le notti di passione tra Ciclope degli X Men e Spiderman, se volete ridere con me di persone strambe e dei miei goffi colpi di fulmine o se semplicemente vi interessa dare un’occhiata ad una normale routine di un ragazzo universitario, questo non è il racconto adatto. O meglio, non lo è più. Per quello c’è la prima stagione di Bita, che trovate qui e che magari, leggendo tra le righe, vi potrà abituare a quello che scriverò da ora in avanti. Perché in fondo noi siamo il risultato di quello che ci è capitato e di come l’abbiamo affrontato. Nel bene e nel male.

Il mio 2007 comincia nel primo pomeriggio del 10 Luglio 2006. Nemmeno 24 ore prima insultavo un francese pelato ed esultavo per le vie di Brescia festeggiando la prima coppa del mondo italiana vista con i miei occhi, ora stavo serenamente seduto di fronte al computer conversando di questo e di altre inutilità nella chat del mio sito. Piuttosto “amato” dagli utenti, in quanto admin, trovavo spesso richieste nella messaggeria privata per poter parlare su msn messenger con me, per avere la possibilità di sapere che tipo era, quell’Alex87 che scriveva articoli e cazziava la gente sul forum. La richiesta del
suo contatto messenger, però, partì da me. Dietro a quel nickname che richiamava una celebre canzone dei Queen si nascondeva un ragazzo molto intelligente, i cui post sul blog non mancavano mai di stendere per la loro chiarezza espressiva e sintattica, senza mancare mai di quella buona dose di ironia che piaceva così tanto a me. Gli mandai un mp e gli chiesi il contatto. Quando lessi la sua risposta lo aggiunsi con lo stesso meccanismo automatico che tutti noi abbiamo messo in pratica decine e decine di volte, senza sapere cosa avrebbe comportato.

Nel primo pomeriggio del 10 Luglio 2006, mentre il mio nome su msn ancora ricordava la vittoria della sera prima urlando “campioni del mondo”,
N. mi scrisse per la prima volta.
“Ciao!”
- Ciao!
Non ricordo altro, ma sono sicuro di quei due punti esclamativi. Gli risposi nello stesso modo in cui mi aveva scritto. Ciao! Quel 10 luglio 2006 la mia vita cambiava per sempre, innescando di fatto una sequenza di eventi che mi porta ad essere qui a raccontarvela.

Mentre le mie giornate erano disturbate dall’infatuazione per M., quel compagno di classe così clericale con cui si era avuto un approccio ravvicinato del terzo tipo durante la gita di quinta, le serate si concludevano con la possibilità di vederlo, in compagnia, e uscirci sognando che un giorno le cose sarebbero cambiate per sempre. Alla fine di una di queste serate, tornato a casa sconsolato per chissà quale segnale male interpretato o con chissà quale speranza infranta, contattai N. Ce l’avevo in lista ormai da qualche settimana, ma non ci avevo mai parlato seriamente, se non per chiacchierare di qualche utente, qualche programma televisivo o qualche preferenza musicale. Ero giù, ne approfittai per sfogarmi. Gli raccontai tutto di M. senza farmi problemi del fatto che stessi parlando di un’infatuazione verso un ragazzo, convinto che comunque mi avrebbe potuto capire. Mi raccontò di una sua situazione simile, per una persona alla quale non aveva avuto il coraggio di dichiararsi, che gli aveva lanciato segnali ambigui facendogli vivere, di fatto, una situazione molto simile alla mia. Mi ricordo la frase “se non abitassimo così lontani sarebbe la classica sera per andare fuori a bere qualcosa e raccontarcele di persona, queste cose”. Lui era pugliese, del gargano. Lui lo sperone dello stivale, io, probabilmente, più in alto dell’attaccatura delle stringhe. Rimanemmo a parlare fino alle due. La sua vaghezza in determinate risposte mi fece cominciare a dubitare di un’eterosessualità che avevo dato assolutamente per scontato. Qualche giorno dopo, con estrema fatica, gli tirai fuori la confessione che ormai immaginavo. Anche lui gay, anche lui ossessionato da un ragazzo etero che non lo ricambiava e non poteva farlo.

Le conversazioni aumentarono di volume: cominciammo a sentirci più spesso; io lo tenevo aggiornato sulla situazione con M., lui mi parlava del suo lavoro, della sua famiglia. Cominciammo anche ad affiancare a queste discussioni riflessioni più intime, sull’omosessualità, su come ci percepivamo e, perché no, anche qualche sana discussione sui ragazzi e sui calciatori. Gli piacevano i calciatori, come dargli torto. Lo scambio dei numeri di telefono arrivò con estrema naturalezza. Intendiamoci, non era da me conoscere gente su internet e scambiarmici il numero, né tantomeno farci notte quasi tutte le sere per parlare praticamente di tutto. Con N. questa cosa arrivò naturale e spontanea. Ora le conversazioni su msn vennero affiancate da qualche messaggio, con cui ci si teneva compagnia quando non avevamo la possibilità di parlarci tramite computer.

Quello che, secondo me, ha cominciato a cambiare tutto è stato un litigio, arrivato intorno a novembre, in cui il rapporto cominciò a virare in una direzione assolutamente imprevedibile. Oltre a quello, presi la scelta definitiva per quanto riguardava l’università, puntando tutto su un’altra città. Il test ai primi giorni di settembre, che tentai con lo spirito del “come va va” fu invece il punto fermo per i miei successivi quattro anni di studi. Non potevo sapere che anche quella scelta si sarebbe un giorno incrociata con quelle di N., non potevo sapere cosa sarebbe diventato, da lì a pochi mesi, quel semplice contatto virtuale dall’altra parte dell’Italia.

(
continua)

martedì 31 agosto 2010

BLOG DAY 2010

Cazzo a momenti mi dimenticavo. Oggi è il 5° Blog Day, e non credo di essermene mai perso uno. Cade oggi perchè la scritta Blog ricorda la data 3108. Consiste nel segnalare 5 blog interessanti e descriverli. E mai come nell'epoca della decadenza dei blog, dovuta a Facebook, è importante farlo. Purtroppo, essendomene ricordato tardi, non l'ho preparato e andrò di getto.

1. Per ovvi motivi Blogalquadrato di Ale e Lolò. E cercando di parlarne come se non conoscessi i titolari, ve lo presenterei come uno spaccato di normalità di due ragazzi gay fidanzati ormai da più di sei anni, che parlano della loro vita, dei loro progetti futuri insieme e delle lotte che la comunità omosessuale affronta per far emergere realtà come la loro, invece di quelle alla "Maicol del Grande Fratello".

2. Andrei di Bloginpillole. Anche questo un blog a quattro mani, anche se una di quelle di Gigi di solito è impegnata. C'è un po' tutto: si va dall'erotic al trash, dalle notizie curiose a quelle più serie senza tralasciare gli approfondimenti politici anche grazie all'occhio di Mirkos.

3. Merita S-kram, diario-blog di un omonimo ragazzo molto simpatico e molto naif, che scrive in maniera scorrevole e racconta delle sue vicende lavorative e affettive. Inevitabile, dopo poche righe, cadere in un vortice di empatia infinita per ciò che gli succede, sia in positivo che in negativo.

4. Ho scoperto di recente Il Torto, di Mister_Gatto, mio follower su Twitter. E cazzo, scrive veramente bene per essere etero. Battute a parte, l'ho scoperto grazie al suo generatore di "post a caso" che gli auto-twitta un po' sempre gli stessi 2-3 post, ma "sempre per caso" ora non ne posso fare a meno.

5. Per la categoria blog-non blog, quest'anno andrei con il meraviglioso Spinoza.it, un blog di interventi politici satirici che il 90% delle volte ti fa morire dal ridere e il restante 10% ti fa ciondolare la testa inerme affermando "geni. Sono dei fottuti geni".

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - DA LUNEDI' 6 SETTEMBRE PER 13 PUNTATE

A quasi un anno di distanza dalla pubblicazione del primo capitolo (per rileggerlo basta cliccare qui), a partire dal prossimo lunedì mattina, ogni settimana troverete un pezzo di "Bita 2", questo 'racconto di vita' che, a puntate, come liturgia comanda, vi racconta un po' dell'Ale che è stato, concentrandosi questa volta su un anno fondamentale della mia vita, un anno che per forza di cose merita tutto lo spazio del caso.
C'ho messo un po' a decidere se continuare e raccontarvi anche questa parte di me; alla fine di questo capitolo potrete cambiare radicalmente idea sul mio conto, potrete giudicarmi come forse prima non vi sareste immaginati di fare, ma vi chiedo di farlo tenendo in considerazione che anche quello è stato un percorso necessario per diventare ciò che sono ora. Non dico di essere una persona migliore, o di essere diametralmente cambiato. Dico solo che se non ci fosse stata quella sequenza di eventi, quell'insieme di persone ed emozioni precisamente in quell'ordine e con quella temporalità, ora non sarei io, ora vi starebbe parlando un'altra persona.

Bita 2 non vi racconterà (più) della scoperta da parte di un ragazzino della sua sessualità, degli accoppiamenti tra Spiderman e Ciclope degli X Men, non vi parlerà delle prime cottarelle e delle bugie ai genitori. Bita 2 parlerà di un ragazzo di diciannove/vent'anni che si sfascia la testa contro il muro dell'amore e impara a soffrire per un'altra persona. Che fa sbagli, impara a conoscere il suo carattere e a domarlo, a cambiarlo, fino ad avere colpi di testa che non gli sarebbero mai appartenuti, fino a quel momento. Parlerà di un ragazzo confuso e per certi tratti disperato, che vagherà senza meta in cerca di comprensione, di persone in grado di capirlo al cento per cento. E parlerà di viaggi per l'Italia, abbracci su una spiaggia, pianti disperati, paure e prime volte. Di primo bacio e di primo Vero Amore, perchè per quanto lo si cerchi con tutte le proprie forze, lui arriva solo quando smetti di cercarlo, e questa storia non fa eccezione.

Da lunedì, tutti i lunedì mattina, su questo blog.


martedì 24 agosto 2010

...E UN ANNO SE NE VA

Non riuscirò mai, e intendo mai, a rendere con questo post le sensazioni di questi giorni. E con "questi giorni" non intendo quelli di questa settimana, ma anche quelli di un anno fa a quest'ora. E quelli di due, cinque, dieci anni fa a quest'ora.

La verità è che la fine, l'esaurirsi dell'estate porta con sè un bagaglio di emozioni, paure e sconvolgimenti che mi atterra e mi fa vivere gli ultimi giorni come un'agonia, facendo cominciare al peggio la nuova "annata". Mi chiedo perchè l'ultimo dell'anno non sia stato posto qui, alla fine dell'estate, in effetti, visto che è con settembre che tutto riparte, i nuovi propositi hanno un senso d'esistere e si comincia davvero qualcosa di nuovo. Ad ogni livello.

Quando andavo a scuola vivevo malissimo la fine delle vacanze. Non come tutti i ragazzini, di più, molto di più. Non mi limitavo ad odiare le pubblicità spauracchio della Seven, della Invicta, Smemoranda, Gazzenda e tutta la linea scuola dei cartoni animati, io mi angosciavo e cambiavo canale, rovinandomi la giornata. Non andavo a comprare niente, se non giusto la nuova Smemoranda, facendomi tutte le medie e tutto il liceo con lo stesso zaino. Ogni cosa che poteva dare una parvenza di fine estate era un evento luttuoso che avvicinava l'irrimandabile.

I tedeschi che facevano il loro arrivo al residence al lago (loro cominciano le loro vacanze a settembre), il Festivalbar (quando c'era) che mandava in onda i promo delle finali all'Arena di Verona, Superquark che manda il sommario dell'ultima puntata, i programmi della mattina che pian piano rivanno in onda e tante altre cose. Ma su tutte, una. Le giornate che si accorciano.

Pensateci, voi che odiate l'estate e il caldo. Se la natura avesse voluto che fosse l'inverno, ad essere la stagione più bella, l'avrebbe connotata da trasformazioni positive. Le giornate che si accorciano sono, già etimologicamente, una connotazione negativa che precorre alla depressione autunnale e, successivamente, invernale. Il sole che dura di meno, il buio che comincia ad arrivare alle otto, e poi alle sette e così via.

Cosa mi angoscia? Tutto sommato solo il pensiero che un'altra estate se ne sia andata, e che non ne arriverà un'altra prima di 9 mesi. Perchè l'estate è l'unica stagione in cui mi sento quasi a mio agio. Perchè è l'unico periodo in cui ti metti una maglietta e un paio di jeans e sei a posto. Perchè è d'estate che si passa tanto tempo fuori e non si gela dal freddo. Perchè si vive la notte con una serenità quasi infinita.

E invece basta così, dopo 3 mesi tutto questo volge al termine. Niente più serate sul terrazzo del lago sotto la luna, niente più jeans+maglietta, niente più gardaland, niente più gelati e bibite ghiacciate, niente più sdraiarsi e dormire senza coperte. Che vi devo dire? Non mi va giù. Semplicemente non mi va giù.

[I goodbye dell'alba fanno sanguinare
Per le strade appiccicose Agosto muore
Dimmi tu che cosa dovrei fare
Quando vengon corte le parole [...]
Per le strade usate la mia mente va
Scorterò i miei ricordi fino al mare
Fisso con lo sguardo per vederli decollare]
{Nicolas Bonazzi - "New York"}

sabato 7 agosto 2010

TEMPS DE VACANCES

Dal 7 al 17 qui:


Buone vacanze, ci sentiamo al ritorno :)

giovedì 5 agosto 2010

AGGIORNAMENTI BASE DALLA LIBRERIA

Qualora ve lo steste chiedendo, non ho mollato la libreria dopo poche ore. Ho completato la prima settimana, la seconda e la terza. Finito giugno, ho resistito anche per le 4 settimane di luglio, portandomi a casa un totale di sette settimane lavorative. Chi se lo sarebbe mai aspettato sette settimane fa? Io no, di sicuro.

Le occasioni in cui sono stato vicino a mollare sono state innumerevoli, su tutte ricordo un momento in cui sono stato mandato alla cieca in giro per il centro di Milano in cerca di un fil di ferro che avesse caratteristiche assurde e uniche in natura, nell'unica zona in cui di ferramenta manco l'ombra. In una giornata particolarmente fresca, con tipo 40 gradi di media. Ebbene, lì più che in ogni altro momento sono stato vicino a dire "sai che c'è? M'avete rotto il cazzo e i vostri 5 euro all'ora potete darli al venditore ambulante che entra ogni tanto". Non solo lì, in realtà, le urla del mitologico Old Turtle (vedere post vecchi per delucidazioni) e i suoi insulti più o meno velati mi hanno spinto in più occasioni a rispondergli (nei limiti dell'educazione che però non tollera la prevaricazione) e a chiedere a Otaria di porre un freno ai deliri del suocero.

Tanta fauna e tanti avvenimenti hanno poi movimentato il caldo mese di luglio: sono stato affiancato da altri tre ragazzi quasi coetanei. Ci sono un sardo, un filosofo judoka e un milanese balbuziente. E no, non è l'inizio di una barzelletta, erano i miei colleghi di lavoro. Messi in periodo di prova insieme a me (con la differenza che io ero lì già da tre settimane e potevo far valere la maggiore esperienza), ci siamo alternati in turni a due a due, in modo da coprire tutto l'arco della giornata in tutto l'arco della settimana. Tizi strani, per carità, specialmente il milanese balbuziente di cui sopra. Svogliato, abbastanza arrogantello, quando trovava un libro (che vi lascio immaginare è evento assai meno raro di un'aurora boreale, visto che siamo in una libreria), esclamava ad alta voce "alla grandeeee", anche se circondato da clienti. Non riesco a renderlo, ma era particolarmente imbarazzante. Come quando porgeva un libro alla cliente dicendo "ecco a lei, Milady". Come quando cercava un libro di Sandro Mayer chiedendo, dopo dieci minuti di ricerca, se "Sandro Mayer" fosse il titolo. E così via, un personaggio, che parlava di come avrebbe speso i soldi di settembre, senza sapere che a settembre non ci sarebbe arrivato.

Ebbene sì, il fantomatico "settembre" mi vedrà di nuovo attivo in libreria. E non perchè sia divertente (potrebbe, ma l'ambiente è veramente pessimo), nè perchè mi trovi bene (vedi parentesi precedente), ma per la paga. Si vocifera che sia buona. E ci mancherebbe, visto che i ritmi saranno folli, qualcosa come 12 ore tutti i giorni dalle 8 alle 20 con un'ora di pausa per mangiare. Dal lunedì al sabato.

Eppure l'ultimo giorno uno dei ragazzi più esperti, che è già al suo quinto anno lì dentro, m'ha raccontato storie veramente improponibili, tipo di cassiere pagate 350 euro per due settimane a 11 ore al giorno (qualcosa come 2.40 € all'ora, per intenderci), paghe di 500/1000 euro inferiori al previsto e cose di questo genere. E davvero non mi capacito di come si possa sfruttare così dei ragazzi che possono avere più o meno bisogno di lavorare, che accettano di farlo in nero e non si lamentano di salire a 5 metri d'altezza con tutti i rischi del caso e che ci si diverte pure a trattare male e insultare. Non capisco, veramente.

L'ambiente, quindi, è quello che è. Ma anche tra di loro, visto che Otaria è sinceramente mal vista non solo da uno dei ragazzi con più esperienza, lì dentro, ma pure dal suocero. Capita infatti di sentire, un pomeriggio, il ragazzo in questione dire che "la cicciona di merda" e il figlio del titolare non facciano un cazzo, non ci siano mai e siano dei piccioncini del cazzo (i due stanno assieme). E il padre di lui (e suocero di lei), che fa? Ma gli dà ragione, naturalmente, aggiungendo che è una rottura di coglioni avere Otaria sul camioncino quando si va a prendere i libri, visto che aggiunge 90 (o 100, cito testuale) chili in più al carico. Otaria, dal canto suo, detesta il ragazzo in questione, ma credo non abbia idea di quanto lui la vorrebbe vedere su un girarrosto con una mela in bocca. Bell'ambiente, insomma, in cui è Old Turtle che tira i fili di tutti, giudicando suo figlio un idiota incapace, lesinando sui soldi e limitandosi a trattare tutti male indistintamente, non salutando e lamentandosi di ogni cosa. Perfino quelle fatte bene.

Io, dal canto mio, mi sono ambientato. Ho guadagnato una sorta di stima lavorativa da parte di Old Turtle (di altri tipi di stima ne faccio anche a meno, francamente), che si guarda bene dal riprendermi a casaccio come faceva all'inizio. So rispondere, so cosa fare in determinati momenti e soprattutto so bene dove andare a prendere determinati libri, avendo ormai sviluppato una memoria non indifferente, caratteristica fondamentale per lavorare lì.

Se resisterò a settembre non mi è ancora dato saperlo; come di consueto potrei mollare da un momento all'altro o resistere per tutte le quattro settimane. A seconda di cosa succede, perchè in quel posto c'è un micromondo di cui voi non avete nemmeno la minima idea :D

lunedì 2 agosto 2010

LAUREA-TO

Cosa è successo in quest'ultimo periodo? Vediamo... ho buttato la spazzatura, ho cambiato avatar su Twitter, ho indovinato l'ultima parola di Reazione a Catena di ieri (e pure che le repliche di 1 contro 100 non avrebbero visto la luce di agosto) e... cos'altro? Ah beh sì, mi sono laureato. La cosa, ovviamente, non era inaspettata, nel senso, avevo dato l'ultimo esame (dopo qualcosa come 8 tentativi) e consegnato la tesi, quindi era davvero solo questione di giorni e di ufficializzazione. Contrariamente alla stragrande maggioranza delle università, infatti, nella mia facoltà non è stato necessario discutere la tesi. Bastava scriverla e consegnarla in segreteria. La scena che mi è parsa davanti, al momento della consegna, è stata molto in stile
- "grazie arrivederci"
*sorriso*
*mi volto*
*gettano la tesi nel cestino*
- "prossimo!"

Ma va bene così, l'importante era finire. Il voto finale è stato un discreto 98, un incremento di 31 punti rispetto al voto di maturità. Come dite? L'altro era in centesimi questo in centodecimi? Vabbè, in proporzione 67:100= 74: 110, quindi l'incremento è stato di 24, ma va bene così. Avrei naturalmente amato uscire con 100, ma pareva non fosse destino, quindi accontentiamoci, in vista della specialistica in arrivo da ottobre.

Sono dottorino :-)

domenica 25 luglio 2010

TOY STORY 3

"Ma tu li hai visti gli altri due?". E' una domanda tutto sommato lecita, che ti può essere posta al momento in cui decidi di andare a vedere un terzo capitolo di qualche trilogia. Tipo il Signore degli Anelli, Star Wars, Tuailait (mi rifiuto che qualcuno arrivi sul mio blog cercando quella cagata) o qualsiasi sequel di qualsiasi prequel. Alchè solitamente si fa mente locale e si dice "sì/no". Quando la stessa domanda mi è stata posta per Toy Story mi sono trovato più in difficoltà. Ma li ho visti? Oddio sì, mi pare di sì... cos'era, sei mesi fa? Un anno fa? Due anni fa? No, avevo rispettivamente 9 e 12 anni quando uscirono i primi due capitoli di questa saga meravigliosa. Li avevo amati e altrettanto velocemente li avevo dimenticati, un po' come si è fatto con i Crystal Ball o i conduttori di Solletico.
L'impatto del terzo capitolo, a seguito di questa breve premessa, assume tutt'altro significato. Toy Story 3 non è stato l'ennesimo (bel) cartone in 3D (tra l'altro è stata tipo la terza volta che questa tecnologia mi ha soddisfatto), è stato il completamento di qualcosa cominciato tanti anni fa. La scelta di non proseguire da dove si era interrotto, ma di focalizzare nella trama il salto temporale che ha cambiato tante cose anche negli spettatori di fine anni '90, ha pagato e decisamente fatto breccia in uno spettatore-tipo come me. La riconquista dei piccoli fan di Buzz e Woody avviene gradualmente, per combattere quello scetticismo iniziale dovuto alla crescita e alla mancanza di ricordi recenti, avviene da fuori e finisce dentro, al cuore. Lo so, sembra un'esagerazione, ma è solo sul finire del film che ci si rende conto di essere stati trascinati dentro, come era successo un decennio (!) fa, riaffezionandosi a quei pupazzetti e al loro rapporto con il protagonista, in cui è difficile non identificarsi. Si cresce, e Toy Story ce lo ricorda congedandosi nel modo migliore possibile, ricordandoci quanto era divertente essere bambini e soprattutto facendoci realizzare che è solo abbandonando quella fase e vedendola da fuori, che ci si può considerare davvero parte di un ciclo che non comincia con noi e nè con noi finirà.
Ed è dura accettare tutte queste cose tutte assieme. E Toy Story lo sa, e decide di condirtelo con qualche sana risata e, non indifferentemente, preparandoti con un cortometraggio Pixar iniziale ai limiti della poesia, mentre pian piano la poltroncina si fa più grande e i piedi faticano a toccare terra.

Voto: 8,5