sabato 31 ottobre 2009

CON IL BOOM DI VISITE DI OGGI...

I PREMI DEL QUIIIZ^2

Era il 10 Maggio 2008, due giorni prima del mio compleanno.
No, non è un'altra puntata di Bita. Tramite un commento sul sito di "Spetteguless" sono arrivato su un blog mai visto prima, tale "Blog al quadrato", sulla cui testata campeggiava fiero il primo piano di un ragazzo metà biondo e metà moro, con un occhio azzurro e uno castano. Poi, aiutato dalla scritta "Un blog a due: blog^2", ho compreso che probabilmente si trattava di due ragazzi, fidanzati, della mia età. Ale e Lolò. Ho sbirciato i post, ho letto l'archivio, ho spizzato le loro foto. Mamma mia, semplicemente adorabili, della mia età. I due sprizzavano amore da tutti i pori (non che abbiano smesso ora, anzi), erano oggettivamente bellissimi. Così ho mandato loro un'email

Ciao boys :P
non mi conoscete, non sapete chi sono, ignorate totalmente la mia esistenza come io la vostra fino a 10 minuti fa. Poi son capitato sul vostro blog per sbaglio e ora sto così :|
siete STUPENDI, meravigliosi, fortunatissimi, belli e trasudate amore positivo da ogni poro. Avete avuto la fortuna di conoscervi prestissimo e innamorarvi. Spettacolo :)
In tutto ciò, tanti auguri, siete stupendi e dovrebbero essere tutti come voi ^_^
ciau
Ale


La loro risposta mi ha fatto cominciare a seguirli e a conoscerli. Ci siamo scambiati i contatti, ci siamo conosciuti; sul sito si è creata una bella community che ha anche creato bei rapporti d'amicizia e perfino storie d'amore (tra cui una, quella romagnola, che mi ha permesso di conoscere altri due ragazzi splendidi). Soprattutto ci siamo visti, affezionati, nonostante per motivi chilometrici ci si possa vedere poco.

By the way, su questo blog da un anno a questa parte, la metà bionda della coppia organizzava un "quiiiz" alla domenica, una prova a punti che, al raggiungimento di quota 10, avrebbe incoronato il suo vincitore. E chi ha vinto, in quello che è stato chiaramente un magna magna, vista la premessa :D? Ma iooooooooo, che da quota 7 sono volato oltre i 10 punti nel corso della megaultraiper finalissima che trovate nel blog dei ragazzuoli.
Ebbene, ieri sono arrivati i premi.



La renna, che per la cronaca si chiama Alò, dalla crasi dei nomi dei romanelli, ha sulla maglietta una foto della doppia coppia brescian-romana, ci siamo io e Seba e Ale e Lolò davanti al colosseo, a Roma. La tazza è magica: quando ci versi un liquido caldo si schiarisce (vedi foto) rivelando il logo di Blog^2. Sono bellissimi, nè? *_*

lunedì 26 ottobre 2009

BITA - ALE DAGLI ANNI '90 AD OGGI - 7^ PUNTATA

"Ma si può sapere cosa ci fai con due cellulari?". Era questa la domanda che in quel periodo mi era posta più di frequente. "Ehm no, uno è di mia mamma", "no è che sto passando a Tim", "ah boh l'ho trovato per strada, eheheh coff coff". Sì, il cammuffamento, ahimè, continuava. Io e P. messaggiavamo praticamente tutto il giorno, la mattina a scuola e la sera a casa, aggiornandoci sulle nostre vite e cominciando a scambiarci frasi tenere. L'unico particolare è che P. pensava di parlare con una bella ragazza che l'aveva visto fuori da scuola, io speravo di scoprirlo gay e poter coronare il mio baco mentale partito subito dopo averlo visto per la prima volta. Insistetti in questo inganno e passammo al virtuale per eccellenza: il computer.

Fu in quel periodo che il computer fisso fece il suo ingresso nella mia camera, parzialmente al riparo da occhi indiscreti, cambiando di fatto il mio approccio ai rapporti virtuali e interpersonali, portando di fatto uno scossone che si sarebbe ripercosso nella mia vita da lì a pochi anni. Mi creai un account di posta alternativo (dopotutto avevo già due numeri di cellulare, la sindrome da dissociazione della personalità era dietro l'angolo) e cominciai a chattare con P. Sembra un passo minuscolo, ma la possibilità di un'interazione molto più veloce rese il rapporto un attimino più vero, e mi diede l'illusione di potermi davvero avvicinare al coronamento di qualcosa che, viste le premesse, non sarebbe mai potuto diventare reale. Un giorno, infatti, P. mi chiese di vedermi in foto. L'aveva già fatto, ma con una scusa o con un'altra (la timidezza, la paura, la carenza di vitamina C, il gatto morto) ero sempre riuscito a scamparla. Stavolta P. si fece chiaro: o la foto, o niente. Come fare? Ci pensai. Il cervello, ancora una volta, fu annientato nella possibile scelta responsabile, dal mio sistema ormonale impazzito, che ebbe dannatamente la meglio.
Richiamai Elisa, di cui avevo bellamente rubato la personalità per inscenare questo triste teatrino senza via d'uscita. Lei, dapprima titubante, si convinse poi a darmi alcune sue foto, che poi io in prima persona avrei portato a P., a scuola, proseguendo nel mio inutile ruolo di mediatore.
E andò così, dopo una rapida selezione, io e Elisa (che però cominciava a nutrire i primi dubbi sul fatto di esserci spinti "troppo in là") scegliemmo quattro-cinque foto che, però, non dovevano rimanere a lui. Mi accordai in prima persona (nella personalità reale, quella di Ale) con P. per mostrargliele il giorno seguente a fine lezioni, a scuola. Non so spiegare cosa provai, ma quel palliativo mi bastò per essere contento. Probabilmente, conscio che con lui non sarebbe mai potuto succedere niente, ero abituato ad accontentarmi di quei succedanei d'emozioni che lui mi dava senza saperlo. Gli portai le foto, commentammo insieme quanto era carina, mi chiese come mai non c'era mai stato niente tra me e lei (povero ragazzo, quanta beata ingenuità) e dopo una decina di minuti tutto era finito lì.
Come proseguiva tra la mia finta personalità e lui? Ovviamente nell'unico modo in cui poteva finire: P. era rimasto affascinato dalle foto e ora voleva davvero uscire con la ragazza con cui credeva di parlare, ma continuai a tergiversare, per spostare l'attenzione sul rapporto umano che, ormai, P. sentiva troppo stretto.

Elisa, come detto, cominciò a preoccuparsi per questa situazione chiaramente senza via d'uscita, cercando di farmi capire che da lì non si poteva uscirne se non dicendo semplicemente "basta" e smettendo di prendere in giro un innocente. Tuttavia, a 16 anni non si può essere troppo intelligenti e/o profondi, così fui molto restìo ad abbandonare tutto l'ambaradam che mi ero creato. La mia amica, quindi, pensò al passo successivo. Nella sua scuola, un liceo artistico, conobbe per vie traverse un ragazzo più piccolo (curiosamente, anche lui 3 anni in meno di me), e, pensando di farmi cosa gradita, gli lasciò il mio numero. Tuttavia, pensò bene di non dirmelo, limitandosi ad introdurmi questa figura misteriosa, facendomi capire che aveva già immaginato per noi una meravigliosa vita insieme da lì ai successivi trent'anni.
Capitò così la gita di quarta, in Sicilia. Sul pullman che ci avrebbe portato all'aeroporto, mi arrivò un messaggio. Lo lessi e trasalii.
Ciao, Elisa mi ha dato il tuo numero, spero non ti spiaccia, mi ha parlato molto bene di te e mi ha detto che sei molto carino. Mi farebbe piacere conoscerti.
S.
Che carino. No, non pensai che carino, pensai "cazzo". Prima ancora di rispondergli educatamente (chessò, ciao, piacere mio), gli intimai di non scrivermi mai più su quel numero (il mio ufficiale), dandogli l'altro numero (quello che già usavo con P. fingendomi una ragazza) spacciandolo per quello reale. Superato questo piccolo scoglio, le messaggiate con lui si susseguirono nel corso della gita. Scoprii un ragazzino simpatico, molto maturo per la sua età, e soprattutto molto sicuro della sua sessualità. Una sera, però, successe il disastro. A forza di sms il suo numero rimase senza soldi, così lui, praticamente già cotto, mi scrisse dal cellulare di sua mamma. Mi ricordai di rispondere sul suo numero in tutti i messaggi, tranne l'ultimo, mandato diverse ore dopo il dovuto. Inutile dire che quel messaggio lo lesse sua madre, inutile specificare che quel messaggio era tutto fuorchè fraintendibile.
S. mi scrisse nel pomeriggio raccontandomi che in casa sua era scoppiato l'equivalente di dieci bombe all'idrogeno. Avevo praticamente costretto il poveretto ad un coming out forzato coi suoi genitori. Lui, sempre più tenero, mi disse che, dopotutto, non gli importava, che in un modo o nell'altro prima o poi l'avrebbero dovuto scoprire e che - ricordo le parole esatte
questa è la dimostrazione che mi hai sconvolto la vita. Se in meglio o in peggio dipende solo da te...

Mi sentivo una bella merda. Ero preso di un ragazzino che mi credeva una ragazza, un altro quattrodicenne, stavolta gay, mi riempiva d'attenzioni che non mi meritavo affatto, mentre lui litigava in casa perchè una mia distrazione l'aveva costretto al coming out. A quattordici anni.
Durante la gita in Sicilia S. cominciò anche a telefonarmi, scalfendo un po' la mia corazza e soprattutto facendomi una rivelazione che mi fece mancare la terra da sotto i piedi. Il suo ex ragazzo era nientepopodimeno che il compagno di classe di Betta (anche la sua classe era in gita con noi), uno su cui avevo avuto sospetti fin dal primo momento in cui l'avevo visto. Quella sera chiamai Betta in camera e le parlai francamente. "Non posso dirti come, ma ho saputo che G. è gay". Me lo confermò, fu curiosa di come l'avevo scoperto, ma non potevo dirle nulla. Mi spiegò che aveva giurato di non farne parola con nessuno e che la cosa l'aveva letteralmente sconvolta. Questo, ahimè, mi allontanò dalla possibilità di dirle di me, facendomi andare avanti sui sentieri dell'inganno e della doppia vita.

Solo una persona, nella mia classe, azzardò la risposta esatta alla domanda di inizio post, una sera. "Semplice, uno è il cellulare gay e uno è quello etero". Ahahahha che scemo che sei. E hai dannatamente ragione. Ancora non sapevo che quella persona, in classe con me, avrebbe stravolto, l'anno dopo, i miei ultimi mesi da liceale.

Tornato in patria la "storia" di P. si interruppe miseramente. Ci litigai con un pretesto su msn, smisi di farmi sentire e di entrare con l'account fasullo. L'altro numero di cellulare rimase solo per S., con il quale, invece, continuavo a sentirmi. Fu proprio nei confronti di S. che feci, a primavera, una bastardata di proporzioni cosmiche, facendomi odiare da lui (non scherzo) per i successivi sei anni. Sempre negli stessi giorni trovai il coraggio di coronare una mia grande passione in compagnia di una mia compagna di classe che diventò una piacevole scoperta. Fu in quei giorni che aprii il mio blog, su live space. Fu in quel periodo che ingranai la mia vita su binari completamente diversi da quelli percorsi fino a quel momento.

(continua)

domenica 25 ottobre 2009

ENFANT PRODIGE



Considerando che io non le so tutt'ora, questa bambina è un genio.

venerdì 23 ottobre 2009

MC DONALD BATTE BURGER KING

Ero curiosissimo di provare Burger King. Tutti me l'avevano dipinto come il regno dei cieli: panini giganteschi colanti salsa, patatine croccanti e bibite infinite; chilometri e chilometri davanti all'inflazionato McDonald, insomma. E alla fine l'ho provato. Delusione su tutta la linea.
Partiamo dalle patatine. Mentre quelle del McDonald (quando sono calde - non bollenti nè tiepide) sono qualcosa di divino, salate al punto giusto, stile "una tira l'altra", quelle di Burger King, per usare un elegante giro di parole, non sanno di un cazzo. Mi era stato detto "quelle di Burger King sanno di patatine". A questo punto io faccio a meno del gusto del tubero e mi fiondo sulla buona plastica di qualità made in McDonald, se questa è l'alternativa. Voglio dire, se volessi il sapore autentico della patata al forno andrei al ristorante, io qui voglio il sapore.
Il panino. Quelli di Mc sono una garanzia; da Burger, essendo la mia prima volta, mi sono buttato sul whopper. Non era male, era effettivamente più grande di un classico panino della concorrenza (ma ciò giustificherebbe al pelo il prezzo più alto), però forse troppo intriso di salsa e dall'aria veramente, veramente malsana. Se mi avessero dato un agnellino appena nato con la foto dei genitori tra le zampine probabilmente mi sarei sentito meno sporco. Capisco che non vado nei fast food per dare un senso alla mia dieta cromatica, però vorrei evitare di mangiare direttamente colesterolo solido.
Anche l'ambiente non m'è piaciuto: du gatti e una corporate image che ricorda forse troppo quella dei cugini famosi. Magari in America è meglio Burger, non mi azzardo a dire di no, ma qui in Italia per me, d'ora in poi, sarà sempre e solo Mc.
E ora, dopo queste rievocazioni di novelle cousine, andrò avanti a insalata per i prossimi 3 giorni.

domenica 18 ottobre 2009

BITA - ALE DAGLI ANNI '90 AD OGGI - 6^ PUNTATA

1997. Non ero abituatissimo ad andare alle feste dei compagnucci delle medie, perciò non ero propriamente a mio agio, quella sera. Tutto sommato fu divertente. Sapete quando non ci si ricorda esattamente un episodio lontano nel tempo? Ecco. Di quella festa ricordo tre momenti. Il panico, prima di arrivare, quando, dopo essere stato lasciato giù dalla macchina di mia madre, mi misi a fare i chilometri avanti e indietro all'interno della stessa via per trovare un dannatissimo campanello L. dove suonare. Il secondo, un momento un po' assurdo in cui, rimasti in una stanza, la festeggiata spense completamente le luci e fu un tocca tocca generale, fino all'ingresso dei genitori che, capito l'andazzo, riuscirono a evitare il finale orgiastico. Terzo, il punto in cui dovemmo abbassare le voci perchè il fratellino e la sorellina più piccoli dovevano andare a dormire.

2003. "E' figo, è dolce, è tenerissimo". Riuscivo a ripetere solo questo, a Fra, cercando di descriverle quella meraviglia in cappotto rosso che avevo avvistato dalla finestra durante una ricreazione qualsiasi. "Sì ma com'era?" Boh. Ipoteticamente irrintracciabile: pensare di individuare uno studente su una scuola che conteneva un buon migliaio di persone era francamente impossibile. Tuttavia, come sempre, la cosa non mi bastava a piantarla lì. Negavo che il mio colpo di fulmine fosse destinato a svanire nel nulla e, con l'aiuto di Fra, cominciammo a fare deduzione che riuscirono a stupire noi stessi. Tirando fuori un lato investigativo degno del peggior Detective Conan, infatti, cominciammo a considerare tutte le informazioni in nostro possesso. Ragioniamo: la nostra classe dà sulla palestra, l'ho visto un lunedì pomeriggio a ricreazione, quindi ha le ore di ginnastica il lunedì, o tra le prime due o tra le seconde due ore. L'intuizione geniale ci portò a considerare 4 classi (poi ridotte a due visto che il ragazzino era chiaramente o di prima o di seconda) e a giorni di intense sessioni di spionaggio e camminate in giro per la scuola. Lo ritrovai tre giorni dopo, sbirciando dentro una delle due aule incriminate, mostrando come il genio mio e di Watson aveva fatto centro. E così il ragazzo era di prima; tre anni in meno. Niente di eclatante, visto che io ne avevo sedici. Bello come l'avevo notato la prima volta, un sorriso che ti stende (una cazzo di costante da lì in poi); mancava giusto un particolare: non mi conosce di pezza. Il talento mio e di Fra-Watson, tuttavia, non poteva (e non doveva) esaurirsi al trovare la classe: cominciammo a seguirlo, quasi a pedinarlo, per scoprirne vizi e abitudini, finchè rimase solo una cosa da fare. Approcciarlo.
Aspettammo, come di consueto, il momento giusto, in cui facemmo l'unica cosa che potevamo fare.
"Ehi, scusa"
"Dite a me?"
"Sì - parlò Fra, io ero semplicemente paralizzato dalla paura - come ti chiami?"
"P."
"Senti una nostra amica di un'altra scuola ti ha visto all'uscita ieri e ti trova carino. Non è che ti andrebbe di darle il tuo numero?"
Ora, voglio dire, una cosa che puzza di cazzata lontano un chilometro. Eppure sul momento la trovai geniale. Forse perchè io non sarei riuscito ad andare oltre il "ehm... fang... ghaha.. ghi...". All'inizio fu restìo, io riuscii a introdurmi giusto per presentarmi e sostenere la tesi della nostra amica carina (stile "ehi, tra uomini ce la intendiamo, vecchio, è proprio figa, non fartela sfuggire"). Alla fine riuscimmo a ottenere il suo numero. Quel giorno non pensai a nient'altro... cazzo era proprio carino, e mi piaceva perfino il nome.
Quel giorno ci fermammo a scuola fino alle tre, per un'esercitazione di matematica. Fu durante quelle ultime soporifere ore che mi venne un dubbio. Ma io quel ragazzo l'ho già visto. E se...?
Chiesi di andare in bagno, andai invece in Sala Professori, dove tenevano i registri di tutte le classi. Entrai trattenendo il fiato (era luogo particolarmente off limits). Cercai nella pila dei registri e trovai quello che cercavo. Scorsi l'elenco degli studenti e trovai un solo P. Di cognome L. Sangue gelato, era il fratellino della mia compagna delle medie. No, non ci posso credere, che diavolo di sfiga è? Assodato che mi ero cotto di un ragazzino che qualche anno fa avevo appellato come "tenero" vedendolo andare a letto alle 21 col suo pigiamino Disney e assimilato il colpo, decisi di andare avanti.
Sì ma avanti come? Nell'unico modo possibile. La sera successiva, approfittando dell'assenza dei miei, scesi al negozio tim sotto casa, facendomi dare una nuova scheda. Servivano i documenti. Nessun problema, salvo il fatto che ero ancora minorenne e non mi potevo fare intestare la sim. Ma si sa, le prime cotte fanno fare le cose peggiori. Aspettai il ritorno a casa di mia mamma, le rovistai bellamente nella borsa, le presi la carta d'identità e tornai al negozio tim, ottenendo stavolta la scheda e il numero di cui avevo bisogno. Una cosa folle, a pensarci ora, ma che sul momento sembrava ripagare l'ansietà ormonale di quel sedicenne che da due settimane a quella parte passava le ore appostato in corridoio per vedere passare il suo oggetto del desiderio.
Fatto il numero, dovevo solo imbastire il triste inganno che avevo in mente: mi sarei fatto passare per questa misteriosa ragazza che sbavava per lui, limitando i contatti solo al simpatico servizio sms. Mi rispose felice al primo messaggio, era evidentemente in prima persona curioso ed eccitato per quella che probabilmente era la sua prima esperienza in materia. Io, invece, avevo tristemente preso in prestito dalla mia amica Elisa la sua identità (dopo la sua benedizione e il suo incoraggiamento ad andare avanti su quella strada), fingendomi così per un bel periodo di tempo una persona che non ero. Lui mi scriveva, onorato delle avance di quella ragazza, notando con piacere una bella connessione mentale sulla base dei messaggi che ci scambiavamo, io, dal canto mio, mi limitavo a fantasticare un momento in cui la verità potesse venire a galla e in cui lui, riconoscendo questa "affinità elettiva", superasse quel piccolo dettaglio che mi voleva del sesso opposto rispetto a ciò che credeva.
Intanto, a scuola lo salutavo, gli chiedevo come andava con Elisa e scoprivo di avere ottenuto già molto più di ciò che potevo anche solo lontanamente sperare: la possibilità di parlargli ogni tanto. Ma quanto sarebbe potuta andare avanti questa situazione quantomeno precaria?

Per un inganno che sentivo obbligatorio, un'amicizia covava nel nido di due ragazzini che si conoscevano da una vita. Io e Caro eravamo alle elementari assieme, ci conoscevamo da sempre e avevamo sempre avuto un rapporto piacevole. Alle medie ci trovammo in classi separate e, come normale che fosse, prendemmo ad odiarci cordialmente. Specialmente quando lei si trasferì nel condominio accanto al mio. Invece, complice il liceo scientifico a pochi passi dalla nostra via, cominciammo a fare la strada assieme. Il sabato mattina, dato che si entrava bellamente un'ora dopo il solito, andavo a suonarle e la aspettavo per mezz'oretta - quaranta minuti (le ragazze hanno i loro tempi) per fare la strada con lei. Sempre più spesso, inoltre, si tornava assieme, dopo 5-6 snervanti ore di lezione. Condividevamo i commenti sulla giornata trascorsa, sulle materie, sui professori, sulle faide interne alla classe. Ridevamo di tutto, ogni casa per strada aveva una nostra storia che diventò un nostro "lessico familiare" e ci permise di ingranare in una direzione mai vista prima. Io e lei condividevamo (e condividiamo) un'ironia che ci permette di essere unici e di capirci al volo, salvo poi essere meno capiti dagli altri. E' un'ironia tutta nostra, un sarcasmo a volte pungente, che però ci ha aiutato a stabilire quel legame che, a cinque anni di distanza, è ancora e sempre più forte. Purtroppo, però, non riuscivo a dirle una cosa di me, una delle cose più importanti. L'amicizia nei suoi confronti era diventata troppo forte, talmente forte che avevo paura di perderla, se le avessi detto qualcosa che andava fuori dal nostro quotidiano e che poteva allontanarla da me. Era un discorso stupido, ma comprensibile per un ragazzo di sedici-diciotto anni.
Sarei riuscito a dirle di me solo molti anni dopo, di fronte alla persona più negativa della mia vita, che mi portò ad estraniarmi da tutto e da tutti, facendomi perdere molti contatti e , di rimando, pure la paura di perdere qualcuno.

Intanto come poteva andare avanti con P. visto che il poverino cominciava a pretendere di più dall'Ale-Elisa, volendo passare dalla conoscenza testuale ad una senza il limite dei 180 caratteri? Nell'unico modo possibile...

(continua)

mercoledì 14 ottobre 2009

VERITA'

lunedì 12 ottobre 2009

BITA - ALE DAGLI ANNI '90 AD OGGI - 5^ PUNTATA

14 Settembre 2007. Guardo per terra e mi chiedo cosa mi abbia portato a questo punto. E soprattutto cosa mi abbia spinto ad uscire in maniche corte. Diavolo, è Settembre. N. fuma nervosamente seduto sul muretto della casa dei vicini. Ho sempre osservato quella villetta, ma in 19 anni di lago ci sono entrato solo una volta, per una ripetizione di matematica. Guardo la casa, guardo per terra, guardo lui, aspettando inutilmente, come sempre, una reazione. E tremo, tremo per il freddo, per il vento che mi sta congelando e per il suo silenzio che come al solito mi spiazza, mi fa perdere. "Ohi... dai, andiamo a casa", riesco a dirgli alla fine.

14 Settembre 2003. La terza liceo, inspiegabilmente, mise la mia classe davanti ad un nuovo inizio. Non so perchè, infatti, ma nella mia scuola erano soliti scorporare una classe, a fine biennio, sparpagliandola tra le altre sezioni. A noi capitarono 5 ragazzi (tutti maschi, nessuno notevole sotto il punto di vista che interessava a me). C'è da dire che la mia cara vecchia sezione A non brillava per rapporti idilliaci tra gli scolaretti (e soprattutto tra me e gli altri, oserei dire), pertanto l'introduzione di 5 nuovi elementi non "rovinò l'equilibrio", semplicemente aggiunse altri estranei ad un gruppo di estranei. Il mio rapporto con Fra, nel contempo, si faceva sempre più stretto e morboso. Arrivati in classe, il primo giorno, trovammo presi i posti migliori, mentre due banchi, inspiegabilmente staccati dal resto della classe e situati alla destra della cattedra (verso il calorifero e le finestre, per intenderci) erano liberi. Senza esitazione prendemmo quelli. Fino a metà anno nessuno ci spostò più da lì. Il risultato, manco a dirlo, fu un'ulteriore distacco da parte nostra nei confronti del presunto gruppo-classe. I commenti da parte degli altri si sprecavano; si passava dalla teoria accreditata secondo la quale eravamo fidanzati, a quella più accattivante (ma in effetti realistica) in cui ci davano per gay e lesbica. Tuttavia non si disdegnavano neanche curiosi voli pindarici, secondo i quali praticavamo esoterismo e satanismo, o, più semplicemente, ci drogavamo. Da parte nostra, a dire il vero, non ci fu grande interesse a sconfessare quel branco di capre, li sfottevamo come unica arma in nostra difesa, aumentando quel gap spaziale e mentale che ci divideva irrimediabilmente da loro. Il profitto scolastico, nel contempo, tendeva a diminuire: neanche i professori ci vedevano di buon occhio (qualcuno ci detestava anche cordialmente) e i voti scendevano in picchiata. A metà anno, per la felicità di molti e l'angoscia di altri, fummo reintegrati tra i banchi normali, tornando anche fisicamente a far parte di quella classe che, come per magia, cominciò ad avvicinarsi a noi.
Del rapporto con Fra, tuttavia, non rinnego niente. Tutto ciò che può avermi tolto in quegli anni me l'ha ridato in altre forme. Soprattutto (e ho detto niente), nell'aiutarmi ad accettare la mia sessualità. Con sempre meno frequenza, infatti, mi trovavo a millantare cotte o attrazioni per ragazze, potendo parlare con FRAnchezza (ahahah) con lei dei ragazzi che mi piacevano o cui avrei volentieri destinato le mie botte d'ormoni adolescenziali (come se da bambino... vabbè, lasciam perdere). Fu in quel periodo che cominciai a farmi domande ad alta voce sulla mia sessualità, senza troppo preoccuparmi delle risposte. Ero ancora lontano dal riuscire a definirmi tranquillamente gay, ma fu senza dubbio in quei momenti che a quella domandina che tutti noi tendiamo a spingere sempre più a fondo, man mano che lei inevitabilmente sale a livello conscio, un adorabile "chissenefrega, intanto faccio quello che voglio, poi si vedrà".

In realtà il "poi si vedrà", a livello conscio, si traduceva (per placare gli innegabili momenti di paura, quando mi ritrovavo a pensare al mio futuro) in un "finchè son giovane vado con chi voglio, poi da grande mi sposerò e avrò una vita normale". Solo ora posso capire che quell'autoconvinzione era dettata da un insieme di stupide norme sociali, da un non voler deludere i miei genitori, dal considerare normale solo la vita stereotipata (e fasulla, tra l'altro) perpetuata dalla società che di fronte dice una cosa e alle spalle fa tutt'altro. Solo ora posso sapere che la vita normale, ora che sono tranquillamente gay (e continuero ad esserlo, uuuh se continuerò ad esserlo), la avrò comunque. A vent'anni come a cinquanta.
Era altresì arrivato il momento di dire di me alle persone più vicine. La prima "destinataria" di tale messaggione fu Elisa, un'amica conosciuta sempre nel frangente lago con la quale da sempre condividevo un rapporto molto aperto. Lei, eufemisticamente smaliziata e anti conformista, mi aveva sempre reso partecipe della sua attiva vita sessuale. Io, dal canto mio, ero riuscito solo ad inventare o a introdurre timidamente qualche figura maschile parlando dei miei primi pensierini erotici. Quello che era successo quell'estate, tuttavia, le doveva essere raccontato. Presi il telefono in mano e la chiamai. Dopo due-tre minuti in cui parlammo del più e del meno le dissi che dovevo dirle qualcosa. Lei non fiatò. Le raccontai del romano coatto, dello scout febbricitante e della mia estate ornitologica di cui lei, fino a quel momento, non aveva saputo nulla. Accolse la notizia con la gioia che proverei se vincessi 10 mila euro a win for life. Era inspiegabilmente felicissima. Mi urlò al telefono che era contentissima e soprattutto fiera di me. Lì per lì la reazione mi infastidì, pensai che la sua felicità poteva essere circoscritta al fatto di essersi resa conto di avere trovato il classico "amico gay" da stereotipo. Tuttavia, le sue rassicurazioni mi tranquillizzarono: era fiera di me, sospettava che io fossi gay ("bisessuale", la corresse al volo il Camillo Ruini che avevo dentro la mia testa) ed era molto contenta del fatto che fossi riuscito ad accettarmi e a dirglielo. Il nostro rapporto migliorò e le confidenze che prima viaggiavano solo dalla sua bocca alle mie orecchie, diventarono felicemente reciproche.

Quell'estate al lago fu, anche per questo motivo, più ricca. Mi mancava, tuttavia, il coraggio di dirlo anche alla Betta. Così fu un'estate di confidenze, quando mi trovavo solo con l'Elisa, e silenzi in attesa del momento giusto, quando ci trovavamo anche con la Betta. Un momento giusto che sembrava non arrivare mai, dato che troppo mi spaventava la sua possibile reazione. Escluso categoricamente, poi, che potessi dire qualcosa a Marco, l'altro "fratellino" del lago. Un ragazzo e per giunta di due anni più piccolo? Nella migliore delle ipotesi avrebbe smesso di rivolgermi la parola. Ero ancora troppo giovane, troppo inesperto e troppo alle prime armi con l'argomento.

Al ritorno a Brescia, cominciò anche la quarta liceo. Con l'arrivo del freddo autunno, arrivò qualcosa che non avevo mai provato prima. Fu un cappotto rosso a rubare la mia attenzione durante una ricreazione, un cappotto rosso che non avevo mai visto prima e che avrebbe risvegliato in me un curioso talento alla Sherlock Holmes per poterlo ritrovare. Ero disposto a tutto, e difatti arrivai a fare l'impensabile...

(continua)

domenica 11 ottobre 2009

BASTARDI SENZA GLORIA


Un grande, grandissimo Tarantino. Era dai tempi di Kill Bill che non mi esaltavo così tanto per delle sana violenza gratuita. Tarantino è quello del sangue, del primo piano della pelle squarciata, degli arti che saltano e delle impietose inquadrature delle teste senza scalpi di cui ha arricchito questo film. Ad essere onesto, all'inizio mi ero abbattuto. Ma come? un altro film su ebrei e nazisti (dovete sapere che ho un blocco con questo genere, forse me ne han fatti sorbire troppo al liceo)? Invece - e qui entra in gioco la classe di un signor regista - il punto di vista trattato in questo senso non è solo quello ebreo, ma quello di ognuno di noi. Questo film riesce a coinvolgere totalmente lo spettatore, portandolo a detestare quegli sporchi nazisti come difficilmente riuscirebbe un film sull'Olocausto, portandolo a tifare per il gruppo dei "Bastardi senza gloria", dei "cacciatori di nazisti", nonostante non siano propriamente degli stinchi di santo. La capacità di far distinguere due tipi di cruda violenza in "dissennata, crudele e immotivata" (quella dei tedeschi) e in "dolorosa ma giusta, eccitante, grandiosa, geniale, quasi divertente" (quella dei bastardi) è il fulcro del film. Poco importa se in una società ideale la legge del taglione non dovrebbe esistere: qui la violenza trova ancora più violenza, ma è giusta perchè risiede nella finale vittoria dei "buoni". Chi non vorrebbe, nel rogo finale del film, rivedere i "nazisti dei giorni d'oggi", quegli sporchi ignoranti colmi d'odio che sanno solo rovinare la vita altrui? E per la prima volta in vita mia, a partire i titoli di coda, ho sentito gli applausi levarsi dalla sala.
Questo è Tarantino, signori, questa sarebbe la giusta fine della pagina più nera della nostra storia. E probabilmente lo sarebbe anche ora.

Voto: 8

sabato 10 ottobre 2009

TELEFILM MANIA

Con la complicità del fatto che a Milano sia Fastweb-dotato (e, quindi, E*ule A*unanza-dotato), sto letteralmente divorando qualsiasi serie tv a cui abbia l'incuria di appassionarmi. Il fatto che il tempo libero, in concomitanza con l'inizio dei corsi, stia aumentando, in aggiunta ad un'inspiegabile ma presumo momentanea repulsione nei confronti della televisione, mi ha portato a scaricare veramente qualsiasi cosa presente sugli schermi americani.
Da sempre in linea con Desperate Housewives. Lo seguo dalla seconda stagione, ho recuperato la prima in pochi giorni (mi teneva compagnia nei viaggi quando ancora pendolavo tra Milano e Roma). E' stato con me in un periodo delicato della mia vita, è riuscito anche ad insegnarmi qualcosa. Ho guardato la terza su sky e dalla quarta ho cominciato a s*aricarmela in lingua originale. I personaggi sono geniali, le situazioni il più delle volte irresistibili, sia per i sentimentalismi che in più occasioni mi hanno portato alle lacrime più totali, sia per alcuni dialoghi esilaranti. Nonostante i tonfi della seconda stagione e del finale della quinta (iper-deludente), con la terza e la quarta serie si sono toccati livelli altissimi. Nonostante mi stia appassionando a molte altre serie, DH ha e avrà sempre un posticino particolare nel cuore.
Sono pazzo di Fringe. Creato da uno degli autori di Lost (JJ Abrams), mi è stato consigliato così, en passant, e mi ha fatto perdere la testa. Oltre alla presenza di Joshua Jackson (Peacey di Dawson's Creek) - che, voglio dire... - la storia di questo sci fi è imprevedibile e fantastica, paragonabile solo alle genialate dello stesso Lost. Mondi paralleli, scoperte scientifiche che hanno superato l'avanguardia e sconfinano nel paranormale. In più, l'osservatore, che da solo vale il telefilm. Finita la prima stagione, sto seguendo la 2 in contemporanea con gli States.
Sto impazzendo per FlashForward, tra l'altro iperpubblicizzato anche qui in Italia e mandato in onda quasi in contemporanea. Il mondo intero perde i sensi e vede per 2 minuti e 17 il suo futuro, ossia ciò che accadrà loro 6 mesi dopo. Il resto è la ricostruzione del mosaico di varie versioni, teorie e il consueto paradosso dei viaggi nel tempo: cambiare il proprio futuro, arrivare alla stessa conclusione nonostante le diverse scelte o comportarsi proprio per fare in modo che quel futuro si realizzi. Un futuro remoto che causa comportamenti prossimi? Forse, o forse altro...
Sono in fissa anche con Lie to Me. Un po' perchè riguarda il mio ambito di studi, un po' perchè il personaggio del dottor Lightman raggiunge livelli di caratterizzazione simili a quelli di House, ma senza sconfinare nella macchietta come il maleducato dottore. Ritmi abbastanza serrati, la "stagione corta" con soli 13 episodi funziona, non stanca. L'unica pecca: tutti episodi autoconclusivi, poco sviluppata la trama di fondo. Ma molto godibile.
Gossip Girl. Che detto così, dopo sto popò di roba, pare 'na bestemmia. Tra tutti i teendrama è l'unico che salverei, ha dei personaggi e dei dialoghi geniali (Blair, Chuck) e altre situazioni un po' squallide e inutili. Chi se ne frega di vedere dei ricconi annoiati farsi i dispetti? Vero. Però poi se si pensa che perdevamo la nostra infanzia dietro a quattro sfigati che limonavano davanti a una palude, direi che l'allarme-poracciata rientra. Da vedere, può meritare sotto alcune chiavi di lettura.
L'anno scorso ho azzardato con 90210, il remake di Beverly Hills. A parte i momenti esaltanti con Brenda, Donna e Kelly, una boiata recitata malissimo e scritta peggio. Mai più. Ghost Whisperer nella prima stagione mi faceva piangere come una deficiente incinta. Poi pian piano ha cominciato a essere "forzatino", quindi quando capita me lo spizzo su Sky. Lost me lo son sputtanato senza mai seguirlo per bene, ma ho sempre saputo la storia e ho guardato una decina di puntate a stagione. Peccato. Grey's Anatomy non m'ha mai preso (ER vi mangia in testa, e poi che credibilità ha un telefilm con personaggio soprannominato Dr Stranamore?), Heroes ho visto solo la prima poi bleah, House ho già fatto capire cosa ne penso, Smalville deve ardere con tutti i suoi protagonisti.
Minzione a parte per La vita segreta di una teenager americana. Che adorabile boiata. Vorrei vedere gli sceneggiatori di tale scempio torturati a Guantanamo, perchè è una cosa orrida.

giovedì 8 ottobre 2009

AUGURI AMORE



Buon compleannoooooo ❤ ❤ ❤

lunedì 5 ottobre 2009

BITA - ALE DAGLI ANNI '90 AD OGGI - 4^ PUNTATA

La gita a Roma di seconda superiore fu importante. Non accadde granchè, ma fu la prima volta che mi aprii davvero con una persona, cominciando ad ammettere nel contempo a me e a qualcun altro alcuni dubbi sulla mia sessualità. Una sera io e Fra, dopo un mesetto in cui avevamo cominciato ad avvicinarci durante le pause a scuola, ci trovammo da soli, in una stanza, in un letto. Mentre tutta la classe cominciava ad interessarsi alla curiosa situazione, malignando, ridacchiando o addirittura mettendosi a spiarci, io e lei cominciammo quella che anche attualmente considero una delle chiacchierate più importanti e significative della mia vita. Lei mi aveva già accennato, qualche settimana prima, che il "ragazzo" per cui si era presa una cotta era in realtà la sua insegnante di equitazione; io presi la notizia con una forzata tranquillità. Di sicuro sospettavo (anche a causa delle precoci voci di corridoio dei compagni che già allora non avevano nulla a cui pensare), ma la conferma diretta mi turbò. Tuttavia, pensando che una reazione eccessiva le avrebbe potuto dar fastidio, rimasi sul "echepprobllemacèèè", che fa molto finto tollerante, oggigiorno. Quella sera, su quel letto, si riparlò della cosa, e trovai la forza di raccontare qualcosa di me. Le parlai di pulsioni che non capivo, lei cominciò a capire in che conflitto potevo trovarmi, non mi giudicò, mi assecondò e probabilmente fu contenta della complicità ulteriore che la cosa poteva darci.

Diventammo inseparabili, passammo tutto il secondo anno assieme frequentandoci fuori e dentro la scuola, confidandoci tutto il confidabile. Sono certo del fatto che fu la prima figura che contribuì fortemente alla mia accettazione, facendomi vivere l'attrazione verso i ragazzi nel modo più naturale possibile.

Forte anche di questa maggiore consapevolezza in me stesso, andrai incontro ad un estate fisicamente bollente. L'indimenticabile estate 2003. Come di consueto a Luglio andai in vacanza coi miei genitori, in un ridente villaggio a nonricordodove. Non essendo un ragazzo particolarmente socievole, passai i primi due-tre giorni a rompermi le gonadi tra la sdraio e la camera dell'albergo. Un giorno, in spiaggia, presi il coraggio a due mani (e non solo quello, ma non vorrei anticipare troppo) e, armato di virilissimo pallone da calcio, andai dalla sdraio col coetaneo più vicino proponendogli due tiri al campetto vicino. Accettò. Mi ero fatto l'amichetto, che bello. Se mi fossi limitato a quel significato di "fatto", magari, sarei stato meno patologico, ma questi son dettagli... Andammo a giocare, lui era particolarmente negato, io ebbi modo di apprezzarne la fisicità. Figo, ma veramente veramente figo. Si chiamava Luca, capelli corti neri, occhi azzurri, romano de Roma, 'bbastanza coatto, ma decisamente notevole. Dopo due tiri di numero confessò che non era propriamente il suo sport preferito (amore, figurati che me ne frega a me) e andammo a bere qualcosa al bar. Qui, con estrema capacità di bruciare i tempi, mi raccontò delle sue prodezze erotiche con la sua ragazza. Non era vergine, ma sul fatto che mi sembrasse un bel torello non c'erano dubbi. Il pomeriggio stesso andammo in camera mia, sul letto dei miei a vedere la tv. Non so come, gli chiesi di ripetermi il racconto della mattina. Lo fece. Con la scusa della "atmosfera eroticizzata" allungai la mano. Invece di amputarmela e portarla come trofeo al ministro Carfagna, ne fu ben felice. Il resto è facilmente intuibile; la cosa strana fu che ricambiò spontaneamente il favore. Capitò altre volte, finchè una sera azzardai che avremmo potuto andare oltre (step 2, per intenderci), già tanto, tra amici... Rispose in malomodo, la vacanza finì così. Pochi giorni dopo ricevetti un suo sms con una squallida battuta su un campo di finocchi. Gli risposi che io sarò pure potuto essere finocchio, ma lui per essere etero pareva trovarsi abbastanza a suo agio con i piselli. Mi mandò a fare in culo e finì così quel profondissssssimo rapporto di amicizia. Ma fu il mio primo incontro ravvicinato del terzo tipo...

Ad agosto della stessa estate andai di nuovo con gli scout, al campo estivo. Puntai fin dal primo giorno un ragazzo di tre anni più piccolo, tal Nicolò, (...non facciamo quelle facce, io ne avevo sedici) particolarmente smaliziato (nell'ambiente scoutistico, poi, vedersi nudi era all'ordine del giorno). Lui fu particolarmente diretto, un pomeriggio a raccogliere la legna mi mostrò tutto contento l'erezione che covava sotto i pantaloncini, incitandomi a fare altrettanto. Suor Maria Goretti dei poveri, però, preferì negarsi. Avrei dopotutto dato il meglio di me nel giro di due giorni. Un pomeriggio mi infilai nella tenda del suo gruppo. Lui era in tenda, mentre gli altri, subito fuori, cucinavano, perchè era febbricitante. Io, incurante del rischio sars/aviaria/suina, lo approcciai di brutto. Prima stendendomi sopra di lui, poi replicando le stesse frasi (lo so, è squallido), che un mese prima mi avevano fatto fare centro con Luca. Mi assecondò e fu mooolto coinvolto anche lui. Raggiungemmo il famoso step 2, con un'incoscienza rara se si pensa che fuori dalla tenda chiunque sarebbe potuto entrare da un momento all'altro chiedendo al piccolo Nicolò che tipo di termometro era quello che aveva in bocca. Lo stronzettino raccontò tutto ai suoi amici, che vennero da me. Io, sfoderando un talento da oscar, mi presi gioco della sua versione e fui creduto. Anche in questo caso, tutto finì lì.

A settembre, poco prima di ricominciare la scuola, invitai a casa mia, dopo qualche sms in cui confermavamo l'interesse reciproco per il genere maschile, un mio ex compagno di classe delle medie con cui, all'epoca, ci strusciavamo. Non accadde niente di che (giusto una replica della mia esperienzina di luglio). Curiosità, dopo tanti anni l'ho ritrovato in giro per locali, felicemente gay e altrettanto felicemente in cerca di un amore stabile e spesso e volentieri usciamo tutti assieme.

Io invece cosa cercavo? Un amore maschile? Solo corpi, eccitazioni momentanee e nulla più? Dovevo capire cos'ero, darmi "un nome", una pur fastidiosa etichetta. In quello mi avrebbe aiutato proprio la mia immancabile amica Fra, con un rapporto che nel contempo si faceva sempre più stretto. Quasi morboso. Creandomi non pochi problemi...
(continua)

giovedì 1 ottobre 2009

SPIED

Tempo fa, quando ancora avevo il blog su Live Space (Msn), mi accorsi che i miei genitori mi leggevano. E me ne accorsi perchè un giorno, nel loro studio, trovai la pagina del mio blog nella cronologia recente. Mi diede fastidio, seppure il tutto fosse comprensibile visto che mettendo il tutto online una persona deve accettare anche di correre questi rischi. Il problema è che sono assai sicuro del fatto che siano capitati anche su questo Cin Cin due punto zero. In effetti basta andare su google e digitare "ale cin cin" per trovarmi, nessuna misura di sicurezza. La sensazione è quella dell'adolescente a cui leggono il diario (omettendo tutte le considerazioni psicologiche che parlano dell'inconscio di volersi far beccare in cui non credo di riconoscermi)... in qualche modo "dai fiducia" ai genitori sperando che rispettino la tua privacy e cerchi di non mutare il tuo modo di scriverci. Intendiamoci, non ho niente da nascondere ai miei, e se ce l'avessi di sicuro non lo scriverei su questo blog. E' il principio (tipo mò che sto scrivendo Bita mi infastidisce sapere che potrebbero conoscere ogni più sordido dettaglio della mia adolescenza).

Ma che ci posso fare? Nulla. E perchè scriverci un post quindi? Così.