lunedì 11 ottobre 2010

BITA 2 - IL 2007 CHE CAMBIO' TUTTO - 6^ PUNTATA

Il mese che venne dopo la tempesta di fine Aprile lo ricordo abbastanza distintamente. Ricordo frequenti litigi tra me e N., ricordo la mia totale alienazione dai normali rapporti umani con amici e conoscenti. Chiuso in casa in ogni momento in cui potevo, cercavo anche di evitare i viaggi a Milano, per quanto possibile, visto che ero impossibilitato a rimanere al pc e, quindi, a parlare con lui. La situazione si estese di fatto anche al rendimento universitario: cominciai a rimandare esami, a rinunciare ad appelli che probabilmente mi avrebbero risparmiato l'anno fuori corso che è poi arrivato puntuale prima della laurea. Tutto per lui, per N., per potergli parlare, su messenger o via sms. Raramente per telefono. In quel periodo cercammo di rielaborare tutto ciò che era successo in quel letto, a fine Aprile. Parlammo del lato sessuale, cercammo di dare spiegazioni e darci nuove accezioni di amicizia che non esistevano in natura, ovviamente. Eravamo "migliori amici con attrazione", ma null'altro, visto che il suo rapporto con D. andava a gonfie vele e visto che tra di noi "non ci potrebbe mai essere nulla di più". E gli davo ragione, per paura di perderlo. Mi ero davvero auto-convinto di non volere niente di più da lui, che volevo solo essere suo amico, e che ciò che era successo poteva capitare, c'era attrazione, ma nulla di più. Poi, però, quando venivo a conoscenza del fatto che lui e D. si erano sentiti per telefono, o quando leggevo qualche messaggio personale dedicato al suo pseudo-ragazzo, stavo male per ore intere.

L'occasione per rivedersi fu Giugno. Io sarei sceso a Roma, udite udite, per fare un tentativo coi provini di Amici, che iniziava in quei giorni i preparativi per la sua settima edizione. Provai pure l'anno prima, ma tutto si infranse dopo dieci secondi in cui reggevo quel microfono più grande di me. E comunque no, bastava vedere come andai conciato, per farmi capire che avrei dovuto desistere subito, in quel 2006. Ma il 2007, come detto, poteva e doveva essere una nuova occasione. Convinsi la mia "amica di canto" di sempre, e fissammo la data del provino. Ovviamente, fu il pretesto per attaccarci qualche giorno con N. Lei ci avrebbe raggiunto solo dopo un paio di giorni dopo, in occasione del provino.

La solita doccia delle 6, il solito treno con le solite fermate e il solito trolley pieno di vestiti e speranze che quella volta fosse diverso. I soliti messaggi sul cellulare a raccontarci l'emozione della notte prima, delle ore prima. Quella volta, però, qualcosa fu diverso. Mentre il mio iPod mi teneva compagnia in quel viaggio in solitaria verso Roma, guardando il cellulare in attesa di suoi messaggi che non stavano più arrivando da un po' di tempo, vidi una telefonata di Fra di Roma. Anche quella volta, lei ci aspettava a braccia aperte, per passare un po' di tempo con noi, essendo bene a conoscenza di quanto il mio sentimento per N. stesse crescendo giorno dopo giorno. Risposi.
"Ohi Ale, tutto bene il viaggio?"
- Sì sì, tra un paio d'ore ci sono
"Caspita però, che sfortuna che ha avuto N..."
Mi si gelò il sangue, non sapendo di cosa stava parlando. Fu quindi lei, stupita, ad avvisarmi che N. non era sul treno che lo avrebbe dovuto portare a Roma, ma in stazione a Foggia, ad aspettare di informarsi per sapere se ci fosse qualche altro treno che gli potesse permettere di arrivare nella capitale prima di sera. Semplicemente, arrivato a Foggia dopo un'oretta di pullman, N. aveva clamorosamente sbagliato treno, accorgendosene dopo un paio di fermate e scendendo alla prima fermata disponibile per cercare poi di tornare a Foggia.

Crollai. Stavo andando da solo a Roma, ri-litigando con i miei genitori che non concepivano questo atteggiamento morboso a quello che doveva essere solo un amico (eravamo in pieno coming out, loro speravano ancora in un mio cambiamento), affrontando per conto mio tutte le difficoltà e tutte le responsabilità del caso e lui che faceva? Sbagliava treno, si dimostrava ancora una volta inadeguato, incapace di vivere e di cavarsela da solo, lasciandomi completamente per conto mio, nella città più grande d'Italia. E in più, senza nemmeno dirmelo. Messo giù il telefono, lo chiamai e lo insultai in ogni lingua. Sei un idiota, non sai stare al mondo e non hai nemmeno avuto le palle di dirmelo. Quei giorni cominciavano nel modo peggiore possibile.

Non ci sentimmo più, arrivai a Roma e Fra venne a prendermi in stazione. Rimanemmo un po' lì a parlare, io non calmavo la mia delusione, ma ebbi la possibilità di sfogarmi. Restammo così un po' di ore, finchè lei dovette tornare a lavoro e io cominciai a dirigermi, da solo, verso il solito camping, gli stessi bungalow dove meno di due mesi prima era successo tutto. Metro, autobus, andai un po' ad occhio, un po' chiesi a Fra. Ci arrivai, carico di valigie e solo, a fare check-in anche per lui, spiegando che era una camera per due ma che lui sarebbe arrivato 'dopo'. Per dei 'problemi'. Entrai da solo nel bungalow. Tutti quei momenti che mi ero immaginato vivere con lui, un film che non si sarebbe mai svolto. Misi a posto le mie robe e rimasi da solo, con la valigia semi-aperta e un silenzio che mi faceva malissimo.

Mi chiamò un'utente del mio sito, che spesso mi aiutava a gestire i forum e molte volte mi era stata vicina nei problemi coi miei e in quelli annosi con N. Ascoltò il mio sfogo, finchè dandomi i suoi soliti consigli mi fece scoppiare a piangere in modo disperato. Non era quello che mi aspettavo di vivere, non era giusto che fosse così. Mi lasciò sfogare, mi consolò, ma io non mi placavo nemmeno un po'. Piansi ancora più disperato, mentre lei, inerme, mi disse "ti prego, Ale, calmati, non sai quanto mi fa star male sentirti così". Ma l'unica persona che poteva calmarmi era chissà dov'è, chissà se in viaggio, chissà se in procinto di raggiungermi. Non si era più fatto sentire. Mi tenne compagnia un'ora, quella voce amica, che non ebbi mai modo di vedere nemmeno in fotografia. Lei ora non c'è più, un tumore se l'è portata via nei primi giorni di Marzo di quest'anno, poco dopo la fine del 'suo' Grande Fratello. Non avevamo più buoni rapporti, ma quella telefonata con lei (insieme ad altre) mi è rimasta nel cuore, e mi sarebbe piaciuto che lo sapesse.

Ricevetti un messaggio di N. nel tardo pomeriggio. Diceva che aveva trovato un treno, chiedeva se lo potessi andare a prendere in stazione. Manco a dirlo non ci pensai nemmeno, non gli risposi. Arrivò per l'ora di cena, poco prima che Fra ci venisse a prendere per andare a mangiare. Non lo degnai di uno sguardo, lui non mi parlò, entrando nel bungalow. La situazione era surreale. Si preparò velocemente, io andai direttamente alla macchina di Fra prima di lui. Non parlammo per tutta la cena, Fra cercò di smorzare la tensione, ma fu una cena quantomeno imbarazzante. Ci riaccompagnò al bungalow e fermò la macchina davanti al camping, chiedendo di parlarci, ricordandoci che avevamo poco tempo e che era stupido sprecarlo così. Ringraziandola, uscimmo dalla macchina e andammo al bungalow.

Silenzio, ancora e sempre più forte. Non mi parlò, non gli parlai. Io andai nel mio letto e lui nel suo, in silenzio. Manco a dirlo, fui io a romperlo. Lui rispondeva a monosillabi, mi accusava di non averlo capito, che si sentiva sperduto in mezzo al nulla e non sapeva cosa fare, che io avevo solo saputo incazzarmi e riempirlo di parolacce. Non seppi rispondergli, riuscì perfino a farmi sentire in colpa. Fu in quell'occasione che mi informò che dopo quei tre giorni assieme sarebbe sceso da D., nelle marche, per passare almeno 24 ore da solo con lui. Mi incazzai a morte, gli dissi che ero stufo di essere l'antipasto al piatto principale, ma poi cedetti. Avevo bisogno fisicamente di un suo abbraccio, era l'unica cosa che mi avrebbe potuto far stare meglio. E anche lui lo voleva, ma non avrebbe mai osato chiedermelo.

Avvicinai il mio letto singolo al suo, lui mi fece posto e ci abbracciammo, come un mese e mezzo prima, come se il tempo non fosse passato. Tra coccole e abbracci ci addormentammo, salvo svegliarci qualche ora dopo e lasciarci andare al solito ormone, che io ero bravo a scatenare e lui era meno bravo a celare. Ancora una volta si ripetè quello che già era successo ad Aprile, ma stavolta lui non presentò nessun senso di colpa alla fine. Ci rivestimmo e basta, come se niente fosse.

La mattina dopo arrivò la mia amica. Andammo a prenderla in stazione, mangiammo qualcosina assieme al McDonald's di Termini e tornammo al bungalow. La sera rimanemmo tutti assieme, con Fra, per una cena serena, che mi ricordò quella del venerdì di aprile. Tornammo tutti e tre nello stesso bungalow: la mia amica dormiva sopra N., io e lui sotto, ma in letti separati. Tuttavia, dopo qualche ora, non resistetti e andai nel letto di N., per qualche abbraccio dell'ultimo minuto. Ci scrivemmo sul cellulare, non potendoci parlare, tante cose dolci che mi rasserenarono nonostante il giorno dopo, ne ero cosciente, lui avrebbe rivisto D. Da soli. A casa sua.

La mattina del provino fu più fredda del solito. La sveglia anticipata, la tensione, la non-voglia di salutare N. Lo dovetti fare in metro, mentre lui scendeva a Termini e noi proseguivamo fino a Cinecittà. Cercai di trattenere le lacrime, mentre le porte si chiudevano e io rimanevo da solo, con la mia amica, a cercare di concentrarmi per il provino. Arrivammo puntuali fuori dai cancelli di Cinecittà, in attesa di poter entrare. Mi arrivò un messaggio di N., che mi citava una canzone, ancora una volta.

"io vorrei darmi da fare
forse essere migliore

farti scudo col mio cuore
da catastrofi e paure"
[Bruci la città - Irene Grandi]

Sorrisi al messaggio. Mi concentrai sul provino, cercando di non pensare al fatto che lui, da lì a poco, avrebbe visto D. Entrammo e ci preparammo per il provino. Tra le canzoni tra cui scegliere, optai per Moondance di Bublè. La cantai, mi venne anche relativamente bene. Il mio gruppo uscì dallo studio, in attesa del verdetto. Uscì l'assistente di studio, io ero tranquillo, avevo già vissuto quella fase ed ero pronto ad un normalissimo "grazie di averci provato". Invece lei chiamò il mio nome: "Tommaso e Alessandro vengono con me, gli altri grazie". Rimasi allibito, non reagii neanche. La mia amica uscì in quel momento, mi venne incontro e si rese conto della situazione, urlandomi: "Aleeeee sei passatoooo! Grandeeee". Ancora stordito, seguii l'assistente di studio e mi trovai di fronte la scuola. Lì, subito dietro allo studio, c'era la scuola di Amici. E io ne stavo per varcare la soglia. Stavo entrando nella Scuola di Amici.

(continua)

4 commenti:

  1. Caro Ale223, posso dirti per esperienza che quello che sembra ovvio, quando siamo ottenebrati dall'amore o abbiamo necessità di sentirci amati, appare sotto forme completamente diverse. E commettiamo tante sciocchezze ed accettiamo situazioni inaccettabili.
    La tua storia mi commuove molto perchè mi suscita ricordi dolci e tristi insieme del mio riconoscermi come gay che ha bisogno di affetto.

    Bacioni,
    PD

    RispondiElimina
  2. Ormai non mi perdo neanche una puntata! Bruci la città è qualcosa di sublime.

    RispondiElimina
  3. Odio sempre di piu qesto N.

    invece per quanto ti riguardo scopro un lato di te molto piu' tenero e dolce rispetto a BITA 1 :)

    RispondiElimina