
L'impatto del terzo capitolo, a seguito di questa breve premessa, assume tutt'altro significato. Toy Story 3 non è stato l'ennesimo (bel) cartone in 3D (tra l'altro è stata tipo la terza volta che questa tecnologia mi ha soddisfatto), è stato il completamento di qualcosa cominciato tanti anni fa. La scelta di non proseguire da dove si era interrotto, ma di focalizzare nella trama il salto temporale che ha cambiato tante cose anche negli spettatori di fine anni '90, ha pagato e decisamente fatto breccia in uno spettatore-tipo come me. La riconquista dei piccoli fan di Buzz e Woody avviene gradualmente, per combattere quello scetticismo iniziale dovuto alla crescita e alla mancanza di ricordi recenti, avviene da fuori e finisce dentro, al cuore. Lo so, sembra un'esagerazione, ma è solo sul finire del film che ci si rende conto di essere stati trascinati dentro, come era successo un decennio (!) fa, riaffezionandosi a quei pupazzetti e al loro rapporto con il protagonista, in cui è difficile non identificarsi. Si cresce, e Toy Story ce lo ricorda congedandosi nel modo migliore possibile, ricordandoci quanto era divertente essere bambini e soprattutto facendoci realizzare che è solo abbandonando quella fase e vedendola da fuori, che ci si può considerare davvero parte di un ciclo che non comincia con noi e nè con noi finirà.
Ed è dura accettare tutte queste cose tutte assieme. E Toy Story lo sa, e decide di condirtelo con qualche sana risata e, non indifferentemente, preparandoti con un cortometraggio Pixar iniziale ai limiti della poesia, mentre pian piano la poltroncina si fa più grande e i piedi faticano a toccare terra.
Voto: 8,5