lunedì 14 settembre 2009

BITA - ALE DAGLI ANNI '9O AD OGGI - 1^ PUNTATA

Quando mi si chiede quando ho capito di essere gay rispondo che lo so da sempre. E aggiungo che ne ero ben consapevole dal momento in cui giocavo a far accoppiare l’uomo ragno e ciclope degli X Men. L’aneddoto, di solito, fa sorridere. Il problema è che è assolutamente reale. Avevo decine di omini e giocavo a farli combattere tra di loro: varie trasformazioni di batman, i personaggi di Street Fighters, i Biker Mice e tutta la congrega di cartoni del pomeriggio di Italia 1 opportunamente divisi in buoni e cattivi. I nostri supereroi omoerotici, naturalmente, erano tra i buoni (non avevo ancora capito la cattiveria che si cela dietro a buona parte della comunità LGTB evidentemente). Ciclope e l’Uomo Ragno, pertanto, finita la battaglia che li vedeva vincenti, si ritiravano nei loro alloggi e davano il via a quelle che avrei scoperto essere le scene clou di un film tipico della Bel Ami. Il bello è che tutto ciò avveniva con la massima naturalezza e senza il minimo di malizia. Oddio, non erano propriamente scene da Domenica Disney, però avevo dalla mia la scusante di non sapere cosa stessi facendo. Era, probabilmente, un impulso innato.

Tutto ciò non mi vietò, all’asilo (sì, ero un bambino abbastanza precoce), di trovarmi la prima fidanzatina di copertura. Intendiamoci, non sapevo né cosa fosse una copertura né cosa fosse una fidanzatina, ma visto che io e Chiara, sulla cui testa alla Charlie Brown preferirei non infierire, eravamo molto carini assieme, i nostri genitori trovavano giusto organizzare cene tutti assieme sperando che in camera di Chiara io e lei si giocasse al dottore. In realtà i giochi più gettonati erano la marcia dei pupazzi e il the di Barbie e Ken.

In tal senso l’approdo alle scuole elementari mi aprì un mondo. Il primo compagnuccio di banco, Valerio, fu anche il primo amichetto che portai a casa, tutto contento. Era il mio compagno di giochi, ci trovavamo benissimo, litigavamo e facevamo pace, i nostri genitori erano diventati amici e tutto proseguiva come doveva proseguire. Infatti, la seconda volta che venne a casa mia, Valerio era completamente nudo, tanto quanto il sottoscritto, adagiato sotto di me. Non so se questa pratica mi fosse stata suggerita proprio da Ciclope e Spiderman, fatto sta che i nostri incontri inconsapevolmente erotici proseguirono per tantissimo tempo. E si sa, quando si è piccoli si è ignari delle conseguenze, pertanto si è anche decisamente incoscienti. Tutti questi incontri di nudismo in cui strusciavamo felici i nostri corpi fanciulleschi, avvenivano con i miei o i suoi genitori nell’altra stanza, col rischio di essere beccati da un momento all’altro. Ho detto rischio? Certezza. Mia madre ci vide più volte; una sera finì per raccontare tutto al padre di Valerio che per tutta reazione cercò di spaventare il figlio, raccontandogli di strane malattie che ci si poteva passare con queste pratiche. Mi aveva preso per un ricettacolo di malattie veneree, probabilmente. Neanche io, però, avevo le idee chiarissime: una sera chiesi a mio padre se era possibile, per due uomini, avere un figlio. Mi spiegò di no, aggiungendo curioso: “perché? Vuoi fare un figlio con Valerio?”. Qualche anno più tardi avrebbe capito che non era il caso di scherzare sull’argomento.

Un pomeriggio estivo a casa di Valerio si trascese: lui mi legò nudo nell’armadio di camera sua e suo padre finì per trovarmi e slegarmi. Forse però ero troppo piccolo per definirla la figura di merda peggiore della mia vita. O forse è perché ne avrei fatte altre anche più grosse, chissà. Il punto è che io e Valerio decidemmo di chiudere la nostra relazione sessuale col piglio risoluto tipico di Carrie e Mister Big. Per la cronaca, Valerio ora è assolutamente eterosessuale, per quanto ne sappia io. Certo, forse il cambio di città e regione e una quindicina d’anni di psicoterapia l’avranno aiutato, ma non saprei dirvi di più.

Conclusa la storiella di Valerio, provai a ripetere il tutto con un compagnuccio di classe peruviano. Anche in questo caso mio padre mi beccò ancora prima di levarmi le mutande e, probabilmente, cominciò ad arrovellarsi su cosa non funzionasse in me.

Rivedendomi adesso capisco che era l’incoscienza a farmi agire così: seguivo i miei impulsi senza dargli un nome o una connotazione d’etichetta, come si farebbe ora. L’età della coscienza, dalla quarta elementare in poi, infatti, mi portò a rimettermi in discussione e a riallinearmi con uno stereotipo più convenzionale: al ragazzino piacciono le ragazzine. Se non gli piacciono, lavora per far sì di farsele piacere. Fu questa prima rudimentale opera di autoconvincimento che mi portò, in quinta elementare, a dare il mio primo bacio eterosessuale.
A chi diede più fastidio? A Valerio, naturalmente, pronto a vendicarsi come neanche il più accanito degli ex...

(continua)

7 commenti:

  1. Questa si che è una storia!

    MEttiamola subito su cartaceo!

    VOGLIO UN CACCHIO DI LIBRO DA LEGGERE! :p

    RispondiElimina
  2. I ragazzini a casa tua ormai facevano tutti la stessa fine :D

    RispondiElimina
  3. Maledetto!!! Non puoi interrompere il racconto così!! :)

    RispondiElimina
  4. l'immagine di te nudo legato dentro un armadio... NON HA PREZZO!

    RispondiElimina
  5. Ale, quando parlavi di tua precocità non avrei mai immanginato questo!! o_O
    Eri un assatanato da piccolo!!

    RispondiElimina
  6. Eheh.. Non penso sia una cosa troppo rara a quell'età "scoprire il corpo umano" coi propri amici,dai.
    Aspettiamo il seguito! Me piacere!

    RispondiElimina
  7. ahahahaha oddio ma è bellissimooooooooooooooooooooo

    RispondiElimina